Martedì 16 Luglio 2024

"Così il prosciutto di Parma gioca la partita dell’export"

Livelli produttivi e consumi del Prosciutto di Parma in flessione (-5%) a causa della scarsa disponibilità di suini e dei costi in aumento lungo la filiera. Il presidente del Consorzio, Alessandro Utini, si impegna per la sostenibilità e l'espansione dell'export.

"Così il prosciutto di Parma gioca la partita dell’export"

"Così il prosciutto di Parma gioca la partita dell’export"

LIVELLI PRODUTTIVI E CONSUMI in lieve flessione (-5%) causati da una parte la minore disponibilità di suini, dall’altra i forti rincari dei costi lungo tutta la filiera, cui ha fatto seguito l’aumento del prezzo finale del prodotto. Il Prosciutto di Parma archivia un 2023 non semplice, con circa 7,4 milioni di cosce marchiate, a cui sta facendo seguito un ulteriore calo nell’anno in corso. Il comparto comprende circa tremila addetti nelle 130 aziende di stagionatura, tutte situate nella zona tipica di produzione, nell’area collinare del parmense. Il Disciplinare del Consorzio del Prosciutto di Parma prevede la stagionatura al naturale – senza l’utilizzo di additivi quali nitriti e nitrati – di cosce di suini nati e allevati nei 3.600 allevamenti della filiera italiana Dop, in 11 regioni del Centro-Nord Italia. "Prima del Covid – spiega Paolo Tramelli, marketing manager del Consorzio – lavoravamo 9 milioni di cosce di maiale, poi con la pandemia si è ridotta la produzione per ragioni operative (riduzione delle attività lavorative) e di mercato (chiusura della ristorazione). Finito il Covid è arrivata la guerra in Ucraina con il forte rincaro delle materie prime, tanto che cosce che prima costavano 3,60 euro al kg sono arrivate a 6,20 euro; oggi viaggiano intorno ai 5,80. Alle problematiche inflazionistiche si è poi aggiunta l’arrivo della peste suina africana che si sta diffondendo nei cinghiali anche in Italia e che ha portato alla chiusura di alcuni mercati esteri; una serie di tempeste che hanno colpito anche il mondo del Prosciutto di Parma che ora si sta assestando ai nuovi livelli sia produttivi sia di consumo e che deve continuare a fare mercato adeguandosi a questi vincoli esterni".

Al vertice del Consorzio Prosciutto di Parma è stato nel giugno scorso rieletto Alessandro Utini (nella foto), arrivato al secondo mandato consecutivo dopo aver guidato il Consorzio negli ultimi tre anni e con una lunga esperienza istituzionale all’interno dell’ente, di cui già fu presidente dal 2004 al 2005, oltre ad aver ricoperto il ruolo di vice presidente ed essere stato per oltre 20 anni consigliere di amministrazione. L’imprenditore di Noceto (Parma), classe 1963, è a capo del Gruppo Furlotti, che comprende le società Furlotti Prosciutti S.r.l e Salumificio Furlotti & C. S.r.l, le aziende di famiglia dedicate alla produzione del Prosciutto di Parma e di altri salumi. È inoltre socio e amministratore del Prosciuttificio Tre Stelle e di Fratelli Tanzi, azienda specializzata nella preparazione e affettamento di prodotti della salumeria e con la famiglia ha dato vita a una nuova realtà vitivinicola nelle prime colline parmensi. Il Consorzio del Prosciutto di Parma garantisce qualità e provenienza del prodotto ed è a capo di un comparto che vale 850 milioni di euro alla produzione e 1,7 miliardi al consumo.

L’export si sta rivelando un’arma importante per i produttori. "Attualmente – spiega Tramelli – varca i confini il 32% della produzione ma 20 anni fa eravamo al 18% a testimonianza dello sforzo di commercializzazione che anche il Consorzio ha messo in atto. Ora dobbiamo proseguire tenendo conto del fatto che il mercato più promettente sono gli Stati Uniti da una parte e l’Europa dall’altra con Francia e Germania in testa, con l’Australia in forte crescita ma Giappone e Cina ferme in ragione della peste suina". "Combattiamo da oltre due anni contro questa minaccia – commenta Alessandro Utini, presidente del Consorzio – e per il Prosciutto di Parma la diffusione del virus, innocuo per l’uomo, ha avuto conseguenze sulle esportazioni, con alcuni mercati, come Cina e Giappone, che hanno chiuso le porte al nostro prodotto. Va tuttavia sottolineato che le garanzie sanitarie derivanti dalla lunga stagionatura del Parma ne permettono la libera circolazione verso i maggiori Paesi terzi – Usa in primis – oltre, ovviamente, ai mercati dell’Unione europea. Il problema principale per il comparto riguarda il contenimento del virus, per questo è fondamentale che la peste, che oggi interessa solo i cinghiali, venga eradicata in maniera definitiva e si scongiuri la possibilità che penetri all’interno degli allevamenti dei suini". La missione del Consorzio, continua il presidente, è quella di "continuare a valorizzare in modo sempre più incisivo la qualità e la distintività del nostro prodotto, che sono elementi inderogabili, capaci di qualificare in modo univoco il Prosciutto di Parma. Proseguiremo questa nostra attività sia in Italia che nei mercati esteri, che assorbono oggi un terzo della produzione e rappresentano uno sbocco commerciale di fondamentale importanza. Tutto questo viene ulteriormente avvalorato dell’entrata in vigore del nuovo Disciplinare di produzione, concepito proprio per rafforzare gli aspetti identitari e ribadire l’assoluta unicità ed eccellenza del prodotto".

Il tutto senza trascurare la sostenibilità. "Abbiamo – spiega il presidente Utini – preso un impegno: confermare e rafforzare la nostra responsabilità verso il pianeta, le comunità che lo abitano e le generazioni future. Per fare questo ci affidiamo, innanzitutto, alla ricerca scientifica. Abbiamo condotto un progetto con il Politecnico di Milano, attualmente in fase conclusiva, che ha previsto il calcolo dell’impronta ambientale del nostro comparto, l’attivazione su base volontaria dello schema Made Green in Italy da parte delle nostre aziende e, infine, la creazione di un software per ottimizzare le loro performance ambientali in chiave di transizione ecologica. Le aziende stanno inoltre dando seguito operativamente ai risultati ottenuti dalla nostra recente ricerca riguardante il packaging del preaffettato, attraverso l’utilizzo di vaschette realizzate con materiali alternativi e più sostenibili rispetto a quelli tradizionali, come ad esempio la carta".