Sabato 23 Novembre 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Patto di stabilità. L’asse franco-tedesco: "Trovato un accordo, anche l’Italia è con noi"

Annuncio a sorpresa dei ministri tedesco Lindner e francese Maire. "Giorgetti? Ci siamo sentiti più volte, siamo sulla stessa linea". Ma Roma tace. E la partita si sposta sulla riunione straordinaria dell’Ecofin

Il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire (Ansa)

Il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire (Ansa)

Parigi, 20 dicembre 2023 – Francia e Germania sparigliano le carte sulla riforma del Patto di stabilità e crescita con l’obiettivo di chiudere la partita nella notte, per firmare la nuova versione delle regole europee della finanza degli Stati entro oggi all’Ecofin. Ma l’Italia, colta di sorpresa dalle mosse dei due partner, frena sulla chiusura dei negoziati. Il che non esclude che anche da Palazzo Chigi e Via XX Settembre possa arrivare entro oggi il via libera all’operazione.

Il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire (Ansa)
Il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire (Ansa)

All’ultima curva Francia e Germania escono allo scoperto. Alla vigilia dell’Ecofin (in videocollegamento), chiamato a trovare un delicatissimo equilibrio sulle nuove regole, il falco Chrstian Lindner decide di volare a Parigi e parlare, faccia a faccia, con il francese Bruno le Maire, portatore delle istanze dei Paesi con elevato debito. Viene organizzata una girandola di telefonate con Giancarlo Giorgetti per avvicinarsi il più possibile al traguardo prima della cena di lavoro franco-tedesca. Ma Le Maire e Lindner, parlando con i cronisti prima dell’incontro, si lanciano in previsioni ottimistiche e spiegano che "le probabilità dell’intesa sono vicine al "100%". E disegnano quello che appare come l’ultimo pressing sull’Italia.

"Abbiamo anche con Giancarlo Giorgietti. Siamo sulla stessa linea con l’Italia e penso che sia una buona notizia di avere Germania, Francia, Italia allineate sul nuovo patto di stabilità e crescita", spiega il ministro Le Maire. "Abbiamo avuto un colloquio oggi con il nostro collega italiano e sono fiducioso che si possa raggiungere un accordo politico" sulla riforma "nella riunione straordinaria dell’Ecofin di domani", insiste il ministro delle Finanze Lindner.

Da Roma le parole di Parigi e Berlino sono accolte nel silenzio. Dall’entourage del titolare del Tesoro spiegano che Giorgetti non parlerà prima dell’Ecofin. Quasi un’ultima trincea di fronte al pressing dell’Ue: la partita si chiude oggi, non è ancora chiusa, viene osservato. Non si tratta di un’opposizione all’intesa sul nuovo Patto, alla quale anche Roma lavora, ma di vederci chiaro. La trattativa, di fatto, continua nella notte, dopo il bilaterale tra Le Maire e Lindner.

"Un’intesa franco-tedesca permetterà anche ad altri di dire sì", sottolinea il ministro delle Finanze teutonico ribadendo quello che per Berlino resta un assioma: "La Germania non accetterà regole che non sono rigide, credibili, sufficienti ed efficienti" per il rientro del debito. Accanto a questo, aggiunge, "consentiamo gli investimenti e manteniamo uno spazio fiscale per le riforme strutturali". "Per la prima volta dalla creazione dell’euro non avremo solo un patto di stabilità, ma un patto di stabilità e crescita", sentenzia Le Maire.

Poco dopo il punto stampa di Parigi, fonti Ue certificano la strategia per arrivare all’intesa. "C’è la possibilità di un accordo", spiega un alto funzionario europeo, che nonostante i dubbi espressi dal governo italiano - anche sull’organizzazione in videocall della riunione Ecofin - si dice fiducioso. La trattativa - tra Francia e Germania nella cena di Parigi e tra i 27 oggi - balla su due parametri: quelli sulla velocità di rientro verso il benchmark di salvaguardia del deficit, pari all’1,5% e quelli legati alla massima deviazione consentita rispetto alle soglie della spesa primaria annua. Per chi sfora il tetto del deficit del 3% le nuove regole richiedono, infatti, di assicurare un aggiustamento strutturale dei conti pari allo 0,5% annuo. La discussione riguarda un intervento di entità minore (dello 0,2%), tenendo conto anche dell’impatto degli interessi del debito pubblico, in cambio di riforme strutturali e investimenti.