Stanotte toccherà dormire un'ora in meno. Pazienza, direte voi, è il prezzo da pagare per l'arrivo della bella stagione. Ma c'è di più, poiché la vera ragione per la quale nella maggioranza dei Paesi industrialmente sviluppati esiste da circa un secolo l'ora legale, lo sappiamo, è di carattere squisitamente economico. Secondo le stime di Terna, infatti, nei sette mesi (26 marzo- 29 ottobre) in cui sarà in vigore l’ora legale l’Italia risparmierà circa 220 milioni di euro. Grazie a un minor consumo di energia elettrica pari a circa 410 milioni di kWh (un dato, di questi tempi, particolarmente apprezzabile), che peraltro si porterà dietro rilevanti benefici ambientali (circa 200 mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica in meno). E, se volessimo un raffronto concreto da opporre a questa enorme quantità di energia che potremo evitare di usare, Terna spiega anche che i 410 milioni di kWh di cui sopra, a 53 centesimi di euro al kWh, equivalgono al fabbisogno medio annuo di oltre 150 mila famiglie. Mentre sul lungo periodo “il minor consumo di energia elettrica per l’Italia dovuto all’ora legale dal 2004 allo scorso anno è stato complessivamente di circa 10,9 miliardi di kWh” e ha comportato, in termini economici, “un risparmio per i cittadini di circa 2 miliardi di euro”.
Ora legale 2023, quando cambia e quanto si risparmierà
La storia dell'ora legale
Ma, a proposito di lunghi periodi, qual è la radice storica dell'ora legale? E chi e perché ha scelto di usarla o non usarla? Quanto alla storia, dopo diverse migliaia di anni durante le quali il lavoro (in particolare quello agricolo) cominciava invariabilmente al sorgere del sole, a qualcuno venne in mente che l'alba poteva essere 'spostata' attraverso un semplice espediente. Uno dei primi a immaginare il trucco fu, già nel 1784, quella grande mente che era Benjamin Franklin, il quale pubblicò sul quotidiano francese Journal de Paris la proposta di obbligare la popolazione ad alzarsi dal letto un'ora prima nel periodo estivo. I mezzi proposti, però, dalla tassazione delle persiane al razionamento candele, passando per il divieto di circolazione notturna e per una serie di fragorose cannonate che svegliassero le masse di lavoratori, non furono ritenuti applicabili dalle autorità. Ma l'idea, ormai, circolava e, nel 1895 toccò all'entomologo neozelandese George Vernon Hudson presentare alla Società Filosofica di Wellington il primo documento ufficiale che proponesse uno spostamento in avanti degli orologi di due ore. Una strada, questa, ripresa pochi anni dopo dal costruttore britannico William Willett e ritenuta, allora, più che percorribile, anche perché la Grande Guerra aveva reso i governi particolarmente sensibili al risparmio di risorse. Nel 1916, così, la Camera dei Comuni di Westminster diede il proprio assenso al British Summer Time, che implicava lo spostamento delle lancette un'ora in avanti durante l'estate. E il Regno Unito fu subito imitato da molte altre nazioni.
Come funziona nel resto del mondo
Non tutte, però, anche in ragione del fatto che tali provvedimenti avrebbero impattato in modo consistente solo sulle economie dei Paesi più industrializzati (dove buttare o meno giù dal letto gli operai era questione di vita o di morte) e che diverse formazioni statali (segnatamente quelle poste nelle zone equatoriali) a causa della loro posizione geografica non scontavano particolari differenze stagionali di durata della luce diurna. Così, ad oggi, la maggior parte del Nord America e dell'Europa utilizza l'ora legale, mentre la maggior parte di Africa e Asia ne fa da sempre a meno. In Sudamerica, invece, vige una situazione mista, con i soli Cile, Paraguay e Uruguay che spostano avanti le lancette. In Oceania, infine, la Nuova Zelanda e le regioni meridionali dell'Australia applicano l'ora legale, mentre tutti gli altri Stati preferiscono attenersi ai ritmi della natura.