Bruxelles, 21 dicembre 2023 – Sono state sufficienti due ore di discussione fra i ministri dell’Economia dei 27 Paesi dell’Ue, per di più in videoconferenza, per dare il via libera al nuovo Patto di stabilità.
In realtà il vertice decisivo c’era stato 48 ore prima, fra il presidente francese Macron e il tedesco Scholz. Poi, la trattativa si era spostata su Roma, con una lunga conversazione fra il ministro dell’Economia, La Maire e il suo collega italiano, Giorgetti. Così ieri, il testo di compromesso portato dalla presidenza di turno spagnola, è passato senza grandi problemi, all’unanimità. Le nuove regole entreranno in vigore a partire da aprile. Per l’Italia si tratta del minore dei mali.
Il minore dei mali
Nel nuovo patto di stabilità, riconosce Giorgetti, "ci sono regole più realistiche di quelle attualmente in vigore. Le nuove regole naturalmente dovranno sottostare alla prova degli eventi dei prossimi anni che diranno se il sistema funziona realmente come ci aspettiamo", spiega il responsabile di via Venti Settembre. Una cautela d’obbligo: "Ci sono alcune cose positive e altre meno", aggiunge. "L’Italia ha ottenuto però molto e soprattutto quello che sottoscriviamo è un accordo sostenibile per il nostro Paese volto da una parte a una realistica e graduale riduzione del debito mentre dall’altra guarda agli investimenti specialmente del Pnrr con spirito costruttivo".
Tre, in particolare, i risultati che l’Italia porta a casa, secondo il Mef: "L’estensione automatica del piano connessa agli investimenti del Pnrr, l’aver considerato un fattore rilevante la difesa, lo scomputo della spesa per interessi dal deficit strutturale fino al 2027".
Di fatto restano in vita i principi base del vecchio trattato, ovvero il contenimento del deficit al 3% e del debito al 60%. Cambiano i percorsi di rientro nei parametri che diventano più lunghi, da 4 a 7 anni, in cambio dell’impegno dei Paesi a fare investimenti e riforme. I partner Ue con un debito sul Pil superiore al 90% (fra cui l’Italia) dovranno ridurlo di almeno l’1% all’anno. Inoltre, bisognerà far calare il deficit all’1,5% per creare un "cuscinetto" da mettere in campo in caso di crisi esogene. L’aggiustamento annuo richiesto è dello 0,5% ma che può essere ridotto fino allo 0,25 in caso di piani di rientro di sette anni.
Meloni soddisfatta
Soddisfatta la premier: "È un accordo migliorativo, anche se c’è il rammarico per la mancata esclusione automatica degli investimenti strategici dall’equilibrio di deficit e debito da rispettare". Sulla stessa lunghezza d’onda, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, sorridente per l’esclusione delle spese militari dal deficit. Mentre per il Commissario Ue, Paolo Gentiloni, "le nuove regole garantiscono un migliore equilibrio tra stabilità e crescita con incentivi per gli investimenti e le riforme e una maggiore titolarità".
Le critiche dell’opposizione
Critiche, invece, le opposizioni. Il leader M5s, Giuseppe Conte, parla di un "pacco Ue di stabilità". Mentra la segretaria del Pd, Elly Schlein, accusa la Meloni di aver "chinato la testa". Ora i fari sono puntati su quello che succederà sull’altro capitolo caldo nei rapporti fra Roma e Bruxelles, quello del Mes. Fino a ora la posizione italiana era stata chiara: nessuna firma sulla revisione del trattato se prima non si chiarisce il capitolo del patto di stabilità. Ma ora per la premier si avvicina il momento delle scelte. L’ipotesi che l’esame del dossier parta oggi in Aula e si arrivi al voto delle forze politiche è ancora sul tavolo: il Trattato figura al terzo punto dei lavori.