Lunedì 27 Gennaio 2025
ANDREA ROPA
Economia

Mps vuole Mediobanca

Offerta a sorpresa da 13,3 miliardi. Ma la Borsa non premia il Monte: -6,9%. .

Luigi Lovaglio, 70 anni, è amministratore delegato di Banca Mps dal febbraio 2022

Luigi Lovaglio, 70 anni, è amministratore delegato di Banca Mps dal febbraio 2022

Da preda a cacciatore. La catarsi è servita: la banca più antica del mondo ancora in attività cerca di entrare nel salotto buono del capitalismo italiano. Non da ospite, ma comprandolo. Montepaschi spariglia le carte del risiko bancario e lancia a sorpresa un’offerta pubblica di scambio totalitaria su Mediobanca, realizzando di fatto il terzo polo bancario italiano dopo quelli di Intesa Sanpaolo e Unicredit. L’operazione valuta Piazzetta Cuccia 13,3 miliardi, per un prezzo implicito di 15,992 euro per azione che riconosce un premio del 5,03% rispetto alla chiusura di giovedì a Piazza Affari. Prezzo che, per inciso, il mercato ha già abbondantemente superato nella seduta di ieri, dove Mediobanca ha guadagnato il 7,7% a 16,47 euro, mentre Mps ha lasciato sul terreno il 6,9% a 6,49 euro. L’istituto senese offre 23 azioni proprie per ogni 10 azioni Mediobanca, con l’obiettivo di delistare il titolo della banca d’affari dalla quotazione su Euronext Milan. Il tutto subordinato al raggiungimento del 66,67% delle adesioni.

La mossa dell’ad Luigi Lovaglio ha lasciato di stucco gli analisti, soprattutto perché ribalta la logica della capitalizzazione di mercato. Mps, infatti, vale circa 8 miliardi di euro contro i 12 miliardi abbondanti di Mediobanca. Dunque Davide attacca Golia, con un’operazione che Lovaglio definisce "amichevole e innovativa", in grado di creare valore da subito per gli azionisti di Mps, di Mediobanca e anche per l’intero sistema Paese. Innovativa perché nella "migliore business combination industriale" possibile, porta a sistema comune due modelli di business diversi ma complementari: quello di una banca commerciale storicamente focalizzata sui servizi retail e quella di un gruppo finanziario specializzato nell’investment banking, nel wealth management e nel credito al consumo.

"Puntiamo a un nuovo campione nazionale con due brand di eccellenza che vogliamo proteggere e ancor più valorizzare a beneficio di clienti, dipendenti, azionisti e tutti gli altri stakeholder", ha aggiunto Lovaglio snocciolando i numeri dell’operazione: 700 milioni di sinergie, 600 milioni di costi di integrazione, un indice patrimoniale pro-forma del 16%, un ritorno sul capitale del 14% e un utilizzo accelerato del ‘tesoretto’ fiscale rappresentato dalle Dta, che genereranno 500 milioni di capitale all’anno per sei anni, con un valore netto per gli azionisti di Mediobanca di 1,2 miliardi.

Nel corso della conference call di presentazione, Lovaglio ha svelato che già alla fine del 2022 aveva prospettato al Mef, primo azionista dell’istituto senese con l’11,73%, l’ipotesi Mediobanca. "Il 16 dicembre 2022, dopo aver completato l’aumento di capitale da 2,5 miliardi, incontrai il ministro dell’Economia e presentai tre opzioni: continuare da soli, fare un’operazione fra pari oppure con Mediobanca. Ora è giunto il momento", ha detto il manager, precisando che il Mef "non ha posto alcun limite" all’operazione.

Entro 20 giorni Mps presenterà in Consob il documento d’offerta preceduto dalle richieste di autorizzazioni a tutte le autorità coinvolte (Bce, Bankitalia, Ivass, Antitrust). L’Ops su Mediobanca è stata approvata all’unanimità dal cda di Montepaschi e dovrebbe concludersi nel terzo trimestre dell’anno. In caso di successo, l’azionariato dell’istituto vedrebbe Delfin (famiglia Del Vecchio) diventare primo socio con il 16% circa, Caltagirone posizionarsi intorno all’8% e il ministero del Tesoro scendere di poco sotto il 5%. Uno scenario che però dovrà tener conto della valutazione di Mediobanca che, secondo quanto si apprende in ambienti finanziari, avrebbe bollato come "ostile" l’offerta di Mps, in attesa del vaglio del cda convocato la prossima settimana.

Per difendersi, il management di Mediobanca dovrà fare i conti con due ostacoli: la passivity rule, che impone all’amministratore delegato Alberto Nagel e soci di portare in assemblea qualsiasi operazione straordinaria, e la presenza nel capitale di Delfin e del gruppo Caltagirone, che dispongono insieme del 27,57% e i cui rappresentanti nel cda di Mps hanno approvato l’operazione non concordata lanciata da Siena. Piazzetta Cuccia potrebbe anche chiedere aiuto a un cavaliere bianco, in una partita a cui guarderà tutto il sistema finanziario italiano.