Roma, 13 febbraio 2023 - Con la direttiva sulla performance energetica degli edifici (Epbd), che ha superato giovedì 9 febbraio la prima tappa con il voto alla commissione industria del Parlamento europeo, si completa il quadro delle misure avviate dalla Commissione europea per superare la crisi energetica e attuare la transizione ecologica del Vecchio Continente. Il provvedimento, che ha l'obiettivo di tagliare gli sprechi energetici degli immobili europei a scopo residenziale e dovrebbe approdare al voto dell’Assemblea plenaria a marzo, chiede ai Paesi dell'Unione di riqualificare il proprio patrimonio edilizio per raggiungere la classe energetica E entro il 2030 e la D entro il 2033, con obiettivo finale di emissioni zero entro il 2050.
Un enorme cantiere
La direttiva è destinata a mettere in moto un enorme cantiere per la riqualificazione degli edifici europei, malgrado le resistenze del governo italiano, che si è schierato contro adducendo un'“eccezione” del patrimonio edilizio nazionale rispetto al resto del Vecchio Continente. Il problema è che l'Italia ha un parco residenziale particolarmente malandato e inefficiente, con una proprietà immobiliare molto frammentata, quindi poco disposta a investire nelle riqualificazioni. Il relatore della direttiva, l'irlandese Ciaran Cuffe, è intervenuto per rassicurare il governo Meloni: "Si è detto che Bruxelles dirà agli Stati membri cosa fare, ma nulla è più lontano dalla realtà", ha fatto notare, rilevando come in Italia si stenti a capire che l'Europa siamo noi. Il testo adottato, infatti, "lascia ampia flessibilità agli Stati per i loro Piani nazionali di ristrutturazione, che contribuiranno a creare lavoro e a mettere a disposizione dei cittadini europei case che consumano meno energia, migliorando la qualità della loro vita".
Edifici green
Il provvedimento punta a ottenere un taglio di circa il 25% dei consumi energetici degli edifici europei, che sono la principale fonte di emissioni nell'Ue (40%), e rientra nel più ampio pacchetto Fit for 55, la strategia per arrivare a un taglio delle emissioni complessive del 55% entro il 2030, poi ricalibrata con il piano RePowerEu alla luce della crisi energetica seguita all'aggressione di Putin all'Ucraina. Il grande cantiere aperto dalla Commissione di Ursula von der Leyen per vincere la guerra dell'energia parte dal presupposto che prima di tutto bisogna tagliare gli sprechi. E scaldare una casa che disperde calore è uno spreco.
Stop ai motori a combustione interna
Il piano della Commissione dettaglia le politiche europee in materia di clima, energia, uso del suolo e fiscalità, in modo da allinearle in vista di un azzeramento dell’impatto climatico dell'Unione nel 2050, come previsto dal Green Deal. Il secondo grande ambito del piano sono i trasporti, un settore fra i più energivori del continente. Tra le misure incluse nel pacchetto c'è lo stop al 2035 per la vendita in Europa di auto nuove con motore termico, benzina e diesel ma anche ibrido, Gpl e metano bi-fuel, che sono fra le principali cause di emissioni (29%). Bisogna specificare che si tratta di un divieto di vendita e non di circolazione, salvo i blocchi imposti dalle amministrazioni locali, soprattutto nelle grandi città, e che il divieto di vendita riguarderà solo i veicoli nuovi venduti dopo il 1° gennaio 2035 e non quelli usati, immatricolati entro il 31 dicembre 2034. Per raggiungere questo obiettivo, gli incentivi governativi per i veicoli a basse emissioni saranno consentiti fino al 2030. Il prezzo dei veicoli elettrici, secondo le stime, dovrebbe scendere costantemente in rapporto a quelli a combustione interna, fino a diventare competitivo nel 2027. Agli Stati membri sarà richiesto di aumentare la capacità di ricarica attraverso le colonnine, che dovranno essere diffuse e disponibili a intervalli regolari sulle principali direttrici: ogni 60 km per l’elettricità e ogni 150 km per l’idrogeno.
Fonti rinnovabili al posto delle fossili
Il terzo grande cantiere aperto dalla Commissione di Ursula von der Leyen è quello dell'energia. Su questo fronte s'inserisce anche la risposta dell'Europa al pacchetto da 370 miliardi di dollari di incentivi assegnato dall'amministrazione Biden alla transizione energetica americana con l'Inflation Reduction Act (Ira). Per aumentare la capacità produttiva europea di tecnologie verdi, la Commissione proporrà una nuova "legge sull’industria a zero emissioni" entro la metà di marzo. Von der Leyen ha dichiarato che "fisserà gli obiettivi di cui abbiamo bisogno fino al 2030, perché l’equazione è semplice: solo ciò che viene misurato viene fatto". La nuova legge "si concentrerà sulle tecnologie chiave per il passaggio al net-zero" e punterà ad "accelerare le autorizzazioni", "ridurre la burocrazia" e "incentivare i progetti multinazionali". Tra i settori che rientreranno nel campo di applicazione della nuova legge figurano "batterie, pale eoliche, pompe di calore, energia solare, elettrolizzatori".
Rinnovabili per il 45% entro il 2030
Nel piano RePowerEu, la Commissione ha previsto un incremento dell'obiettivo al 2030 per le energie rinnovabili dall'attuale 40% al 45%, portando così la capacità complessiva di produzione di energia rinnovabile a 1.236 gigawatt entro il 2030, dai 700 gigawatt attuali. La nuova Eu Solar Strategy, in particolare, punta all’ampia diffusione dei tetti fotovoltaici, che dovrebbero soddisfare almeno il 25% della domanda di elettricità di tutta l’Unione. La Commissione punta a introdurre l’obbligo di installare pannelli solari su tutti i nuovi edifici commerciali e pubblici con un’area superiore ai 250 metri quadrati entro il 2026. Dall’anno successivo l’obbligo dovrebbe scattare anche per gli edifici già esistenti. Tutti i nuovi edifici residenziali, invece, dovranno avere i tetti solari a partire dal 2029.
Finanziamenti e aiuti di Stato
Una prima discussione del piano europeo per l'industria verde è partita nella riunione dei capi di Stato e di governo dell’Ue in corso a Bruxelles venerdì 9 febbraio. Riguardo al finanziamento, che è stato un conflitto chiave nella preparazione dell’incontro, von der Leyen ha parlato di un Fondo comune a sostegno della transizione verde e digitale dell’industria europea e ha sottolineato le diverse opzioni che sono sul tavolo: "Vogliamo sfruttare le possibilità offerte da RePowerEu, InvestEu e dal Fondo per l’innovazione". Ma fin da subito sono emerse delle divisioni sulle modalità di finanziamento del fondo. Mentre il commissario europeo al Mercato interno Thierry Breton si è pubblicamente espresso a favore di emettere nuovo debito comune europeo, alcuni Stati membri, come la Germania e i Paesi Bassi, hanno fatto notare che ci sono ancora molti fondi inutilizzati del Recovery Fund. Berlino è invece a favore di un allentamento delle norme sugli aiuti di Stato, che consentirebbe agli Stati membri di sovvenzionare più facilmente le proprie imprese, ma alcuni Stati, come l'Italia, temono di restare indietro, perché le capacità di spesa fra i vari Paesi sono molto diverse. Alcuni hanno "tasche profonde" per sovvenzionare la loro industria, altri no.