
Alberto Nagel, 59 anni, amministratore delegato di Mediobanca
"I nostri soci scelgono per convenienza economica e non politica". Alberto Nagel risponde per l’ennesima volta picche all’Ops lanciata da Montepaschi (il cui azionista di maggioranza è il ministero dell’Economia) su Mediobanca, nonostante gli acquisti dei fondi continuino a far volare il titolo Mps a Piazza Affari. Gli investitori dunque, dopo un avvio timido, stanno sempre più metabolizzando il valore industriale di un matrimonio tra Siena e Piazzetta Cuccia. Tant’è che, solo nell’ultimo mese, Mps è salita del 22%, circostanza che le ha permesso di ridurre all’1,8% lo sconto dell’Ops rispetto ai corsi di Borsa di Mediobanca. Un rally che si trascina da diverse settimane, in concomitanza con il roadshow su varie piazze finanziarie europee e internazionali dell’ad Luigi Lovaglio.
Ma questo non è servito a far cambiare idea a Nagel, che ieri a Londra – a margine della Morgan Stanley European Financials Conference 2025 – ha ribadito che l’operazione avrebbe "un impatto negativo su utile e dividendo per azione di Mps", e di non vedere sinergie, "ma al contrario delle dis-sinergie", aggiungendo che "in questi due mesi abbiamo raccolto molti elementi di discussione, li abbiamo elaborati con i manager e soprattutto con i clienti della banca, che sono contenti di continuare a lavorare con noi".
Secondo l’ad di Mediobanca, la fusione non solo non creerebbe sinergie di funding, ma comporterebbe anche un elevato rischio di erosione dei ricavi nel private banking e nell’investment banking. Inoltre, Nagel ha evidenziato che gli obiettivi di riduzione dei costi proposti "sembrano troppo ambiziosi", data la mancanza di sovrapposizioni tra le reti e i sistemi It delle due banche, ricordando che il piano attuale di Mediobanca garantisce una crescita sostenibile, con un aumento del 4-5 per cento annuo dei ricavi e una distribuzione agli azionisti superiore ai 4 miliardi di euro.
A proposito di azionisti, il top manager ha sottolineato che quelli di Piazzetta Cuccia sono "per la maggior parte investitori istituzionali e qualche investitore privato: prenderanno le loro decisioni" sull’Ops lanciata da Siena "in base alla convenienza, non in base alla politica. Il fattore cruciale sarà quello di scegliere in quale azione investire, quali rischi prendere".
Infine, Nagel ha rilanciato sul futuro di Generali, di cui Mediobanca è primo azionista con il 13,1%: "Possiamo utilizzare l’eccesso di capitale o la quota di Generali per operazioni di Mergers & Acquisitions". In altre parole, se la scalata di Siena dovesse fallire, Mediobanca potrebbe ridurre la quota in Generali – che vale circa 7 miliardi – per crescere anche attraverso acquisizioni.