Sabato 21 Dicembre 2024
REDAZIONE ECONOMIA

La Sardegna conquista la moda con gli scarti del sughero

La Sardegna conquista la moda con gli scarti del sughero

UN CONNUBIO perfetto tra economia circolare e moda, con un occhio di riguardo alla tradizione e alla sostenibilità. È il segreto del successo di Lèbiu, la startup sarda che trasforma gli scarti della lavorazione del sughero in un bio-materiale con proprietà simili alla pelle animale ma totalmente vegano, che trova applicazione in svariati settori, dal fashion all’interior, dal packaging all’automotive. Lèbiu, che in sardo significa leggerezza, è stata fondata nel 2020 da Fabio Molinas e Alessandro Sestini (nella foto in basso) a Calangianus, in una zona, la Gallura, dove si produce il 70% del sughero nazionale. "Lèbiu nasce da un progetto decennale di ricerca e sviluppo – spiega Molinas – Durante gli anni di università ho iniziato a studiare le proprietà dello scarto di sughero come componente per creare un’alternativa cruelty-free e sostenibile alle pelli tradizionali. Nel 2019, poi, il progetto viene selezionato dalla Commissione Europea per un programma di incentivi destinato alle Industrie Creative con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dell’industria tessile. Da qui e dall’incontro con Alessandro nasce Lèbiu, azienda incentrata sullo sviluppo e sulla produzione di materiali innovativi a base di biomasse dismesse e processi eco-friendly". L’idea è quella di unire tradizione, artigianato e innovazione, trasformando uno scarto di produzione in un nuovo prodotto: attraverso un processo di upcycling, una materia prima di seconda generazione – che non necessita di alcuna trasformazione né di trattamenti successivi per adattarlo alla produzione – viene impiegata per creare un materiale con prestazioni migliorate.

Nascono così i due prodotti Lèbiu: Corskin e Nanocork. Corskin è un materiale tecnico con un alto contenuto di particelle di sughero e resine plant-based provenienti da coltivazioni ogm-free e da campi non sottratti all’agricoltura per l’alimentazione, resistente alla corrosione grazie alle proprietà del sughero e dall’estetica che rimanda alla pelle animale, ma personalizzabile con diverse textures e finissaggi ad-hoc. Nanocork, invece, è un finissaggio naturale che può essere applicato direttamente sui capi, grazie a un processo di micronizzazione delle particelle di sughero e acqua, che permettono risparmi fino al 90% di acqua, prodotti chimici ed energia, per dare vita a un effetto naturalmente invecchiato, incrementando le prestazioni del capo in termini di isolamento termico e antistaticità.

"Secondo le nostre stime – continua Molinas – per ogni metro di pelle di sughero evitiamo 4,5 kg di Co2 in atmosfera. Grazie ai nostri componenti, che entrano nel ciclo naturale di assorbimento del carbonio e alla biomassa di seconda generazione carbon-neutral, presentiamo sul mercato alternative sostenibili e con eccelse caratteristiche estetiche conferite dall’unicità del sughero. I nostri tessuti sono realizzati in soluzione acquosa, solvent free e senza additivi dannosi per la salute e per l’ambiente: in questo modo otteniamo un bio-materiale totalmente vegano da risorse rinnovabili. Per tingere una maglietta, poi, generalmente si impiegano dai 60 ai 100 litri di acqua. Invece, con il finissaggio Nanocork per ogni chilo di vestiti occorre solamente un litro e mezzo d’acqua".

L’intero processo produttivo, per il quale Lèbiu ha depositato e detiene il brevetto, avviene in Italia: la raccolta degli scarti del sughero, la ricerca e lo sviluppo rimangono in Sardegna, mentre la fase di produzione è affidata ad aziende del Nord Italia, conosciute internazionalmente per il know how e la qualità dei prodotti alternativi alla pelle animale. "Con i nostri materiali – spiega Molinas – riusciamo ad arrivare al 75% di composto di origine bio, ma il nostro obiettivo è quello di produrre un Corskin 2.0, che sia l’evoluzione di quella attuale, per arrivare fino al 95% di materiale riciclato e rinnovabile. Inoltre stiamo studiando un materiale capace di pulire l’aria come una pianta. Il nostro è un business etico legato all’economia rurale. Raccogliamo materiali di scarto dagli artigiani locali e lavoriamo un prodotto che ha molteplici utilizzi: può rivestire un divano come una lampada o una scarpa. Il primo settore con cui ci siamo interfacciati è quello della moda: abbiamo parlato con cento brand e stiamo prototipando i nostri materiali di nuova generazione insieme a trenta aziende. Ma si stanno anche interessando le imprese del mondo del real estate, dell’arredo e dell’automotive. Abbiamo delle commesse anche da aziende statunitensi".

Insomma, c’è un mercato in forte crescita che richiede la biopelle. "Le più interessate – aggiunge Sestini – sono le grandi griffe che producono capi di abbigliamento e accessori in tutto il mondo e che hanno la necessità di un forte rinnovamento dei materiali utilizzati. Ciò è dovuto sia alle leggi internazionali sull’inquinamento, sempre più stringenti, sia alla consapevolezza sempre maggiore dell’utente finale, che soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni è molto sensibile al tema del cambiamento climatico".