Domenica 17 Novembre 2024

"Un modello iniquo che va cambiato"

Il presidente della Fondazione Simone Cesaretti, Gian Paolo Cesaretti, interviene su sostenibilità e innovazione nella filiera agroalimentare, sottolineando la necessità di un cambiamento del modello di sviluppo attuale per una società più equa e responsabile.

LA SOCIETÀ ATTUALE è giusta? Parte da questa domanda l’intervento di Gian Paolo Cesaretti, presidente della Fondazione Simone Cesaretti, coordinatore del Gruppo di Lavoro Asvis per il Goal 2 di Agenda 2030, accademico ordinario dell’Accademia dei Georgofili. L’economista è uno dei relatori ospiti di Qn Distretti, iniziativa del nostro giornale dedicata ai protagonisti delle filiere produttive. L’appuntamento, previsto il 22 novembre, intende approfondire il tema de ’L’eccellenza agroalimentare a Milano: sviluppo e innovazione nel mercato alimentare di Foody’ e sarà, infatti, ospitato al Foody Business Center.

"La sostenibilità è la capacità di rispondere ai bisogni emergenti della società. Un modello di sviluppo può dirsi sostenibile se risponde ai bisogni delle persone", dice Cesaretti. Per l’economista, che interverrà proprio su ’Sostenibilità e innovazione nella filiera agroalimentare’, "tutti desideriamo una società più attenta al benessere, ognuno desidererebbe superare la disuguaglianza. Di fronte alla domanda “la società è diseguale?“, credo che tutti risponderebbero affermativamente. Vorremmo tutti una società più responsabile sulla diversità, ma anche più attenta alle future generazioni". Perché si realizzino questi desideri, però, "occorre comprendere che il modello di sviluppo attuale è iniquo e quindi va cambiato". In che modo? "Sia gli individui, che i sistemi produttivi devono fare la loro parte. Quello agroalimentare dovrebbe rendere più accessibile il cibo, che dovrebbe essere di qualità per tutti, senza mettere a rischio il capitale territoriale nel luogo di produzione, cioè tenendo conto delle risorse, come acqua, aria, ma anche identità dei luoghi e relazioni sociali", dice Cesaretti. Per l’economista, infatti, "il ruolo degli agricoltori un tempo era fondamentale, deve tornare a essere centrale. L’innovazione da questo punto di vista deve essere tecnologica, formativa, ma anche culturale e sociale". Per Cesaretti, infatti "a fronte di una globalizzazione dei mercati, non c’è stata una globalizzazione delle regole e dei diritti, ma siccome agire sul mondo è complesso, occorre agire sulle politiche territoriali e quindi pretendere da chi ci governa interventi concreti sui territori. Solo così la corsa all’innovazione porterà ad un cambio di paradigma culturale e sociale, tenendo a mente la risorsa più importante, i giovani e il futuro".

Letizia Magnani