SI È TENUTA il 25-26 settembre a Palermo la seconda edizione del Forum ’Risorsa Mare’, realizzato da Teha Group in collaborazione con il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci (nella foto a sinistra, sopra) e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Forum aveva l’obiettivo di approfondire le direzioni da seguire per rafforzare il contributo del mare e degli asset collegati a questa risorsa per lo sviluppo del Paese. Al 2022, in Italia, secondo il XII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare di Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne, Unioncamere e OsserMare, l’economia del mare genera un valore aggiunto diretto di 65 miliardi di euro. Considerando il moltiplicatore economico di 1,8, il contributo complessivo del settore all’economia arriva a 180 miliardi di euro. Il 32% del totale nazionale del valore aggiunto (21 miliardi di euro) è generato nelle 8 Regioni del Sud Italia, con la Sicilia protagonista.
L’industria armatoriale italiana è al secondo posto nell’Unione europea per numero di navi, seconda solo a Malta. L’Italia, inoltre, è al primo posto al mondo nel settore dei traghetti davanti a Cina e Giappone. Nel 2023, il comparto ha generato un’occupazione di oltre 111mila lavoratori: un dato comparabile a quello delle più importanti filiere del Made in Italy quali l’automotive (169mila occupati), l’industria calzaturiera (71mila) e la farmaceutica di base (65mila). Tra i settori ’eccellenza del Made in Italy’ dell’industria marittima spicca anche la cantieristica, che impiega oltre 32mila occupati, una cifra equiparabile o superiore ad altre filiere del saper fare italiano come l’industria del vetro (35mila) e motociclistica (18mila).
"L’Italia, per le sue caratteristiche blu uniche, vedrà il suo valore aggiunto, la sua occupazione e il suo fatturato crescere in modo esponenziale, semplicemente misurando un perimetro ancora più ampio – ha dichiarato Antonello Testa (nella foto a sinistra, sotto), coordinatore di OsserMare –. Teniamo presente che rispetto alle 7 filiere analizzate e alle 16 direttrici identificate dal Piano del Mare per’economia del mare italiana, i settori economici reali che il nostro Paese esprime nel mare sono più di 20. Quindi i trend ci indicano che, attraverso un aumento incrementale e un’estensione del perimetro, possiamo stimare un valore aggiunto diretto e indiretto dell’economia del mare, che nel medio termine supererà il 20% del Pil nazionale".
Il sottosuolo marino ricopre un ruolo strategico a livello infrastrutturale – per le pipeline energetiche e i cavi che veicolano il 98% del traffico internet globale – e come risorsa naturale, in quanto sede di giacimenti di minerali fondamentali per lo sviluppo industriale e la transizione energetica. Inoltre, la dimensione subacquea assume una rilevanza cruciale negli ambiti di difesa e sicurezza. A fine 2023 e in anticipo rispetto all’Europa, l’Italia ha istituito il Polo nazionale della subacquea (Pns): un hub dotato di risorse per sviluppare mezzi e competenze per valorizzare questa dimensione. Nel 2024, il Pns ha pubblicato i primi bandi di ricerca, dotati ciascuno di un finanziamento fra i 2,6 e i 3,4 milioni di euro per promuovere la sovranità tecnologica e la competitività del sistema-Paese nel settore subacqueo, aggregando le eccellenze nazionali pubbliche e private.
L’Italia è il quarto Paese in Europa per superficie costiera sul totale del territorio e il turismo rappresenta la prima ’risorsa’ della filiera del mare a livello nazionale: 18,5 miliardi di euro nel 2022, pari al 28,6% del valore aggiunto generato dall’economia del mare. Contribuisce a questo risultato, innanzitutto, il crocieristico che, nel 2023, ha visto una crescita del 50% rispetto al 2022 e del 12% rispetto al 2019, con 9 porti italiani nella Top 20 del Mediterraneo. Mentre per il comparto crocieristico – oltre alla sostenibilità – la vera sfida è quella del reclutamento di personale di bordo, in generale, il turismo costiero contribuisce solo all’1,9% del Pil, principalmente a causa di gap infrastrutturali storici, qualità dei servizi ma anche con riferimento alla gestione e alle competenze legislative e fiscali afferenti ai porti turistici. Questi rivestono un’importanza particolare soprattutto per le Isole minori (che sono 67 e per oltre la metà concentrate in Sardegna e Sicilia, per 36 amministrazioni con oltre 200mila residenti), dove fungono anche da porti rifugio e sono operativi tutto l’anno. Differentemente da altri Paesi europei come la Spagna, in Italia le Isole minori hanno una contribuzione alla crescita ancora limitata, e sono molto fragili. Secondo i risultati di un’analisi what-if elaborata da Teha, se l’Italia si allineasse alla Spagna e alla Grecia con riferimento al numero di turisti costieri e alla relativa spesa media, il contributo del turismo costiero al Pil potrebbe aumentare rispettivamente di 0,8 e di 2,5 punti percentuali, con il valore aggiunto generato che potrebbe aumentare del 42% in caso di allineamento alla Spagna e del 133% in caso di allineamento alla Grecia.
Le filiere al centro della seconda edizione del Forum ’Risorsa Mare’ fungono da volano per posizionare il nostro Paese come attore primario, a livello europeo e internazionale, nell’economia del mare. Tuttavia, permangono delle complessità che rallentano il consolidamento della leadership italiana in tutte e tre le aree di analisi e che devono essere affrontate al più presto. Per stimolare una maggiore competitività dell’industria marittima Made In Italy, Teha individua tra le azioni necessarie un’accelerazione nel percorso di semplificazione amministrativa (già avviata con il Ddl Malan che interviene in parte anche in un ammodernamento) del Registro Navale nazionale.