Roma, 30 agosto 2023 – La caccia ai risparmi è già partita. I ministeri dovranno comunicare entro il 10 settembre in che modo intendono tagliare i rispettivi bilanci. L’obiettivo minimo sono i 300 milioni già indicati nel Def che salgono a 1,5 miliardi nel prossimo triennio. E il buon esempio lo darà proprio il dicastero guidato da Giancarlo Giorgetti, quello dell’Economia, che da solo coprirà quasi il 50% del taglio. Ma anche così è solo una goccia rispetto ai 20 e passa miliardi che ancora mancano all’appello per far quadrare i conti della manovra 2024.
Non a caso, la premier Giorgia Meloni ha invitato tutti i colleghi di governo a fare di più. Molto di più: non una semplice operazione di maquillage dei bilanci ma una revisione accurata di tutti i capitoli di spesa, cancellando le misure che non rientrano nel perimetro di azione dell’attuale maggioranza. Certo, su un bilancio pubblico che supera i mille miliardi di euro, trovarne venti sembra una operazione semplice. Ma solo sulla carta.
Nel mirino dell’esecutivo c’è soprattutto la valanga di sconti fiscali che, solo negli ultimi sei anni, sono cresciuti del 40%, arrivando a quota 740, per un importo complessivo di 125 miliardi di euro. Circa una quarantina di miliardi sono di competenza di Comuni e Regioni. La restante parte, però (626 agevolazioni per 82 miliardi di euro), dipendono dalle amministrazioni centrali. Ed è qui che la commissione di esperti istituita dal viceministro, Maurizio Leo, intende affondare la lama per trovare almeno 4-5 miliardi di euro. L’idea che sta maturando nell’esecutivo è quello di effettuare un taglio "orizzontale" su tutti gli sconti, rivedendo le rispettive soglie di reddito.
Già oggi è previsto un décalage delle agevolazioni a partire da 120mila euro fino ad arrivare a un azzeramento completo a quota 240mila euro di reddito annuo. Si potrebbe ridurre la soglia partendo da 60 o almeno, 90mila euro. In questa maniera si otterrebbero risparmi senza toccare troppo le attuali norme. Sarebbero, in ogni caso, esclusi dal taglio le agevolazioni per i figli, la casa, la salute, l’istruzione, la previdenza complementare e gli interventi per ridurre il rischio sismico.
L’altra voce che al ministero dell’Economia hanno da tempo cerchiato in rosso è quella dei bonus edilizi, una partita che da sola vale circa 120 miliardi di euro. La gran parte (70 miliardi) è stata assorbita dal super-incentivo del 110%, altri 20 dal bonus facciate, la quota rimanente dalle agevolazioni per mobili, elettrodomestici, giardini e caldaie, solo per citare quelle più importanti. L’idea è quella di arrivare a un riordino generale di tutti gli incentivi destinati al settore, "in modo tale da combinare la spinta all’efficientamento energetico e antisismico degli immobili con la sostenibilità dei relativi oneri di finanza pubblica e l’equità distributiva".
Insomma , basta con le agevolazioni erga omnes e, invece, introduzione di soglie di reddito per ottenere gli sconti. Del resto, si fa notare da Palazzo Chigi, molti cittadini sono stati attualmente esclusi dai benefici per l’edilizia proprio perché "incapienti": non avevano guadagni sufficienti per poter compensare i crediti fiscali. Anche in questo caso la strada potrebbe essere quella dell’introduzione di soglie di reddito per l’erogazione dei bonus.
Rischiano di dover stringere la cinghia anche alcuni ministeri, come quello della Sanità, che ha ottenuto negli ultimi anni stanziamenti straordinari dovuti all’emergenza Covid. Ora che la pandemia si è azzerata, tutte le voci relative alle misure contro il virus potrebbero seguire la stessa sorte. Stesso discorso anche per il pubblico impiego. Il ministro Paolo Zangrillo ha già chiesto un incontro con Giorgetti per aprire il capitolo del rinnovo dei contratti. Servirebbero almeno 8 miliardi. Ma difficilmente si riuscirà ad andare oltre la metà. E i sindacati sono già sul piede di guerra.