DALLO SPETTRO della disoccupazione alla luce della rinascita. Cinque anni fa la loro azienda doveva essere delocalizzata in Armenia, lasciare l’Umbria e tutti a casa. Ma quei dipendenti hanno detto "no" e si sono ritrovati a investire su sé stessi e su quella che è diventata la loro azienda. Cinque anni dopo la storia di Ceramiche Noi è una di quelle da raccontare: lavoratori raddoppiati (dai 12 iniziali sono ora 24) e un nuovo capannone inaugurato qualche giorno fa. "Se riguardo indietro e penso al giorno quando mi comunicarono che avrei dovuto dire a tutti i dipendenti che l’azienda avrebbe delocalizzato in Armenia, mi viene da piangere. Adesso vedere quello che siamo riusciti a fare con le nostre forze è motivo d’orgoglio".
Un nuovo stabilimento fresco d’inaugurazione e la certezza che dopo aver superato la delocalizzazione, la pandemia e il forte rincaro dell’energia elettrica (che qui per spingere i forti di cottura non è uno scherzo), c’è poco da temere. Il presidente Marco Brozzi guida l’azienda Ceramiche Noi, impresa di ceramica luxury Made in Italy, che ha appena celebrato il quinto anniversario dalla sua fondazione (nella foto in alto, il team festeggia in occasione dell’evento) inaugurando la nuova sede con macchinari sostenibili. Eppure nel 2019 questi risultati sembravano impensabili. Di fronte all’annunciata chiusura i dipendenti (nella foto in basso un operaio al lavoro) hanno rilevato l’attività investendo i propri Tfr, Naspi e col sostegno finanziario dei fondi della cooperazione Coopfond e Cfi, hanno acquisito i macchinari e consentito il proseguo della produzione. Questa rinascita non solo ha salvato i posti di lavoro, ma ha creato un’impresa di riferimento nell’industria della ceramica artigianale di lusso, che esporta i suoi prodotti in tutto il mondo.
Ma dall’inizio non è stato facile: "Nel primo periodo siamo stati derisi e in parte umiliati. Il nostro slogan, che ci siamo tatuati sulla pelle perché credevamo profondamente in questo progetto ("Tutti per uno, un sogno per tutti") provocava ilarità intorno. Dove vogliono andare questi? Che pensano di fare? Fra due mesi saranno chiusi. Sono passati cinque anni. E siamo qui, tutti insieme. Il cinque è un simbolo antico, è il numero romano che rappresenta l’apertura di una mano: tutte le nostre mani assieme hanno creato questo sogno", racconta il responsabile marketing Lorenzo Giornelli che affianca Brozzi in questa impresa. Poi ci si è messa la pandemia, la guerra e il conseguente aumento vertiginoso dei costi. "Nel corso degli anni abbiamo superato varie crisi: prima la pandemia a soli 6 mesi dall’apertura e poi quella energetica che è stata la più dura perché noi usiamo un forno per le ceramiche che sta acceso 24 ore al giorno. Ma l’orgoglio umbro è stato più grande e ci ha permesso di superare anche queste difficoltà e andare avanti…".
Ad esempio: per superare l’aumento dei costi energetici come avete fatto? "Siamo arrivati a cambiare gli orari di lavoro, aumentando i turni di giorno e sfruttando la luce del sole. Una ‘manovra’ tanto semplice quanto efficace che ci è valsa una citazione da parte della presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, nel suo discorso sullo stato dell’Unione". In questi anni anche un altro obiettivo da centrare, quello della nuova sede. "Dopo varie riunioni e discussioni, che poi è il valore aggiunto del sistema cooperativo, il decidere insieme, siamo arrivati alla decisione unanime di procedere con una sede tutta nostra. Una nuova "casetta", con un nuovo forno, che è poi il cuore dell’industria della ceramica, più performante, più largo, più bello, (perché anche l’occhio vuole la sua parte, soprattutto in questo settore), ma anche economicamente più vantaggioso. Non ultimo, più ecologico perché per farlo ci siamo affidati ad una nuova tecnologia più sostenibile e verde.
La nostra economia – prosegue Giornelli – non deve far respirare solo noi ma tutto il pianeta. Per questo abbiamo deciso di provare qualcosa di sperimentale testando l’idrogeno green che ci permetterà di abbattere le emissioni di CO2 dando linfa economica alla nostra cooperativa in maniera sostenibile. E ciò è stato possibile anche grazie a Simest e Banca Etica". Ad ispirare più volte l’attività di questa cooperativa che ha sede nella zona industriale della città di Alberto Burri, Città di Castello, è stata proprio l’arte del maestro: i colori, l’oro e il nero che ‘ritornano’ nella sede e che hanno guidato la speciale collezione Kretto collection.
"Burri? Ci ha ispirato più volte. Per il design esterno ed interno: il nero che è il punto da dove siamo partiti, l’oscurità di perdere il lavoro e di non aver certezza del futuro, e poi l’oro il colore più brillante, il colore che oggi li rappresenta, il colore della rinascita. Crediamo in noi stessi, nel nostro lavoro – concludono insieme Giornelli e Brozzi – e continueremo ad ispirarci all’arte moderna, contemporanea, ma anche a quella medievale per le linee di prodotti. Il nostro esempio deve essere visto come un faro di speranza per tutti coloro che purtroppo incontrano difficoltà simili. Continueremo a far risaltare ed esportare in tutto il mondo ciò che è nel nostro dna: il gusto del bello e il made in Italy".