DA SENIGALLIA AL MONDO. Namirial è un’azienda multinazionale, nata in Italia, che fornisce soluzioni software e servizi fiduciari digitali, tra cui l’onboarding dei clienti, l’automazione dei contratti, l’orchestrazione dei flussi di firma, l’identificazione, l’autenticazione a più fattori, la firma elettronica. La fatturazione elettronica, la gestione documentale e la conservazione sostitutiva, il recapito certificato qualificato, ma anche l’identità digitale Spid e la posta elettronica certificata (Pec) che sono le altre componenti del Dna. Nata nel 2000, Namirial ha oggi sedi anche in Austria, Francia, Germania, Spagna, Romania e in diversi paesi del Sud America. Opera principalmente in Italia, Europa, Latam e Asia, ma vanta una presenza a livello globale. Lo scorso anno hanno comprato anche Unimatica di Bologna, arrivando così a un fatturato che nel 2023 ha toccato i 140 milioni. Dal 2020 il ruolo di amministratore delegato è nelle mani di Max Pellegrini (nella foto): "Aiutiamo le aziende nella loro trasformazione digitale. Il processo, tipicamente su carta, noi lo digitalizziamo, certificando le transazioni".
Pellegrini, il 2024 si è concluso. Per voi che anno è stato?
"Di crescita significativa, soprattutto a livello internazionale. Lavoriamo con aziende che operano nei mercati regolamentati, come banche, assicurazioni, governi, pubblica amministrazione, utilities, aziende di telecomunicazioni, e in Italia anche con il mondo dei professionisti. Tutti soggetti che richiedono la certificazione delle transazioni. Noi li aiutiamo a digitalizzare queste transazioni, rendendoli efficienti, con valori giuridici e legali certi. Abbiamo sedi in 30 paesi nel mondo e distribuzione in 85, attraverso un network di partner. Siamo in un mercato favorevole: cresciamo del 15%, anno su anno. E l’Italia, che spesso viene accusata di essere meno tecnologizzata, in questi servizi è un paese all’avanguardia a livello europeo. Basti dire che siamo stati il primo Paese a legiferare sulla firma digitale, ma anche a rendere la fatturazione elettronica obbligatoria, nel 2019, un traino importante nella digitalizzazione. Inoltre, c’è stato un grande successo della Pec, con l’Italia che l’ha resa obbligatoria per iscriversi alla Camera di Commercio per le aziende o per i professionisti a un albo".
E riguardo Spid invece? Insieme ad altre poche realtà nazionali, siete uno dei gestori di identità digitale abilitati da AgID (Agenzia per l’Italia Digitale).
"Oggi vediamo come Spid - Sistema pubblico di identità digitale - è un successo italiano a livello europeo. Ci sono altri paesi virtuosi, come il Belgio o alcuni nordici, ma in Germania, Francia e Spagna non c’è nulla di paragonabile. Poste, per quote di mercato, è il gestore più grande. Poi ci siamo noi. L’Italia per noi è importante, è stato un motore fondamentale che ci ha permesso poi di espanderci: in Germania in maniera organica, aprendo uffici e partendo da zero, ma anche facendo acquisizioni come in Francia, in Spagna e in Sud America. In Italia abbiamo una grossa fetta di fatturato, essendo un mercato consolidato. All’estero invece cresciamo maggiormente, con tassi importanti ma con un business più limitato".
Identità digitale Spid, firma digitale e Pec sono i vostri settori principali dove avete maggiori clienti?
"Non esistono quote di mercato vere e proprie in un settore così ampio. Ad esempio, per quanto riguarda lo Spid ci sono 38 milioni di identità digitali, noi ne gestiamo 3 milioni. Riguardo la Pec rientriamo tra i primi tre operatori di mercato. Per l’onboarding digitale nel 2023 abbiamo fatto più di 20 milioni, riguardo la firma digitale abbiamo emesso 10 milioni di certificati, con 700mila postazioni di firma grafometrica sparse in giro per l’Europa. Nel cloud, nel 2023, abbiamo registrato quasi un miliardo di firme, come quelle che vengono fatte in banca. In Europa, come noi, ci sono 250 aziende, ma con fatturati piccoli e operatività interna, nel proprio Paese. Ecco perché noi stiamo diventando sempre più continentali".
Siete nati a Senigallia, in provincia di Ancona, e ora siete a livello globale. Ma l’head quarter rimane nelle Marche. Cosa rappresenta per voi questa sede?
"Siamo molto orgogliosi delle origini marchigiane. Io sono arrivato nel 2020, come amministratore delegato, dopo 15 anni negli Stati Uniti. Subito sono rimasto affascinato dallo spirito imprenditoriale marchigiano. Senigallia è una città storicamente a caratura digitale e tecnologica. Inoltre, il rapporto con le università è fondamentale. Siamo baricentrici, viste le vicinanze con il Politecnico delle Marche di Ancona, Urbino, Macerata, tutti bacini da cui attingere talenti per costruirci squadre di successo".
Nel 2022 siete entrati a far parte di Potential - Pilots for European Digital Identity Wallet Consortium, uno dei quattro consorzi europei impegnati a sviluppare e testare l’uso del portafoglio europeo di identità digitale voluto dalla Commissione europea. Come va?
"Siamo nella fase degli atti implementativi. Si tratta di una identità digitale da dare ai cittadini con informazioni personali, ovvero la carta d’identità elettronica, e alcuni attributi in più. Qualificati, come la patente, il certificato elettorale, la tessera sanitaria, ovvero attributi che definiscono chi sei. Ci saranno quindi possibilità di scambiarsi informazioni tra paesi. Si tratterebbe di un cambio di paradigma della gestione dell’identità. L’obiettivo delle Commissione europea è avere, entro il 2030, l’80% dei cittadini con un portafoglio europeo di identità digitale. Tutti dovranno comunicare tra di loro. I primi wallet si vedranno da fine 2026, con un impatto vero di mercato nel 2027".