Roma, 4 novembre 2024 – I conti per la Sanità non tornano. Analizzando la Manovra 2025 mancano 19 miliardi rispetto alle misure previste da oggi fino al 2030, mentre nel 2027 il finanziamento pubblico scende sotto il 6% del Pil, segnando il minimo storico. Ma non è tutto. L’incremento annuo del Fondo Sanitario resta sotto il 2,6% raccomandato dall’Ocse. Sono le principali criticità emerse dall’audizione della Fondazione Gimbe presso le Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato. Critico il presidente Nino Cartabellotta, che ha invitato a non utilizzare la sanità come terreno di scontro politico ed ha avanzato proposte concrete per il rifinanziamento del Fondo Sanitario Nazionale.
Cartabellotta: “Risorse insufficienti nella Manovra 2025”
Cartabellotta non usa mezze misure: “Le modalità con cui vengono presentati gli importi sono fuorvianti: vengono riportati solo gli incrementi cumulativi del Fondo Sanitario Nazionale, anziché le risorse aggiunte annualmente, con la relativa rideterminazione del FSN”. Secondo Cartabellotta “il disegno di Legge sulla Manovra 2025 è molto lontano dalle necessità della sanità pubblica: le risorse stanziate non bastano a risollevare un Servizio Sanitario Nazionale in grave affanno, sono ampiamente insufficienti per finanziare tutte le misure previste dalla manovra e mancano all’appello priorità rilevanti per la tenuta della sanità pubblica”.
In particolare la Fondazione evidenzia come la crescita del Fondo Sanitario Nazionale sia nettamente insufficiente rispetto alle difficoltà della sanità pubblica di garantire in maniera equa il diritto alla tutela della salute. “L’incremento di 2,5 miliardi di euro per il 2025, che porta ‘in dote’ 1,2 miliardi dalla Manovra 2024 – spiega Cartabellotta – aumenta il Fondo Sanitario Nazionale a 136,5 miliardi, di fatto solo dell’1% rispetto a quanto già fissato nel 2024”. E negli anni successivi, tranne che per il 2026 (+3%), gli incrementi percentuali sono minimi: +0,4% nel 2027, +0,6% nel 2028, +0,7% nel 2029 e +0,8% nel 2030.
Fondo Sanitario Nazionale in calo costante
“Emerge chiaramente la riduzione degli investimenti per la sanità rispetto alla ricchezza prodotta dal Paese – commenta Cartabellotta –, segno che il rafforzamento del Servizio sanitario nazionale e la tutela della salute non sono una priorità nemmeno per l’attuale Governo”. Infatti, in termini di percentuale di Pil, il Fondo Sanitario Nazionale scende dal 6,12% del 2024 al 6,05% nel 2025 e 2026, per poi precipitare al 5,9% nel 2027, al 5,8% nel 2028 e al 5,7% nel 2029. Un trend che, come osserva il presidente della Fondazione, “riflette il continuo disinvestimento dalla sanità pubblica, avviato nel 2012 e perpetrato da tutti i Governi. L’aumento progressivo del Fondo Sanitario Nazionale in valore assoluto, sempre più sbandierato come un grande traguardo, è in realtà una mera illusione. E con la Manovra 2025 si scende addirittura sotto la soglia psicologica del 6%, toccando il minimo storico”. Passando all’analisi delle misure previste dall’art. 47 della Manovra 2025, la Fondazione sottolinea il netto divario con le risorse stanziate. Nel periodo 2025-2030, il costo complessivo delle misure ammonta a 21.365 milioni, a cui vanno aggiunti i rinnovi contrattuali del personale sanitario, non riportati dal testo della Manovra. Costi che la Fondazione Gimbe ha stimato in 7.649 milioni: 3.618 milioni per il triennio 2025-2027 e 4.031 milioni per il 2028-2030. “Calcolatrice alla mano – osserva Cartabellotta – le misure previste dalla Manovra per il periodo 2025-2030 hanno un impatto complessivo di oltre 29 miliardi, mentre le risorse stanziate ammontano a circa 10,2 miliardi. Con un divario che sfiora i 19 miliardi e un SSN già in grave affanno, è ovvio che anche le Regioni più virtuose faticheranno a implementare le misure disposte dalla Manovra e dovranno tagliare i servizi o aumentare le imposte regionali”.
“Priorità cruciali escluse dalla Manovra”
Dalla Manovra 2025, secondo Cartabellotta, restano escluse priorità cruciali per la tenuta del Servizio Sanitario nazionale come il piano straordinario di assunzione medici e infermieri, l’abolizione del tetto di spesa per il personale e risorse adeguate per restituire attrattività al SSN, visto che le indennità di specificità sono solo briciole. Mancano inoltre risorse per ridurre/abolire il payback sui dispositivi medici e per gestire il continuo sforamento del tetto di spesa della farmaceutica diretta, che pesa sempre di più sull’industria del farmaco. Infine, anche i ‘nuovi’ Lea per le prestazioni specialistiche e protesiche, attesi da 8 anni, rischiano di slittare oltre il 1° gennaio 2025, per l’esiguità delle risorse stanziate.
Secondo il report Ocse sulla sostenibilità fiscale dei servizi sanitari, pubblicato nel gennaio 2024, la spesa sanitaria crescerà “fisiologicamente” in media del 2,6% annuo fino al 2040, spinta dal costo crescente di farmaci e tecnologie sanitarie, invecchiamento della popolazione e inflazione. “Purtroppo – ha spiegato Cartabellotta – gli incrementi previsti dalla Manovra 2025, ben al di sotto di questa soglia, non saranno sufficienti a mantenere il passo, lasciando il nostro SSN sempre più indietro”. Con il finanziamento assegnato dalla Legge di Bilancio 2025, infatti, dal 2026 ci allontaneremo dal tasso di crescita del 2,6% annuo, accumulando un gap di circa 12 miliardi nel 2030.
La "ricetta” di Gimbe
Cartabellotta ritiene “indispensabile avviare un rifinanziamento progressivo accompagnato da coraggiose riforme di sistema” per rilanciare il Servizio sanitario nazionale. Perché aggiungere fondi senza riforme riduce il valore della spesa sanitaria, mentre fare riforme “senza maggiori oneri per la finanza pubblica” crea solo “scatole vuote”. La Fondazione GIMBE ha presentato quindi proposte concrete per rifinanziare il SSN: innanzitutto, aumentare le risorse per la sanità, riallocandole da altri capitoli di spesa pubblica o introducendo tasse di scopo, in particolare su prodotti che danneggiano la salute (sigarette, alcol, gioco d’azzardo, prodotti zuccherati). In secondo luogo, rivalutare i confini tra spesa pubblica e spesa privata: previo aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (le prestazioni che il SSN è tenuto a fornire a tutti gratuitamente o con il pagamento di ticket), attuare una “sana riforma” della sanità integrativa che permetta di coprire i bisogni di salute aumentando la spesa intermediata e riducendo quella pagata di tasca dai cittadini (out-of-pocket); rivedere le compartecipazioni alla spesa sanitaria; incentivare le partnership pubblico-privato. Infine, attuare un piano nazionale che consenta di evitare sprechi e inefficienze per aumentare il valore della spesa sanitaria.