Giovedì 26 Dicembre 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Il cantiere della manovra. Spunta l’ipotesi della stretta alle pensioni anticipate. Lega pronta alle barricate

Si valuta di allungare le finestre: uscite a 43 anni e 5 mesi per gli uomini, 42 anni e 5mesi per le donne. Il sottosegretario Durigon non ci sta e rilancia su Quota 41. Ma costerebbe almeno un miliardo l’anno

Intervento del ministro Giorgetti al Meeting 2024, Rimini, 23/08/2024

Intervento del ministro Giorgetti al Meeting 2024, Rimini, 23/08/2024

Roma, 26 agosto 2024 – A pochi giorni dal vertice dei leader di governo sulla manovra, si moltiplicano le soluzioni e le ipotesi sul tavolo che i tecnici di Via XX Settembre stanno mettendo a punto. E così è di ieri l’indiscrezione, fatta uscire da fonti beninformate, su una possibile nuova stretta sui pensionamenti anticipati: per lasciare il lavoro, a prescindere dall’età, si arriverebbe addirittura dover raggiungere i 43 anni e 4-5 mesi per gli uomini e i 42 anni e 4-5 mesi per le donne.

Un giro di vite sui requisiti che, però, viene bocciato a stretto giro dalla Lega. "Per noi non è una ipotesi da poter prendere in considerazione", avvisa Claudio Durigon, a nome del Carroccio e dello stesso segretario Matteo Salvini. Con l’obiettivo, semmai, di rilanciare sul loro cavallo di battaglia, quella Quota 41 che, però, costerebbe almeno un miliardo l’anno.

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Il cantiere della legge di Bilancio è entrato, dunque, in una fase più operativa e di avvicinamento finale alla definizione del testo che dovrà essere inviato innanzitutto a Bruxelles. I dossier aperti sono tecnici, ma soprattutto politici. E, del resto, non è un caso che il primo passaggio avvenga esattamente al vertice di maggioranza di venerdì: la premier Giorgia Meloni e i vicepremier Salvini e Antonio Tajani dovranno decidere in primo luogo l’impostazione dei capisaldi dell’operazione. Ma toccherà al ministro dell’Economia e alla nuova Ragioniera generale dello Stato, Daria Perrotta, indicare i paletti di un intervento da almeno 25 miliardi di euro che, quest’anno, dovrà soddisfare anche i vincoli del nuovo Patto di stabilità. Senza che si possa e si debba considerare come utilizzabili i 12-13 miliardi di maggiori entrate tributarie ottenute fino a oggi.

È possibile dire fin da ora che vi sono almeno quattro punti sui quali il governo si mostra unito e compatto: la conferma anche per il 2025 del taglio del cuneo e l’abbassamento della pressione fiscale attraverso la riforma dell’Irpef, con la sfida di estenderla anche ai redditi fino a 50-55mila euro. E nella lista delle priorità vengono indicate anche le agevolazioni per le madri lavoratrici e la maxi-deduzione per chi assume. Due misure che, però, non avrebbero dato i risultati attesi e che, per questo, potrebbero essere allargate. In questo contesto, un capitolo controverso e di non facile completamento è quello della previdenza.

Ai nastri di partenza Forza Italia punta sull’aumento delle pensioni minime, mentre la Lega insiste per Quota 41 (uscita con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età, ma con ricalcolo contributivo dell’assegno) al posto di Quota 103. Oltre che sulla previsione di una quota di Tfr obbligatorio da destinare alla previdenza complementare. Sul tappeto anche l’idea di prevedere nel 2025 incentivi a chi resta al lavoro. Ma che la partita sia solo ai preliminari lo dimostra l’ultima ipotesi uscita ieri. In particolare, si starebbe esaminando la possibilità di introdurre un allungamento delle finestre (il tempo d’attesa tra la maturazione del diritto alla pensione e il momento in cui si può effettivamente riscuotere l’assegno) per l’accesso alla pensione anticipata solo sulla base dei contributi e indipendentemente dall’età. Oggi vi si accede con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) e la finestra mobile è di tre mesi: l’ipotesi, per l’anno prossimo, è di allungarla a 6-7 mesi. Con il risultato che l’uscita dal lavoro scatterebbe dopo 43 anni e 4 mesi (42 anni e 4 mesi per le donne), o addirittura 43 anni e 5 mesi in caso di allungamento a 7 mesi. Si ripristinerebbe così l’equilibrio con il canale di Quota 103 (62 anni d’età e 41 contributi) diventato non solo più difficilmente raggiungibile con l’allungamento delle finestre (portate da 3 a 7 mesi per il privato e da 6 a 9 per il pubblico) ma anche meno conveniente con l’imposizione ricalcolo contributivo.

Sembra invece remota, ma non esclusa del tutto, l’ipotesi di introdurre anche per le pensioni anticipate con 42 anni e 10 mesi il metodo di ricalcolo contributivo: consentirebbe un consistente risparmio, ma appare difficilmente digeribile dall’attuale maggioranza oltre che dai sindacati.