Le città italiane a più alta vocazione turistica sono anche le mete universitarie più frequentate. Risultato: si alloggia a caro prezzo. E così il tema affitti brevi diventa centrale nell’agenda politica di tutte le municipalità più esposte. Da Venezia a Milano, da Firenze a Siena, da Bologna a Roma, è tutto un ribollire di indignazione, controdeduzioni, proposte. Con i sindaci costretti a prendere posizione e i privati – così come i grandi portali – intenti a organizzare motivate reazioni, a fronte della scontata rabbia di lavoratori e pensionati a caccia di locazioni ordinarie.
Terzi nel mondo
Il comparto affitti brevi italiano, secondo un recente studio di Halldis, vale 10 miliardi di euro. È il terzo mercato al mondo dopo Stati Uniti e Francia. Con numeri in potenziale vertiginosa ascesa. Con sei milioni di abitazioni tra case sfitte e seconde case, ogni domanda può essere soddisfatta. Soprattutto nel settore ’mid-long term’, pari a 30 o più giorni di permanenza. Una manna ma anche un’insidia nei comuni in difficoltà, dove la lotta per la casa o per la camera diventa sempre più aspra e costosa. Ad esempio a Siena, dove quest’anno alcuni collegi universitari sono in ristrutturazione, la tensione abitativa è altissima.
Incremento costante
Sempre Halddis certifica i seguenti prezzi medi giornalieri: Milano (92 euro), Roma (87), Firenze (84). L’ultima analisi europea pubblicata dal Airdna a maggio 2022 colloca l’Italia all’ottavo posto per incremento della domanda di affitto per vacanze. I dati pre-pandemici del settore sono ormai largamente superati: siamo a +7% rispetto al 2019. Meno della Grecia (+26,8%) e della Francia (11,7%), ma più di Croazia (+2,6%), Regno Unito (+2,5%, Portogallo (-0,7%) o Spagna (-5,1%). Gli aumenti più sostenuti della domanda riguardano le unità abitative più grandi, ma anno su anno comincia a intravedersi la crescita dell’ospitalità anche in case private o camere condivise. Si avverte insomma l’effetto dell’inflazione. Un bagno di realtà: il singolo posto letto quale sovrana unità di misura.
Da Milano ad Amsterdam
A parte Venezia che fa storia a sé, Milano è la città in cui il tema affitti brevi risulta oggi più divisivo. Le preoccupazioni del sindaco Giuseppe Sala – su possibili distorsioni originate dalla concentrazione dell’offerta "nella fascia che va tra il centro e la cerchia esterna – provocano la reazione stizzita dell’Aigab: "Se gli alloggi promossi on line a Milano per affitti brevi sono soltanto l’1,6% delle case esistenti a Milano – chiede e si chiede l’Associazione italiana gestori affitti brevi –, è possibile che quell’1,6% di case online, per il 95% di proprietà di singoli proprietari che li gestiscono in modo diretto o li affidano a gestori professionali, siano il problema? Basti pensare ad Amsterdam, che ha bandito gli affitti brevi e ha oggi quelli a lungo termine più alti d’Europa".
Proprietari stizziti
Il clima velenoso nei confronti dei proprietari, accusati – neppure tanto velatamente – di speculare al rialzo, spinge Airbnb a scendere in campo per una normativa nazionale unitaria, "come in Grecia, dove ci sono stati risultati positivi". Secondo Valentina Reino (Airbnb Italia), "nelle condizioni attuali di crescente costo della vita e inflazione alta si pone il problema di come mantenere appartamenti molto spesso ereditati". Basti pensare che il 50% degli host Airbnb rivela di ricorrere agli affitti brevi essenzialmente "per far quadrare i conti". Come se non bastasse, per Confedilizia il settore affitti brevi è già iper regolato, con sette interventi normativi dal 2017 ad oggi. Ma l’ipotesi di una nuova stretta appare quanto meno plausibile.