Venerdì 8 Novembre 2024
ANDREA BONZI
Economia

Mes 'light' o Eurobond? Le differenze: pro e contro

Attivare il Fondo Salva-Stati garantirebbe un prestito da 36 miliardi subito, ma spendibili solo per le misure sanitarie e con vincoli ancora non del tutto definiti. Continua la contrarietà dei Paesi del Nord ai Coronabond

Giuseppe Conte e Angela Merkel (Ansa)

Giuseppe Conte e Angela Merkel (Ansa)

Roma, 16 aprile 2020 - Mes ‘light’ o Coronabond? Questo è il tema che sta tenendo banco sui tavoli delle cancellerie di Stato, in attesa del Consiglio europeo del 23 aprile prossimo, dove si deciderà la linea anti-Coronavirus da seguire nel Vecchio continente. E questo è il tema del dibattito anche in Italia il premier Conte e i 5 Stelle sono assolutamente contrari all’attivazione del Mes, in versione ‘leggera’ o meno, mentre il Pd, con una parte dell’opposizione (Forza Italia) è disposta a ragionarci, allentandone però i vincoli. Vediamo di capire meglio gli strumenti in campo.

Il Fondo Salva-Stati: cos'è il Mes

Con Mes (Meccanismo europeo di stabilità), detto anche Fondo Salva-Stati, è un’istituzione attiva dal luglio 2012 per assicurare assistenza finanziaria ai Paesi in difficoltà economica. Il fondo può dotarsi di una cifra utilizzabile pari a 400 miliardi circa (ogni membro lo finanzia in proporzione al proprio Pil), può acquistare titoli di Stato nelle nazioni dell’Eurozona sul mercato primario e secondario, può concludere intese o accordi finanziari anche con istituzioni finanziarie e istituti privati. Si tratta di un prestito e, in origine, le condizioni per l’accesso ai finanziamenti sono molto stringenti, e possono arrivare – nel caso il Paese non riesca a ripagare il debito – a controlli della spesa, obbligo di fare riforme, sanzioni, fino, di fatto, al commissariamento da parte della Troika. Questo, ad oggi, è l’unico strumento di questo tipo vigente. 

Il Mes ‘light’ e la Pandemic crisis support

L’accordo di cui si sta discutendo in Europa verte però su una versione depotenziata del Mes. Tecnicamente, cambia anche il nome: si parla di Pandemic crisis support, basato su una linea di credito preesistente europea Eccl. Il fondo così creato contiene al momento 240 miliardi per tutta l’Eurozona, che per l’Italia corrispondono a 36 miliardi (il 2% del Pil). L’Europa è disposta a prestare questa somma, 36 miliardi appunto, vincolata alla spesa sanitaria. In pratica, questo denaro può essere speso dal governo italiano solo per mascherine, guanti, respiratori, strutture ad hoc, personale, dispositivi medici, e misure di prevenzione al Covid-19. Il finanziamento sarebbe disponibile entro due settimane, si spiega dall’Ue, e il tasso e la scadenza – seppur ancora da definire compiutamente – sarebbero più vantaggiosi di quelli di mercato. Non sono previsti – questa la differenza principale con il Mes originale – vincoli particolari di bilancio né memorandum appositi da firmare. Ovviamente – va ricordato – si tratta sempre di un prestito: quindi, che siano 10 o 15 anni, lo Stato italiano dovrà restituire quella somma. A non convincere Conte e i 5 Stelle sono sia la dotazione ritenuta insufficiente per rispondere all’emergenza, sia il vincolo di destinazione della spesa, sia le incognite (ad oggi) sui paletti da rispettare per la restituzione non mancheranno. Chi, invece, è favorevole a non rifiutare questa soluzione, mette sul piatto la potenza di avere 36 miliardi subito e con poche condizioni. 

Coronabond ed Eurobond

Il premier insiste invece sui Coronabond, su cui i Paesi del Nord, in primis l’Olanda, hanno alzato il muro. Innanzitutto va detto che, al contrario del Mes (che è un’istituzione), i Coronabond sono uno strumento. Si tratta di titoli (una volta si parlava di Eurobond) garantiti da tutti i Paesi dell’Eurozona. L’idea è creare un meccanismo solidale di distribuzione dei debiti tra gli Stati europei, per il quale, quando un Paese chiede in prestito liquidità per finanziarsi, il debito viene suddiviso tra tutti gli Stati membri, mediante la creazione di obbligazioni del debito pubblico dei Paesi stessi. Come il tesoro italiano fa con bot e btp. Anche qui, al di là dell’indirizzo, le incognite sono tante. Ad esempio, bisognerebbe capire concretamente chi emette questi bond. Si parla genericamente di una ‘istituzione europea’, qualcuno ha individuato questo soggetto nella Banca europea per gli investimenti (Bei). Ma, appunto, sebbene se ne sia parlato in altre circostanze, lo strumento dell’Eurobond-Coronabond resta ancora poco definito. Di certo, la ‘garanzia comune’ a cui si fa riferimento spaventa i Paesi del Nord. 

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