Roma, 25 gennaio 2025 – “Il bello di queste operazioni è che decidono gli azionisti. La politica può avere le sue idee, ma è il mercato che valuta e decide”, Francesco Di Ciommo, prorettore della Luiss e ordinario di Diritto Civile e Diritto dei mercati bancari e finanziari, ed ex presidente di Banca Widiba, valuta positivamente l’ipotesi di creazione di un terzo polo bancario in Italia. “Farebbe bene a tutto il sistema bancario e finanziario italiano, per molte ragioni, e mi pare che questa convinzione sia condivisa più o meno da tutti”.
Sarà la volta buona?
“I tempi dell’operazione non sono brevi, visto che Mps ne annuncia la chiusura nel terzo trimestre dell’anno, e non si può mai dare nulla per scontato. Ma credo che l’operazione potrebbe schiudere interessanti opportunità non solo per Mps, perché aumenterebbe la concorrenza sul mercato. In più non parliamo solo dell’eventuale integrazione tra due banche, in quanto Mediobanca è anche il primo azionista di Generali, e cioè una delle più importanti realtà europee operanti nel settore assicurativo e dell’asset management”.
Però Mediobanca già si prepara alle barricate.
“È una reazione legittima. Saranno gli azionisti a decidere se l’offerta Mps è congrua. Stando alla nota diffusa da Mps, all’esito dell’operazione la solidità del gruppo Mps uscirebbe rafforzata. Inoltre, l’eventuale successo dell’offerta consentirà un’accelerazione nell’utilizzo delle Dta (imposte differite attive) detenute dalla banca, con un valore attuale netto stimato a beneficio degli azionisti di Mediobanca aderenti all’offerta di 1,2 miliardi di euro, circa il 10% dell’attuale valore di mercato di Mediobanca. Per quanto riguarda il prezzo, invece, per valutarne la profittabilità occorrerà vedere quale sarà il valore delle due azioni quando potrà essere accettata l’offerta di scambio”.
Però è indubbio che la politica, e in particolare il centrodestra, guarda con favore a questa fusione?
“Credo che la politica c’entri poco. Qui siamo in presenza di un’aggregazione che ha le sue radici in una chiara strategia industriale dell’istituto di credito senese. E, poi, conoscendo la qualità dei vertici del Mps, penso che l’operazione sia stata messa in campo dopo analisi approfondite e solo tecniche”.
Il matrimonio che si profila è, però, fra una banca commerciale e una di affari.
“Tutte le grandi banche del mondo operano anche come banca d’affari e sono attive nel mondo del wealth management. Mps non ha al suo interno una realtà paragonabile a Mediobanca. Dunque, l’integrazione potrebbe non avere troppe aree di sovrapposizione, a parte ovviamente il ruolo di Mediobanca Premier (già CheBanca!) che andrà verificato, mentre evidenti sono le sinergie”.
Mediobanca, però, non è una banca d’affari come le altre. È stata il salotto buono del capitalismo all’italiana ai tempi di Cuccia, crocevia di tutti gli affari che contano.
“Verissimo. Per questo bisognerà capire come l’integrazione è stata pensata e come eventualmente verrà realizzata. Al momento, sono proprio la storia e l’autorevolezza di Mediobanca, oltre che le sue professionalità, che rendono, a mio avviso, l’operazione razionale e particolarmente profittevole per Mps”.
Non corriamo il rischio di creare solo un campione nazionale?
“Credo sia vero il contrario. Può nascere un soggetto capace di affrontare le sfide del mercato europeo con prospettive di ulteriore crescita. Del resto, l’attivismo di Unicredit, prima su Commerzbank e poi su Banco Bpm, e quello della stessa Bpm sulla sgr Anima, nonché quello di Generali con i francesi di Natixis, non potevano non determinare un effetto domino che speriamo si concluda col migliore assetto possibile del mercato bancario e finanziario italiano”.