Lunedì 24 Marzo 2025
ANTONIO PETRUCCI
ANTONIO PETRUCCI
Economia

Pasticceria, in Italia vale oltre 9 miliardi di euro. Rischio stangata sulle uova di Pasqua

Oltre 90mila gli addetti di un settore che ha chiuso in positivo il 2024. A trainare il comparto si conferma il gelato

Uova di Pasqua

Uova di Pasqua

Roma, 23 marzo 2025 – E’ stato un anno positivo il 2024 per il settore dolciario italiano, grazie in particolare al gelato, sempre più leader, e consumato non solo in estate. E’ questo il risultato emerso da molteplici indagini e proiezioni, che sottolineano comunque i periodi festivo di Pasqua e Natale come i più soddisfacenti per gli addetti ai lavori, grazie ad un’abitudine al consumo di prodotti della tradizione che spesso incide anche per un terzo del totale del volume di affari.

Oltre 9 miliardi di euro nel 2024

Dopo un 2023 chiuso con un fatturato pari a 9,3 miliardi di euro, con una crescita sul 2022 del +9%, il 2024 ha registrato ottimi dati pari a 8,7 miliardi di euro fra gennaio e ottobre. Un consuntivo che punta ampiamente sopra i 9 miliardi, specie considerando l’importanza strategica di dicembre. A trainare il settore dolciario in Italia è comunque il gelato artigianale, che stando all’analisi di Fipe-Confcommercio, registra ogni anno volumi d’affari di 5 miliardi di euro, generati dai 39mila esercizi presenti in Italia che danno lavoro a 90mila addetti, fra gelaterie, bar e pasticcerie. Una stima di Coldiretti, basata sui dati Istat del 2024, parla di un totale delle esportazioni di 100 milioni di kg, con una crescita delle vendite all’estero del 19%, soprattutto negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Germania.

Molto bene anche i dolci della tradizione, dalle colombe pasquali alle uova di cioccolato, fino a pandori e panettoni nel periodo di Natale. L’italiano ama le novità ma non disdegna i dolci tipici del periodo delle feste.

Vendite natalizie e sfide strategiche

Il periodo natalizio 2024 ha visto ottimi risultati, con pasticcerie che hanno incrementato anche del 40% il proprio volume d’affari, come sottolineato nei mesi scorsi durante il Sigep World di Rimini dalla Confederazione Italiana Pasticceri. Tuttavia, è emersa una questione importante, sottolineata da Nicola Candian, consulente aziendale del mondo dolciario: l’incapacità di molti addetti ai lavori di prezzare correttamente i propri prodotti e calcolare l’effettivo guadagno.

“Nel settore della pasticceria, un alto volume di vendite non sempre si traduce in profitti reali. Un'analisi approfondita rivela come molte attività confondano il flusso di cassa con la marginalità effettiva. Pochissime persone avevano chiaro come prezzare i propri prodotti. Questo – prosegue Candian - si traduce in una situazione paradossale nella quale, per esempio, su un panettone artigianale venduto a 38€, molti operatori stimano erroneamente un margine del 70%, quando in realtà, considerando tutti i costi diretti e indiretti, il margine effettivo si attesta spesso intorno al 55-60%. Nulla di sbagliato, se non fosse che nel resto dell’anno una marginalità media reale, quando va bene, si attesta intorno al 25%. Occorrerebbe un approccio sistematico che permetta di calcolare il food cost reale di ogni prodotto, monitorare i costi fissi e variabili e analizzare la redditività per linea di prodotto, pianificando al meglio gli investimenti”.

Aumento dei costi delle materie prime

L’imminenza del periodo pasquale, uno dei principali per il business delle pasticcerie, si scontrerà inevitabilmente con l’aumento del costo delle materie prime. In particolare, incideranno quelli del cacao e del burro, che secondo un rilevamento Codacons, porteranno su il costo delle uova di cioccolato anche del 40%. I prezzi saranno spinti anche dai costi energetici che sono una voce importante nella produzione industriale dei dolci. E’ comunque il prezzo del cacao, protagonista indiscusso di Pasqua, il vero problema, se consideriamo che pochi mesi aveva raggiunto la quotazione record di 12mila dollari a tonnellata, con un incremento del 175% rispetto ai valori di 2 anni fa, quando una tonnellata era quotata meno di 3mila dollari.