Roma, 26 novembre 2024 – È durata appena 24 ore la tregua nella maggioranza sulla manovra economica. Neanche il tempo di regolare le posizioni, che la Lega è tornata ad alzare il tiro sulle misure da inserire nella legge di Bilancio facendo sapere di non essere affatto intenzionata a cedere sulla riduzione del canone Rai. Tanto che il testo del decreto fiscale torna a Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia è costretto a rifare i conti. Mentre, sull’altro fronte, Forza Italia insiste sulla riduzione dell’aliquota intermedia dell’Irpef dal 35 al 33%. Così tocca alla premier fare gli straordinari, durante il Consiglio dei ministri, per ricucire le divisioni e trovare un compromesso. Intanto, sempre sul fronte delle tasse, si apre un nuovo scontro fra il Mef e l’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Pomo della discordia, i tagli effettivi previsti per il ceto medio.
Canone Rai
Il decreto fiscale collegato alla manovra si incaglia a Palazzo Madama e torna sul tavolo di Palazzo Chigi. Ad aprire le ostilità sono i senatori di Forza Italia che puntano i piedi sul taglio del canone Rai da 90 a 70 euro: non rientra nei programmi del governo. Insomma, tutto da rifare. Mentre le opposizioni protestano: “Sulla Rai la maggioranza appare completamente divisa: da una parte c’è chi vuole occuparla (FdI), dall’altra chi desidera affossarla (Lega), mentre Forza Italia sembra preoccupata solo di non perdere spazi pubblicitari”, dicono i componenti in quota Partito democratico della commissione di vigilanza sulla Rai.
Taglio dell’Irpef
Altro terreno di scontro, quello delle tasse. Forza Italia insiste sulla riduzione dell’aliquota intermedia dell’Irpef dal 35 al 33%, magari portandola fino ai 60mila euro di reddito (10mila in più rispetto allo scaglione attuale). Ma tutto dipenderà dalle risorse a disposizione: la misura, che costa fra i 2,5 e i 4 miliardi, avrebbe dovuto essere finanziata dal gettito del concordato biennale preventivo. Un’operazione che, però, non ha rispettato le attese: il gettito si è fermato a quota 1,3 miliardi. I conti definitivi si sapranno il 12 dicembre, ultima data utile per aderire alla “tregua fiscale”. Ma l’obiettivo resta lontano.
Scontro sulle tasse
Ma non basta. A infiammare il fronte fiscale anche l’ennesima querelle fra l’Ufficio Parlamentare di Bilancio e il ministero dell’Economia. Al centro della contesa, i reali effetti della manovra economica sulle imposte che gravano sul ceto medio. Per gli esperti dell’organismo parlamentare, la combinazione fra l’aumento delle detrazioni e la rimodulazione delle aliquote porterà, di fatto, ad un peso delle imposte fino al 56%. Netta la replica del ministero dell’Economia: “Il combinato effetto del taglio del cuneo, detrazioni e tagli fiscali contenuti nella manovra economica 2025 porta vantaggi economici incontrovertibili su tutti i redditi fino a 40mila euro. Il prelievo fiscale per i lavoratori dipendenti che ricadono in questo intervallo di reddito diminuirà grazie agli interventi previsti.
L’aliquota media Irpef che grava sui redditi pari a 32 mila, 35 mila e 40 mila euro “diminuirà per effetto sia della detrazione aggiuntiva prevista nel ddl Bilancio sia della riduzione della seconda aliquota Irpef dal 25% al 23%”. Il voto In attesa di sciogliere la matassa del decreto fiscale, il via alle votazioni in Commissione Bilancio sui 600 emendamenti segnalati dalle forze politiche comincerà il 9 dicembre. Nel corso dell’esame verranno valutate le priorità indicate dai partiti passando così di fatto a un’ulteriore segnalazione delle proposte di modifica da mettere in votazione per restringere a circa 300 il numero delle proposte di modifiche che saranno sottoposte al voto.