
MANAGER E MAMMA DI DUE FIGLI Alessia Valducci è sposata e mamma di due figli. Presidente Valpharma Group, è vicepresidente di Confindustria Romagna e presidente della società sportiva New Rimini Baseball and Softball
ATTENZIONE per il sociale e per la cultura, ma anche e soprattutto per l’innovazione. Sono queste le caratteristiche di Alessia Valducci, alla guida del Gruppo Valpharma. Il fondatore, il padre Roberto, è scomparso nel 2018, ma Alessia, oltre al suo insegnamento, ha quello della madre, Piera Carla Anicetti, una delle prime donne pediatra a Milano: "Mia nonna e mia mamma, assieme ai miei figli, Francesco e Nicola, sono la mia forza".
Lei invece è farmacista e crede nell’innovazione tecnologica e nel valore umano. "Noi siamo infinito, perché oltre al lavoro c’è molto di più, anche se sul lavoro credo che occorra dare davvero il massimo". Alla farmaceutica, cioè "la chimica", come dice Alessia Valducci (nella foto, col padre Roberto), da anni, ha affiancato la nutraceutica e la ricerca naturale. E quest’anno per la prima volta cinque integratori realizzati a Pennabilli, voleranno negli Stati Uniti: "Per noi è un mercato molto importante", dice Alessia.
L’internazionalizzazione è sempre stata fondamentale per questa impresa, che ha due sedi a San Marino e una, appunto in Italia. 450 dipendenti in totale, di cui 225 donne. 71 milioni di euro invece è il fatturato 2023, in crescita. Ogni anno Alessia Valducci destina il 10% all’innovazione.
Come descriverebbe la sua azienda?
"Siamo un’azienda farmaceutica, un gruppo con tre stabilimenti, con una vocazione molto forte all’internazionalizzazione, ma anche all’innovazione. Siamo nati da un’intuizione di mio padre nel 1977, che per me è stato per tanti anni un punto di riferimento. Lui era perito chimico, nato il Romagna, ma aveva studiato a Fermo, da lì è andato a Milano, dove ha imparato moltissime cose e dove ha conosciuto mia madre, una giovane pediatra. Quando mio padre ha deciso di tornare il Romagna, per mia madre è stato un colpo, perché aveva i suoi pazienti e una vita molto avviata, qui però mio padre ha fondato la società di famiglia. Io ho fatto il liceo linguistico e dopo non avevo esattamente la vocazione per fare farmacia, ma è quello che ho fatto, per cui sono laureata in farmacia".
Quando è entrata in Valpharma?
"Ovviamente mi interessava l’azienda di mio padre e da molto giovane ho lavorato nell’incapsulatrice. Anche se il primo incontro con le medicine l’ho avuto nello studio di mia madre, dove guardavo le scatole delle medicine, per buttare via quelle scadute. Pian piano sono entrata in azienda, prima ho affiancato mio padre e, con molta pazienza, ho preso sempre più spazio".
Cosa significa essere donna imprenditrice?
"Credo significhi pensare agli altri, ma anche pensare oltre. Quando sono entrata qui avevo due bambini e quindi per me il tempo era una cosa estremamente importante e tentavo di conciliare tutto. Credo che essere una donna imprenditrice significhi proprio questo, guardare e pensare alle esigenze degli altri".
Dalla scomparsa di suo padre a oggi quali sono le novità più significative portate in azienda?
"Questa azienda sta diventando sempre più manageriale, oltre a me c’è un direttore generale e tanti manager in grado di lavorare coralmente. Il gruppo è composto da tre aziende e fondamentalmente mettiamo assieme sia la parte farmaceutica che nutraceutica. Questo significa mettere assieme ai pensieri diversi, ma anche dare un profilo di crescita, di cambiamento e di innovazione al gruppo. Internazionalizzazione, sostenibilità ma anche welfare e attenzione alle esigenze del territorio erano già presenti con mio padre e lo sono anche con me. Siamo nati internazionali. Il primo cliente di mio padre è stato in Sudafrica, e oltre a lavorare in Italia in Europa, i nostri mercati principali sono il Giappone e il Brasile. Gli integratori e i prodotti naturali ci stanno aprendo il mercato americano dove a siamo sbarcati con cinque integratori".
Il mondo dell’integrazione e del benessere sono una tendenza nuova. Voi ve ne occupate già da tempo. Cosa ne pensa?
"Sono convinta che quella degli integratori sìa molto più di una moda passeggera e che anzi integrando la farmaceutica con la naturopatia si possa far vivere meglio le persone. Naturalmente, quando le persone stanno male servono i farmaci, i nostri sono da sempre a lento rilascio, noi facciamo farmaci generici e abbiamo sempre lavorato come conto terzisti, ma da quest’anno faremo farmaci dalla A alla Z, cioè usciranno da qui già impacchettati. E poi c’è tutto il settore del naturale, che è fondamentale per la prevenzione e per esempio contro lo stress. Per questo credo che il settore sia tutt’altro che una moda passeggera".
I farmaci normalmente vengono testati prevalentemente sugli uomini, ritiene che ci sia un’esigenza di lavorare sui farmaci di genere? "È una cosa che mi affascina molto, effettivamente tutti gli studi vengono fatti sugli uomini. Noi che facciamo generici, quando lavoriamo alle bioequivalenze non abbiamo modo di approfondire la farmacologia di genere, diverso è il mondo dei prodotti nutraceutici, dove si fa una distinzione sull’impiego delle piante naturali per le esigenze maschili e femminili, trovo che sia un tema davvero molto interessante".
A lei piace anche il cambiamento, tanto da investire il 10% del fatturato annuo in innovazione, come mai?
"Questo è un settore dove l’innovazione è fondamentale così come lo sono la ricerca e lo sviluppo. Noi lavoriamo tantissimo sulla creazione di nuovi prodotti, il che non significa non valorizzare la storia, anzi, al contrario. Ma l’innovazione tecnologica è molto molto importante".
Sulla storia intende quella di suo padre?
"Anche, ma non solo, intendo proprio quella di tutte le persone che hanno lavorato e che lavorano con noi. Ci sono dipendenti che sono qui da oltre quarant’anni. A fine marzo lanceremo la Fondazione intitolata a mio padre, Roberto Valducci, un imprenditore molto impegnato nel sociale, ma anche nella cultura. Vorrei che potessimo davvero aiutare le persone che ne hanno più bisogno, chi ha meno. Quindi ci attiveremo sia sul fronte sociale che su quello culturale".