Potrà essere venduto sotto forma di polvere parzialmente sgrassata (una specie di farina) e fungerà da ingrediente per la preparazione di prodotti alimentari ad alto contenuto proteico, come panini multicereali, barrette e biscotti. È l’Acheta domesticus - meglio noto come grillo domestico - il terzo insetto autorizzato alla commercializzazione a scopo alimentare dall’Unione europea: prima di lui c’erano stati la larva gialla della farina e la locusta migratoria. Tra lo scetticismo di molte associazioni di categoria (tra le più agguerrite c’è Coldiretti) e il plauso degli ambientalisti, il cosiddetto 'novel food' – termine inglese con cui si indicano gli alimenti o ingredienti ‘nuovi’, che non fanno parte della tradizione culinaria europea – muove un giro d’affari in costante crescita. Secondo l’ultimo rapporto dell’area studi Mediobanca, pubblicato nel 2022 e intitolato 'Nutraceutica e novel food, tra salute e sostenibilità'’, l’intero settore ha raggiunto nel 2021 un giro d’affari mondiale pari a 500 miliardi di dollari. E si stima che, entro il 2027, la quota arriverà a 745 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annua del 6,9%. In particolare, per l’industria mondiale degli insetti si prevede un aumento del valore fino a circa 1 miliardo di dollari nel solo 2023, per poi arrivare a 4,6 miliardi di dollari nel 2027, con un tasso di crescita medio annuo del 44%.
Arriva la farina di grillo nei cibi europei: di cosa si tratta
Le proteine alternative: insetti e non solo
Il ‘novel food’ comprende, oltre ai cibi a base di insetti, diversi tipi di proteine alternative, fra cui la carne coltivata o sintetica, prodotta in laboratorio a partire da serie di cellule animali coltivate e alimentate con sieri, di origine animale o vegetale, in grado di favorirne lo sviluppo e farle diventare tessuto muscolare. Ci sono, poi, la ‘finta carne’ e le ‘finte uova’, a base di proteine ricavate dai legumi o dalla soia. Nel settore, attualmente, operano almeno cento start-up, che nel 2020 hanno raccolto capitali per 370 milioni di dollari: sei volte l’ammontare raccolto nel 2019. La dimensione nascente del mercato impedisce ancora di raggiungere una scala che possa favorire l’abbattimento dei costi di produzione: nonostante siano crollati del 99% rispetto alle prime sperimentazioni, i costi restano infatti molto più elevati rispetto a quelli della carne da allevamento. Gli osservatori, tuttavia, sono concordi nell’affermare che si tratta di un business con prospettive di crescita vertiginosa: secondo uno studio del Boston Consulting Group, nel mondo si raggiungeranno i 290 miliardi di dollari di giro d’affari entro il 2035 (l'11% del totale del mercato dei cibi proteici, contro poco più dell’1% attuale). Ma la quota potrebbe addirittura raddoppiare: oltre che dal gradimento dei consumatori, molto dipenderà dalla capacità dell’industria di eguagliare (allo stesso prezzo) il gusto dei prodotti di origine animale e dalle scelte autorizzative e normative – criteri di produzione, controlli, etichette. Un’ulteriore spinta potrebbe arrivare dalla messa a punto di eventuali incentivi ad hoc, giustificati dal minor impatto ambientale di queste produzioni. Proprio quello dell’impatto ambientale è uno dei nodi su cui si concentra il dibattito: le associazioni di allevatori e agricoltori, infatti, respingono gli attacchi sul fronte della sostenibilità e difendono il diverso valore nutrizionale dei prodotti naturali, sostenendo, peraltro, che i prodotti come la ‘finta carne’ sono, in realtà, processati industrialmente e infarciti di aromi e altri additivi.
Gli insetti edibili sono sicuri? Il parere della Fao
Se ormai è tracciata la strada che porterà alcune specie di insetti nei supermercati e sulle nostre tavole, restano parecchi dubbi nei consumatori, soprattutto europei. Sul tema della sicurezza è però intervenuta la Fao, che ha pubblicato, alla fine del 2021, un rapporto per fare il punto della situazione (a 8 anni dal primo grande report che aveva introdotto per primo il tema del possibile consumo di insetti per l’uomo). Il lavoro di ricerca parte dalla crescente attenzione al tema degli insetti commestibili anche in culture, come quelle occidentali, in cui grilli e larve non sono parte dell’alimentazione. Abitudine che, invece, è propria delle cucine di alcuni Paesi asiatici. Un’importante differenza, sostiene la Fao, è che oggi gli insetti commestibili non vengono semplicemente ‘prelevati’ da un ambiente naturale, ma allevati appositamente per il consumo umano. L’industrializzazione di questi processi richiede il rispetto di regole, alcune delle quali già si applicano anche agli insetti. Allo stesso tempo, ciò implica un maggior controllo della filiera e la necessità di rispettare le norme dettate dalle autorità. "I rischi per la sicurezza possono essere maggiori - si legge nel rapporto Fao -. quando gli insetti sono raccolti in natura e consumati crudi. L’allevamento a determinate condizioni igieniche e l’implementazione di programmi sanitari dovrebbero ridurre alcuni rischi come, ad esempio, quello della contaminazione microbiologica". Tali rischi, evidenzia ancora la pubblicazione della Fao, non diminuiscono il valore dei benefici che potrebbe trarre l’uomo dal consumo di insetti. Anche in questo caso, si fa riferimento all’impatto ambientale, al valore nutrizionale e al ruolo che i nuovi cibi potrebbero giocare nella lotta contro la fame.
Le proprietà nutrizionali e l’impatto ambientale
Dal punto di vista nutrizionale, gli insetti sono ricchi di proteine, vitamine, calcio, fibre, ferro, zinco e omega3. A parità di peso, rispetto alla carne, i grilli forniscono più del doppio delle proteine, cinque volte più magnesio e tre volte più ferro della carne di manzo. L’allevamento di insetti, inoltre, è meno impattante sull’ambiente rispetto all’allevamento di animali. Gli insetti sono mediamente in grado di convertire 2kg di cibo in 1kg di massa corporea, i bovini invece necessitano di ben 8kg di cibo per aumentare di 1kg la massa corporea. L’allevamento di insetti commestibili abbatte fortemente il consumo di acqua e suolo e la produzione di gas serra. Un allevamento di grilli, per esempio, produce 80 volte meno emissioni rispetto a un equivalente allevamento di bovini. Un chilo di proteine da insetti, per essere prodotto, necessita di un quarto dell’acqua necessaria per un chilo di proteine da bovino. Il corpo di un insetto è quasi del tutto commestibile. Di un pollo si mangia poco più della metà del suo peso, di un manzo il 40% della massa corporea. Per avere un chilo di carne bovina servono circa 10 chili di mangime, per 1 chilo di grilli ne bastano meno di 2. In termini di spazio, per arrivare a 1 chilo di carne, l’allevamento tradizionale necessita di 250 mq, uno di grilli di 15. L’anidride carbonica emessa per produrre 1 kg di proteine dai bachi da seta è di circa 15 kg: una quantità decisamente minore rispetto a quella emessa per produrre un kg di proteine animali. Tutti i dati indicano, pertanto, un impatto molto più basso sull’ambiente rispetto all’allevamento di animali.
Il boom delle alghe
Nella ricerca di nuove fonti alimentari, sostenibili e disponibili in notevoli quantità, le alghe risultano però essere più favorite e apprezzate degli insetti. Innanzitutto perché sono oggetto di minori tabù alimentari: se in Asia sono ormai una presenza costante in tavola, in Italia l’80% dei cittadini si dichiara più propenso a consumare piatti a base di questi ingredienti, rispetto a quelli cucinati con insetti. L’Unione europea intende creare una filiera strutturata di algacoltura e stima che, nel 2023, questo mercato quintuplicherà il giro d’affari, arrivando a 9 miliardi di euro e creando 85mila nuovi posti di lavoro. In Italia il mercato conta oggi una decina di aziende, specializzate soprattutto nella fase di trasformazione. Coltivabili ovunque, 365 giorni all’anno, efficaci nel catturare anidride carbonica e produrre ossigeno, le alghe sono un ottimo esempio di economia circolare: si possono usare per intero oppure estrarne princìpi attivi per la cosmetica, e ciò che ne rimane è biomassa, facilmente riutilizzabile come biocarburante o fertilizzante. In Italia la più coltivata è una micro-alga, la spirulina, con oltre una ventina di impianti, spesso avviati da aziende agricole o alimentari, come i pastifici e i biscottifici che la usano per produrre alimenti funzionali come pasta e prodotto da forno arricchiti. Anche grazie a queste produzioni, la spirulina si è diffusa negli integratori e nei nutraceutici, ed è sempre più presente sugli scaffali dei supermercati.