Milano, 31 ottobre 2023 – Dall’orgoglio verso l’azienda e il prodotto finale realizzato, fino all’attenzione e al rispetto mostrati dai responsabili, passando per una maggior capacità di adattamento ai cambiamenti organizzativi e alle opportunità di innovazione e crescita professionale offerti. Sono tanti e diversi i fattori che contraddistinguono le eccellenze premiate nella “Best Workplaces for Blue Collar 2023”, la graduatoria pubblicata da Great Place to Work Italia – azienda leader nello studio e nell’analisi del clima aziendale – che per il secondo anno consecutivo ha puntato i riflettori sulle dieci migliori organizzazioni italiane in cui gli operai e gli addetti alla produzione sono più felici di lavorare.
Una graduatoria realizzata ascoltando il parere di oltre 8mila operai impiegati in 46 imprese italiane: l’89% delle organizzazioni analizzate appartiene al settore manufatturiero nelle sue diverse sfaccettature con il food & beverage maggiormente rappresentato (23%), seguito dal chimico (14%) e dalla produzione di macchinari e attrezzature (11%).
La classifica
Come conferma la classifica, il podio vede al primo posto La Marzocco Srl, azienda fiorentina che produce macchine per caffè espresso professionali, davanti all’Andriani SpA Società Benefit, impresa agroalimentare pugliese che si occupa della produzione di alimenti gluten free e all’Algeco SpA, multinazionale leader nel settore degli edifici modulari con sede in provincia di Terni. Completano la classifica Vimec Srl (macchinari e attrezzature), Gruppo Sapio (industria chimica), Sirmax Italia (prodotti in gomma e plastica), Master Srl (design industriale), Lati Industria Termoplastici Spa (fabbricazione di materie plastiche), ARD Raccanello (sostanze chimiche) e Cantiere del Pardo Spa (manifatturiero e produzione).
Il luogo di lavoro
Lente di ingrandimento alla mano, nelle dieci migliori organizzazioni italiane secondo i blue collar, in media, il 75% degli operai afferma di lavorare in un eccellente luogo di lavoro, un dato superiore di ben 23 punti percentuali (52%) rispetto agli altri ambienti analizzati. Ma non è finita qui. Uno dei principali indicatori alla base dello studio di ‘Great place to work’ è il ‘trust index’, cioè il valore medio delle risposte positive al questionario sul clima in azienda: qui i Best Workplaces for Blue Collar hanno mostrato, nel confronto con le altre aziende analizzate, una differenza di ben 17 punti percentuali (65% contro 48%).
Operai vs impiegati
Un altro dei criteri presi in esame per stilare la classifica riguarda lo scarto di ‘trust index’ tra operai e gli altri impiegati di una stessa impresa: nelle migliori 10 aziende del ‘Best Workplaces for Blue Collar’, la differenza di gradimento nell’ambiente lavorativo tra operai e chi lavora negli uffici è di soli 7 punti percentuali a favore degli impiegati (65% contro il 72%), mentre nelle altre aziende analizzate la differenza di percezione ed esperienza è di ben 18 punti percentuali di trust index (48% contro il 66%). Da ciò emerge chiaramente come una minore differenza di trattamento tra i due gruppi di lavoratori (operai e impiegati) si riflette positivamente anche sul clima aziendale nel suo complesso. Altro fattore centrale per la realizzazione dell’indagine è il senso di appartenenza, con il 75% degli operai delle prime 10 aziende che definisce la propria azienda un eccellente luogo di lavoro, percentuale superiore del +23% (52%) rispetto a quello delle altre imprese fuori dalla classifica.
Operai vs manager
Inoltre, i Blue Collar delle aziende Best percepiscono in modo significativamente maggiore (+13%), rispetto ai colleghi delle altre aziende oggetto di analisi, di avere opportunità di innovazione e miglioramento nella loro attività lavorativa (72% vs 59%). Infine, un altro aspetto interessante è legato alla percezione che i dipendenti hanno rispetto alla fiducia e alla credibilità del management: da quanto emerge, nei Best Workplaces for Blue Collar il 72% degli operai dichiara che i leader rappresentano appieno i valori aziendali, +15 punti rispetto agli operai delle altre aziende e i capi sono anche maggiormente propensi al dialogo (71% contro 53%, +18%).