RICERCA, innovazione, un certo umanesimo e spirito d’iniziativa. La ’quadriga imperiale’ con cui Sace, leader nella produzione di interruttori e quadri di bassa e media tensione che oggi fa parte del colosso Abb, è riuscita a conquistare i mercati del mondo. Oggi, dopo 90 anni di attività, è pronta a lanciarsi in nuove sfide, a partire dalla transizione energetica e dalla sostenibilità. "Il segreto per rimanere a lungo sul mercato è stato certamente l’innovazione di prodotto e di processo ma anche la centralità che si attribuisce alla persona. L’ambiente di lavoro, pur essendo internazionale, è davvero inclusivo. I lavoratori son fieri di fare parte del gruppo Abb e questo benessere aziendale si traduce in risultati" dice Massimiliano Callioni (nella foto in alto), responsabile della divisione Distribution Solutions di Abb. Sace sin dagli albori è sinonimo di intraprendenza.
Nel 1934, per l’iniziativa di un industriale, un capitano, un ingegnere e un perito elettrotecnico, viene salvata un’azienda finita in liquidazione l’anno prima, la Società Anonima Costruzioni Elettromeccaniche. La ’primitiva’ Sace, con stabilimento a Bergamo, nonostante fosse fornitrice dei Regi arsenali e delle ferrovie di Stato, non era riuscita a passare indenne tra le forche caudine della crisi nel 1929. Ma il settore dell’elettrificazione era lì pronto ad esplodere. I quattro pionieri – Leopoldo Ferrè, Lino Salghetti Drioli, Federico Mazzola e Agostino Eschini – partiti con capitale sociale di 10 mila lire, solo un anno dopo dalla costituzione ne deliberano l’aumento a 500 mila lire. Nel 1943 Sace diventa ’Società per Azioni Costruzione Elettromeccaniche’. La vera svolta però avviene con l’ingegneria di prodotto. Nel 1952 l’ufficio tecnico inizia la progettazione del primo interruttore di bassa tensione ’scatolato’, lo Z2. Una novità assoluta per il mercato italiano: la parte interruttiva è studiata per essere chiusa in parte da un involucro in materiale plastico isolante, composto da una scatola e da un coperchio. Segue, nel 1956, l’interruttore scatolato Z150, tuttora fiore all’occhiello dell’industria bergamasca. In quegli anni l’americana Federal Pacific Eletric Newark (Fpe) entra capitale sociale di Sace, assumendone poi il controllo tra il 1965 e il 1966. "Ne seguì un forte impulso per l’internazionalizzazione, con la diffusione massiccia negli Stati Uniti di interruttori magnetici di media tensione" precisa Callioni. In quel decennio vengono rilasciate licenze di costruzione degli interruttori anche in Olanda e in Belgio e si conquistano i mercati di Jugoslavia, Argentina, Brasile e Sud Africa. Gli sconvolgimenti finanziari della fine degli anni Sessanta della United Smelting and Mines, a cui fa capo la Fpe, determinano la vendita di Sace alla svizzera Bcc (Aktiengesellschaft Brown Boveri & Cie). Il successo non diminuisce. Tra il 1966 e il 1988, vengono prodotte le apparecchiature elettriche per la Marina Militare, i gasdotti siberiani, la centrale nucleare di Montalto di Castro e l’allestimento a Roma del Centro elettronico unificato delle Ferrovie dello Stato.
Quando il colosso svizzero Brown Boveri si fonde col gruppo svedese Asea, Sace entra a far parte di Abb (Asea Brown Boveri), il maggior gruppo elettromeccanico mondiale. Solo in Italia sono stati 3,1 miliardi di ricavi nel 2023; l’export vale quasi i due terzi del business. Sono più di 2.500 gli addetti negli stabilimenti di Bergamo, Dalmine e Frosinone. L’età media à 43 anni, le donne sono il 24%. È la media di Trilussa perché "negli uffici la percentuale di lavoratrice è molto più elevata rispetto alle fabbriche. Abb in Italia ha ottenuto la certificazione per la parità di genere Uni/Pdr 125:2022, raggiungendo l’assoluto equilibrio nelle assunzioni. Abbiamo inaugurato anche un percorso di mentoring dedicato a studentesse Stem volto a fornire strumenti pratici di orientamento al lavoro e dimostrare le numerose opportunità nel nostro settore" precisa Callioni.
Bergamo, che impiega 420 persone, è la sede della divisione Smart Power di Abb con un centro di ricerca per lo sviluppo di tecnologie avanzate. "Lì c’è anche la ’Sala Prove’, un laboratorio d’avanguardia per dotazioni e competenze tecniche. Al suo interno, grazie a tre grandi generatori e trasformatori, vengono effettuate prove di corto circuito, prove sperimentali su materiali e prove elettroniche". Costruita nel 1979, la fabbrica di Dalmine con circa 900 addetti porta avanti il mantra dell’innovazione nel centro globale di ricerca e sviluppo per la divisione Distribution Solutions. Lo stabilimento sviluppa e produce apparecchiature di media tensione che esporta in oltre 100 Paesi. Inaugurato nel 1969, lo stabilimento Abb di Frosinone impiega 1.200 persone che sviluppano e producono quasi quattro milioni di interruttori scatolati e aperti l’anno. "Su una produzione mondiale da parte di Abb di circa otto milioni di interruttori di bassa tensione, la metà, quasi 4 milioni, avviene in Italia. Apparecchiature che sono esportate in più di 100 Paesi consentendo a ospedali, fabbriche, edifici commerciali, impianti di generazione di energia rinnovabile di utilizzare e produrre grandi quantità di energia in modo sicuro e affidabile. I nostri prodotti svolgono un ruolo chiave per gli obiettivi di sostenibilità, trovando applicazione nelle smart grid (reti elettriche intelligenti basate su tecnologie digitali e sulla generazione distribuita dell’energia ndr). Un altro ambito in forte crescita è quello dei data center a causa della spinta verso digitalizzazione e intelligenza artificiale. Siamo preparati ad affrontare nuove sfide, ma sempre mantenendo cuore, testa e braccia nel nostro Paese" conclude il manager.