"LE MIE ESPERIENZE da donna al vertice mi hanno insegnato che devi sempre dover dimostrare il tuo valore, ma che puoi farcela e arrivare. Se molte donne non ci riescono è anche a causa di fattori culturali che la nostra società deve ancora conquistare". Emma Marcegaglia, col fratello Antonio alla guida dell’azienda di famiglia, prima donna lo è stata molte volte: in Confindustria, come presidente, all’Eni, con la stessa carica, e poi in BusinessEurope, prima donna a ricoprire un incarico di vertice e prima italiana dai tempi di Guido Carli. Ma al lavoro affianca da anni l’impegno nella Fondazione creata dai genitori, Palmira e Steno Marcegaglia. "Sono stata fortunata – dice – e credo sia bene restituire qualcosa a chi nella vita lo è stato meno".
Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Il vostro Gruppo è attivo da anni nel sostenerle attraverso progetti di formazione, lotta alla povertà e alla violenza domestica. Cosa le ha insegnato quest’esperienza?
"Fin dall’inizio l’idea è stata di concentrarci su progetti specifici e con un approccio imprenditoriale. La violenza sulle donne si combatte anche con iniziative di formazione, per l’inserimento nel mondo del lavoro, per la promozione dello studio delle discipline Stem. Lavoriamo molto anche in Africa, in sinergia con altre imprese. E lì insegnare un lavoro è fondamentale".
Le donne scontano ancora diversi gap rispetto agli uomini: dalla retribuzione inferiore alle difficoltà di fare carriera. Siamo così tanto indietro in Italia?
"Lo siamo nel tasso di occupazione femminile, 10 punti dietro la media europea. E poi sul gap che c’è ancora nelle famiglie, dove tocca quasi sempre alle donne occuparsi dei figli e degli anziani. È un lavoro, e non è pagato. Detto questo, qualcosa è stato fatto. Il Pnrr ha previsto fondi da stanziare per gli asili, ci sono i congedi parentali, il sostegno alle donne che fanno figli".
Parlava di un tema culturale.
"Per esempio, le ragazze studiano poco le materie Stem e finiscono spesso per svolgere lavori meno retribuiti. Però, ripeto, in Italia qualche passo avanti è stato fatto".
Cosa si può fare per migliorare la situazione?
"C’è sicuramente un tema di policy, ma anche le aziende devono assumere più donne riequilibrando i rapporti interni e dando loro più chance per le figure apicali".
Lei è stata tante volte “prima donna”, rivestendo molti incarichi di prestigio per la prima volta: quale è stata la sua esperienza di donna al vertice?
"La mia famiglia mi ha educato alla parità. Fin da bambina ho avuto le stesse opportunità di mio fratello. Fuori dall’azienda ho imparato che a volte devi difenderti, altre attaccare. Ma ho sempre avuto fiducia nelle mie possibilità".
Consigli?
"Le donne sono a volte poco avvezze a gestire il potere, devono imparare a costruirsi una leadership. Se ci riescono gli altri te lo riconoscono".
Gli Usa non hanno scelto una donna come presidente: cosa significa l’elezione di Donald Trump per noi europei?
"La prima caratteristica di Trump è l’imprevedibilità, vedremo che farà. Detto questo, abbiamo il tema dazi, che è una sfida per l’Europa e per l’Italia. Poi il tema della difesa, che richiederà maggiori investimenti e infine dobbiamo capire cosa succederà con la transizione energetica. La cosa certa è che l’Ue dovrà agire, il più compatta possibile".
Parliamo di politica industriale: cosa dovrebbe fare l’Europa?
"I rapporti di Draghi e di Letta sono un ottimo punto di partenza. C’è una perdita di competitività enorme rispetto agli Usa. Siamo indietro in ricerca, innovazione, digitale, intelligenza artificiale. E poi c’è il tema del costo dell’energia. E ripeto, c’è la necessità che la Ue si muova compatta: servirebbero un prezzo unico dell’energia, una difesa europea e un debito comune. Peccato che invece l’Ue sia spaccata. Ci vorrebbe una scossa, chissà che non sia proprio Trump a darla".
Lei quest’anno è stata presidente del B7: che bilancio traccia di questa attività?
"Molto positivo; ha funzionato la formula di discutere tutti i dossier con i ministri competenti. È emerso con chiarezza che per risolvere i problemi serve maggiore sinergia fra chi governa e chi fa impresa".
L’anno scorso avete lanciato un nuovo prodotto, Cromatica, realizzato nel sito di Ravenna. Perché questo salto nel design?
"Nel Gruppo facciamo innovazione da sempre. Cromatica è nata con questo spirito, per creare un prodotto “bello” che si aprisse anche a mercati diversi da quelli tradizionalmente riservati all’acciaio. Il design, certo, ma anche l’arredamento e l’arredo urbano. L’arma più potente in mano a un imprenditore è la capacità di innovare".
Avete rilevato il sito francese di Fos-sur-Mer: che progetti avete in cantiere?
"Nasciamo come trasformatori. Nel nuovo scenario economico, però, poter autoprodurre il 25-30% della materia prima può essere un vantaggio competitivo importante. In Francia investiremo 600 milioni di euro per essere in grado di autoprodurre 1,2 milioni di tonnellate di acciaio. Perché abbiamo investito lì? Perché oltreconfine i costi dell’energia elettrica e del rottame sono più bassi e perché c’è già un forno elettrico, che significa acciaio green, e possiamo così anche rafforzare i nostri stabilimenti italiani. Nel 2025 avvieremo il progetto con l’obiettivo di partire con la produzione nel 2028".