Roma, 19 ottobre 2023 – In attesa dell’estensione della Flat tax, per le partite Iva arriva il fisco a rate. Non ci sarà la scadenza del 30 novembre per pagare il secondo acconto delle imposte sui redditi ma la somma potrà essere versata in cinque rate mensili a partire dal 16 gennaio del 2024.
La norma
La norma è contenuta in uno dei provvedimenti collegati alla manovra: l’articolo 4 del decreto fiscale e sarà in vigore, come si legge nel testo, solo "per il periodo di imposta del 2023", cioè per un anno. In attesa di coperture strutturali per i prossimi anni.
Chi riguarda
L’operazione comporterà minori incassi per circa 2,5 miliardi di euro. Che naturalmente, saranno recuperati nei mesi successivi. Ma la rateizzazione delle imposte non riguarderà tutte le partite Iva ma solo quelle che nel corso del 2022 hanno dichiarato ricavi o compensi sotto la soglia di 170mila euro.
L’obiettivo
L’obiettivo è quello di alleggerire il peso del versamento del secondo acconto e dare una boccata d’ossigeno alle piccole aziende. La rateizzazione dovrebbe riguardare tutte le imposte che derivano dalla dichiarazione dei redditi. Saranno esclusi, invece, i contributi previdenziali da versare all’Inps. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 4% annuo e, in ogni caso, non saranno modificate le modalità di determinazione e di calcolo del secondo acconto delle imposte. Unica variazione, l’eliminazione delle sanzioni dovute al differimento e al frazionamento del versamento.
Il caso emendamenti
Ma a tenere banco, ieri, la possibilità di una legge per finanziare gli interventi sui territori e venire incontro alle richieste dei parlamentari. Soprattutto quelli del centrodestra, dal momento che il governo vuole accelerare al massimo l’approvazione della Legge di Bilancio azzerando gli emendamenti dei partiti che sorreggono la Meloni. Fonti parlamentari hanno ipotizzato ieri un possibile tesoretto di 400 milioni da impiegare nei prossimi mesi. Il governo sarebbe anche al lavoro per trovare la formula legislativa più adatta: un decreto che viaggi di pari passo alla manovra oppure un intervento in Commissione in Senato durante la discussione della finanziaria.
La “legge mancia”
L’idea non piace per nulla alle opposizioni che parlano di una "legge mancia". "È clamoroso che i deputati e i senatori della maggioranza accettino di non presentare emendamenti. L’opposizione non rinuncia alle sue prerogative", commenta la segretaria Pd Elly Schlein. Attacca Marco Grimaldi, vice presidente del gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera: "Il Governo tenta di zittire la sua maggioranza con una legge mancia di 400 milioni da usare in qualche provvedimento successivo alla Manovra".
Polemiche anche sulla norma relativa al rientro dei cervelli, dal momento che con la manovra l’incentivo previsto per i lavoratori "altamente professionizzati" che tornano in Italia, si riduce dall’attuale 70% al 50%. Senza contare che lo sconto sulle imposte arrivava all’80% per i lavoratori che decidevano di trasferirsi nel Sud. Nella norma approvata dal governo, scatta anche una soglia di reddito di 600mila euro entro il quale vale il beneificio.
La Cgil e lo sciopero generale
In movimento anche il fronte sindacale. La Cgil è pronta a indire uno sciopero generale contro la manovra invitando Uil e Cisl a un confronto "per definire il percorso e le modalità della mobilitazione".
Una manovra "sbagliata che non tutela i salari e le pensioni, che non introduce il salario minimo, che non combatte l’evasione, che non tassa la rendita e i profitti, che taglia la sanità pubblica e la scuola", tuona il leader della Cgil Maurizio Landini – Dovevano cancellare la legge Fornero, peggiorano quella legge, in pensione non ci va più nessuno". E il segretario generale ieri ha scritto ai colleghi di Cisl e Uil. Obiettivo: vedersi, per scioperare insieme.