
La Fondazione FS Italiane promuove il turismo sostenibile con treni storici, grazie ai fondi del PNRR e al recupero di linee dismesse.
Il nostro core business? Il futuro, consapevoli della straordinaria importanza del nostro passato". Non ha dubbi l’ingegner Luigi Cantamessa, direttore generale della Fondazione Fs Italiane.
Ingegnere, cos’è la Fondazione e quali scopi persegue? "Si tratta di uno strumento operativo, nato nel 2013 con la partecipazione di Ferrovie dello Stato Italiane, RFI e Trenitalia, che ha l’obiettivo di conservare i tesori della memoria, rigenerare idee, conservare l’identità e preparare il futuro".
Dodici anni di attività: che bilancio traccia, ingegnere? "Fin dall’inizio abbiamo voluto riportare in vita il Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa, a pochi chilometri da Napoli, inaugurandone il restauro nel 2017. Poi abbiamo lavorato per individuare i luoghi dove ospitare i Depositi officine rotabili storici, selezionando tre città: Milano, La Spezia e Pistoia. Abbiamo voluto riscoprire e tramandare quanto messo da parte e dimenticato dalle generazioni precedenti e lo facciamo attraverso azioni diverse. La prima è quella del racconto in senso stretto, per la quale restauriamo e utilizziamo documenti d’epoca, fotografie e video. Poi c’è quella incredibile testimonianza rappresentata dai rotabili storici e infine la parte rappresentata dall’iniziativa ‘Binari senza tempo’, dove ci occupiamo di analizzare, studiare e recuperare le tratte e le stazioni antiche".
Quelle linee che vennero chiuse perché definite ‘rami secchi’? "Che noi puntiamo a far tornare ‘rami verdi’. Si tratta di linee che attraversano zone dal valore paesaggistico immenso, lontane dalle grandi linee di comunicazione e dalle principali città e che proprio per questo sono in grado di ricreare un’economia diffusa".
Il PNRR, in questo senso, è stato fondamentale. "Una svolta storica. Siamo riusciti a ottenere 435 milioni di euro del ministero della Cultura su fondi del Piano nazionale complementare al PNRR".
Le ferrovie recuperate come vettore di un turismo sostenibile? "Senza ombra di dubbio. Grazie ai treni storici e ai convogli turistici che percorrono le nostre linee siamo in grado di promuovere nelle aree interne un turismo alternativo, ecologico. Che va nella direzione opposta al fenomeno dell’overtourism".
Quanti chilometri di linee dismesse siete riusciti a riaprire in questi anni? "Oltre mille. E stiamo lavorando per riaprirne molti altri. A partire dalla Noto-Pachino: un sogno che diventa realtà. Nel 2026, salvo imprevisti, riusciremo a raggiungere in treno la stazione più a sud d’Europa, passando per l’oasi di Vendicari, dove stiamo costruendo una stazione perfettamente integrata nell’ambiente per consentire ai viaggiatori di fare il bagno in un tratto di mare straordinario".
Altri interventi che la rendono particolarmente orgoglioso? "Ce ne sarebbero decine: mi limito a ricordare, risalendo lo Stivale, la linea Alcantara-Randazzo, il recupero della stazione di Messina marittima, la Avellino-Rocchetta Sant’Antonio-Gioia del Colle, la Sulmona-Carpinone, il restauro della cabina scambi di Roma Termini col relativo bunker sotterraneo, la Asciano-Monte Antico, i Depositi officine rotabili storici di Pistoia e La Spezia, l’officina grandi riparazioni di Bologna che diventerà il ricovero del mitico ‘Settebello’. E, mi permetta, due progetti di cui vado molto fiero".
Ovvero? "Le stazioni di Rivisondoli e Monte Amiata saranno restaurate dalla Fondazione e diventeranno strutture da dare in gestione a operatori locali affinché diventino b&b di charme".
E il secondo? "A marzo avvieremo i test sulla linea Palazzolo-Paratico di carrozze panoramiche, sullo stile dei treni svizzeri, realizzate dalle nostre maestranze a partire da carri merci che dovevano essere rottamati. Più economia circolare di così…".