Roma, 4 gennaio 2024 - Cosa sono i paradisi fiscali? Sono luoghi con pochissimi abitanti ma dall'altissimo reddito pro capite. Secondo uno studio effettuato dal 'World Inequality Lab', ben quattro dei primi cinque paradisi offshore più ricchi al mondo si trovano in Europa: si tratta, nell'ordine, del Principato di Monaco, del Granducato del Lussemburgo, del Liechtenstein e delle Channel Islands, piccolo arcipelago situato nel canale della Manica. Quinto posto soltanto, invece, per le Bermuda, primo paese extraeuropeo presente in classifica. Un'indagine portata avanti parallelamente nel nostro Paese, invece, dimostra come molti contribuenti italiani si trasferiscano in particolare a Montecarlo e nel Lussemburgo, a causa della scarsità di tasse da pagare sul reddito e gli immobili. Sono ben 8mila, infatti, i nostri connazionali che hanno trasferito la propria residenza nel Principato di Monaco, tra cui figurano imprenditori celebri, sportivi e personalità del mondo dello spettacolo. A causa dei super-ricchi e delle multinazionali che si rifugiano nei paradisi fiscali di tutto il mondo, si stima che ogni anno l'erario italiano venga privato di una cifra vicina ai 10 miliardi di euro.
Diminuisce la ricchezza generale
Secondo la Cgia, quando multinazionali o singoli attori hanno profitti miliardari ma non pagano le tasse nel nostro Paese finiscono per impoverirci sempre di più. Le multinazionali, per esempio, utilizzano le infrastrutture materiali (come porti, aeroporti, strade o ferrovie), quelle sociali (come sanità e scuola) e quelle immateriali senza però contribuire con le tasse. Per insediarsi in Italia, queste holding sfruttano inoltre agevolazioni di vario tipo come gli incentivi pubblici e le indennità dell'Inps, senza però riuscire poi a compensarle completamente. L'esito di questo modus operandi vede un aumento della disuguaglianza e una crescita della povertà, dato che gli altri contribuenti devono pagare una cifra di conseguenza maggiore per servizi spesso insoddisfacenti. Se tutti pagassero ciò che devono, invece, lo Stato incasserebbe di più e la maggior parte dei cittadini pagherebbe meno contributi.
I numeri
Stando a quanto raccolto dall'Area Studi di Mediobanca, nel 2022 le società controllate dalle prime 25 multinazionali presenti sul suolo italiano hanno fatturato ben 9.3 miliardi di euro, ma hanno pagato allo stato solamente 206 milioni di euro di imposte, cifra irrisoria rispetto al totale dei profitti. Per provare a contrastare il problema delle politiche fiscali convenienti alle big company, dal 2024 è entrata in vigore nell'Unione Europea la Global minimum tax (Gmt). Grazie ad essa, che conterrà particolarmente l'entrata complessiva prevista dall'applicazione dell'aliquota del 15% sulle multinazionali, si stima che il nostro erario potrà incassare nel 2025 ben 381,3 milioni di euro. Un importo che si pensa possa crescere progressivamente fino a sfiorare i 500 milioni nel 2033. Secondo la Cgia, la Gmt ha interessato ben 19 paesi dell'Unione Europa: mancano ancora all'appello Spagna e Polonia, che aderiranno nel corso del 2025, mentre Malta e le repubbliche baltiche hanno una proroga sino al 2030. Per le holding presenti in Ue rimane perciò ancora la possibilità, almeno per il prossimo quinquennio, di spostare gli utili in alcuni paesi membri dove la tassazione rimane ancora favorevole.
In Italia
I cittadini del nostro Paese occupati in una multinazionale italiana o straniera sono all'incirca 3,5 milioni, circa il 20% del totale degli oltre 17,6 milioni di addetti. A livello regionale, invece, la percentuale dei dipendenti di multinazionali sale al 24,4% in Emilia-Romagna, al 25,1% in Friuli-Venezia Giulia, al 25,3% in Piemonte e al 27% in Lombardia. Per quanto riguarda il fatturato, l'intero sistema produttivo del nostro Paese ha raggiunto nell'ultimo anno una cifra pari 4.322 miliardi di euro, di cui 1.975 miliardi prodotti dalle big company. Questo significa che quasi la metà del fatturato prodotto dalle imprese private in Italia (il 45,7%) è riconducibile alle nostre multinazionali o a quelle straniere che controllano società operanti nel territorio italiano: una percentuale che aumenta a sua volta in Friuli-Venezia Giulia (49,8%), in Liguria (51,8%), in Lombardia (52,6%) e nel Lazio (66,9%). Tra le multinazionali estere e quelle tricolori, in Italia il numero delle unità ammonta complessivamente a 140.845 (il 41,3% di esse sono straniere). La cifra in questione consiste nel 2.8% della totalità delle unità locali presenti in Italia, che sono quasi 5 milioni.
Paradiso fiscale: cosa significa
L'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, aveva dato la propria definizione di 'paradiso fiscale' già nel 1998, durante la pubblicazione del rapporto "Harmful Tax Competition - An Emerging Global Issue". Uno stato diventa paradiso fiscale se riesce a rispettare i seguenti parametri: assenza di imposte sui redditi delle imprese istituite nei propri territori, mancanza di obbligo per le società costituite di svolgere un'affettiva attività di impresa nei relativi territori, poca trasparenza del sistema legislativo e amministrativo, che permette a determinati soggetti di beneficiare di una ridotta tassazione dei redditi, e il mancato scambio di informazione fiscali con gli altri attori internazionali.