Le banche sono il "tessuto connettivo e propulsivo dei risparmiatori, di famiglie e imprese" e la loro redditività ha importanti ricadute sul territorio. Lo ha sottolineato ieri il presidente dell’Abi, Associazione bancaria italiana (e del gruppo La Cassa di Ravenna) Antonio Patuelli a Roma, nell’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, che ha tenuto la ‘Terza Lezione Ugo La Malfa’, sostenendo anche la necessità di una tassazione "premiale" sia per i risparmiatori che investono sul lungo periodo sia per le imprese che impiegano i loro profitti per far crescere l’attività imprenditoriale con un’Ires "agevolata".
Nel ringraziare la Fondazione Ugo La Malfa per l’onore della Lezione, Patuelli ha ribadito come siano "fondamentali e attualissimi gli ampi orizzonti europei ed internazionali e l’intransigenza morale per le libertà e la democrazia costituzionale di uomini come Ugo La Malfa, che l’avevano appresa soprattutto da Luigi Einaudi, Benedetto Croce e Giovanni Amendola".
Venendo ai temi di attualità, in riferimento al rapido sviluppo delle tecnologie, Patuelli ha sostenuto che "in nome di un nuovo umanesimo digitale, occorre costituzionalizzare e far prevalere le regole del diritto anche negli ambiti aperti dalle tecnologie che debbono essere sottoposte e non estranee e tantomeno sovrapposte al diritto". E chi lavora in banca può e deve dare un contributo costruttivo, poiché le banche "debbono sempre correre per essere interlocutori aperti e innovativi verso le novità".
Banche che operano all’interno di un’Unione europea che è "soprattutto un grande mercato unico" e per le quali "è indispensabile un Testo unico, un Codice europeo di diritto bancario, finanziario e penale dell’economia". Sul fronte monetario, l’euro "ha difeso dall’inflazione meglio di quanto abbiano fatto in precedenza monete nazionali come la lira italiana" così come ha garantito tassi di interesse prima a zero e ora molto contenuti. Ma ora, ha specificato Patuelli, sono "anacronistiche e pericolose le differenze fiscali fra Stati membri della Ue" ed è in atto "una divaricante concorrenza fiscale fra gli Stati membri, dove quelli meno indebitati necessitano di minore pressione fiscale ed attirano investimenti e giovani culturalmente qualificati".