LA BIKE ECONOMY italiana ha una sua Silicon Valley, ed è nel Nord Est. Tra Padova, Venezia, Vicenza e Treviso ha sede oltre il 50% delle aziende del comparto; dei top player principali a livello tricolore, 11 sono veneti. E nella produzione di biciclette c’è un’unica impresa che tiene alta la bandiera dell’italianità non solo nella gestione societaria – tutto fa capo alla stessa famiglia, i Gastaldello, da tre generazioni – ma soprattutto nello spirito, nell’anima, in un mix tra artigianalità e innovazione, cura estetica e dettaglio tecnologico che sostanzia il genius loci: Wilier Triestina, quartier generale a Rossano Veneto, fatturato consolidato di 70 milioni euro, 80 se si considerano le due società satellite, la Miche di San Vendemiano che produce componentistica e ruote, e la taiwanese Youn Live Bike, che assembla le bici Wilier per i mercati extraeuropei. Pensare che appena quattro anni fa il fatturato era fermo a poco più della metà, 45 milioni di euro. "Poi siamo andati in crescita costante. E oggi l’azienda che sta facendo meglio del mercato", spiega Andrea Gastaldello, presidente esecutivo di Wilier.
Presidente, qual è il momento del mercato?
"Critico, perché dopo un triennio - tra 2020 e 2022 - di forte crescita, dal 2023 sono arrivati i primi segnali di crisi del settore per i numeri troppo alti venduti prima, e il 2024 è stato l’anno peggiore per i volumi, con un -20% medio. Noi facciamo eccezione, con un fatturato quasi al livello del 2023: stiamo “sovraperformando“ rispetto al mercato".
Quale segmento di mercato vi sta dando più soddisfazioni?
"Abbiamo anche bici con pedalata assistita, però restiamo proiettati sulle bici muscolari per la performance sportiva. A cercare i nostri prodotti è chi vuole mettersi alla prova e fare sport ad alto livello, per il benessere fisico e con spirito competitivo, anche da amatore. La fascia di prodotti dove c’è piu richiesta è tra 5mila e 15mila euro".
E la fascia di prezzo da 2mila a 5mila euro?
"Quella è la fascia più condizionata da extrasconti sul mercato dovuti ai magazzini elevati di alcuni operatori: chi fa numeri importanti sulla fascia medio-bassa, pur di alleggerirsi della produzione in magazzino, fa marginalità nulle o opera in perdita. Per noi competere con loro è impossibile, ci snaturerebbe. Noi ci concentriamo sull’eccellenza".
Le prospettive di mercato sul 2025?
"Consolidare i numeri attuali, prevediamo ancora un anno di stabilizzazione, mentre altri operatori saranno alle prese con una ulteriore riduzione degli “overstock“. Così prevediamo di tornare alla crescita dal 2026 sia nei mercati dove siamo già in buona posizione sia su quelli dove stiamo investendo, in Asia e in America, dove stiamo vagliando ipotesi su strategie future ma non abbiamo ancora deciso la traiettoria. Intanto in Asia abbiamo creato un hub logistico che serva da “polmone“ per tutti i Paesi dell’area circostante, dalla Cina al Giappone. Confidiamo che in Cina il segmento alto di gamma del prodotto bici abbia forte sviluppo, ci sono già i segnali che il consumatore altospendente va alla ricerca del brand affermato collegato a squadre World tour: il nostro identikit".
Sul fronte sportivo, fino alla scorsa stagione avete addirittura sostenuto due squadre World Tour, caso unico per un’azienda italiana.
"Per la prossima stagione manteniamo la partnership con Groupama-Fdj e rinforziamo la squadra in montain bike per farla diventare tra le migliori 5 al mondo. Vogliamo con Fdj un feeling più efficente possibile, per creare e promuovere prodotti nuovi di eccellenza".
La quotazione in Borsa è un obiettivo?
"Sul breve-medio termine miriamo a crescere la nostra presenza sul mercato con la compagine azionaria attuale, oltre i 5 anni si possono determinare più ipotesi che solo dopo il primo step - aumento di quote sul mercato - potranno verificarsi. Il nostro marchio viene percepito molto bene, vogliamo farlo crescere ancor di più con particolari finiture estetiche e verniciature speciali coerenti con il gusto estetico e l’italianità del prodotto. In giro per il mondo percepisco forte la passione degli stranieri per il made in Italy".
Ci racconti un aneddoto colto nella vita reale da un imprenditore che gira spesso all’estero come lei.
"Quando vengono buyer dall’estero, spesso ci ritagliamo del tempo assieme e li portiamo a pedalare con noi, così da condividere emozioni e fatica in sella, per approfondire il rapporto umano. Di recente è capitato con un gruppo di cinesi a cui abbiamo fatto fare un giro in bici nelle nostre terre. Di quelle 15 persone, solo 3 parlavano inglese, però gesticolando ci capivamo benissimo. La bici lega tutti. E alla fine erano entusiasti di aver pedalato fianco a fianco con noi e condiviso qualche ora di sport assieme a persone che per loro sono maestri nell’artigianato".
Quanto valgono per voi i mercati esteri?
"L’estero rappresenta ormai l’80% del fatturato del gruppo, presente in tutti i Paesi del mondo dove ci sono sport di competizione con la bici. I primi mercati esteri sono quelli tedesco e francese, poi Benelux, Spagna, Svizzera, Austria... L’Est Europa cresce, come la Scandinavia. Dell’Asia s’è detto, Wilier già può contare su una significativa presenza in Cina".
I motivi di questo successo internazionale?
"Siamo l’azienda italiana che offre le soluzioni migliori su tutta la gamma, non solo per le bici da corsa ma anche mountain bike, gravel e pedalata assistita. Garantiamo prodotti a tecnologia avanzata e di incomparabile cura estetica in tutti i segmenti, mentre le altre aziende della nostra fascia sono focalizzate chi sull’uno, chi sull’altro".
Manca un ultimo tassello, sportivo...
"La nostra aspirazione è di sponsorizzare un ciclista iconico al quale legarsi, per creare un binomio utile al nostro marchio all’estero. Attualmente non vediamo un giovane emergente che possa davvero competere con i fuoriclasse Pogacar, Evenepoel e Van der Poel. Speriamo che il movimento giovanile fornisca qualche nuovo campione, anche se a breve vediamo difficile che l’Italia possa esprimere un corridore forte, visto che in Italia non c’è una squadra World Tour".