L’AZIENDA È NATA 40 anni fa e si occupava di infrastrutture per Internet, cioè modem e collegamenti. Da allora il web ha fatto passi da giganti in pochissimo tempo, abituandoci ad una rivoluzione continua, che vede nell’intelligenza artificiale generativa e nelle reti neuronali un nuovo futuro di innovazione. Presente nel mondo con 85 mila dipendenti e collaboratori, Cisco opera in Italia da 30 anni e ha accompagnato ogni passaggio dell’innovazione tecnologica degli ultimi decenni. Gianmatteo Manghi è l’amministratore delegato di Cisco Italia: "Sono entrato in azienda il primo giorno del 2000 e da allora per me è stata un’esperienza bellissima. Oggi guido 6 mila persone e mi occupo moltissimo di ricerca e di sviluppo", racconta. E apre a Qn Economia le porte di Cisco Italia, spiegando la strategia della società per migliorare la vita delle persone. "Essenzialmente – precisa il manager – oggi ci occupiamo di data center e cloud, di migliorare gli ambienti di lavoro e di rendere i sistemi sempre più sicuri, resilienti e inattaccabili".
Cisco come nasce? "L’azienda nasce quarant’anni fa negli Stati Uniti e si occupa di tutte quelle soluzioni tecnologiche per connettere computer, diciamo i vecchi modem. L’idea nasce da due professori dell’università di Stanford, che volevano creare le condizioni affinché i computer potessero dialogare fra loro anche con protocolli diversi. Cisco si è sempre occupata di innovazione, ricerca e sviluppo, dagli anni ‘90 ad oggi. Negli anni Novanta, con il boom di Internet, la società ha ampliato la propria capacità di intervenire nel settore, anche acquisendo altre società e sviluppando internamente".
Di che cosa vi occupate oggi? "Essenzialmente di tre cose. La prima è sicuramente il data center e il cloud e da anni stiamo sviluppando per l’intelligenza artificiale. Poi ci occupiamo di ambienti di lavoro per renderli migliori, più affidabili e più sicuri, sia che si lavori in presenza, in remoto, o in mobilità. Il terzo aspetto di cui ci occupiamo è quello di rendere i sistemi più sicuri. È la cosiddetta computer resilience o anche digital resilience, ed è sempre più importante".
Lei che formazione ha? "Io ho una formazione economica, il mio primo approccio al computer è stato per scrivere la tesi a fine degli anni Ottante e già lì mi resi conto di quanto il computer e l’informatica potevano essere fondamentali per il nostro futuro. Diciamo che è stata un’intuizione, dopodiché mi sono sempre occupato di digitale, lavorando per società americane e dal primo giorno del 2000 sono in Cisco".
Cosa significa guidare una società come Cisco Italia? "Quando è nato Internet si voleva raggiungere il milione di persone connesse nel giro di 15 anni, oggi le persone collegate sono più di 5 miliardi e, grazie all’internet delle cose, sono miliardi anche i dispositivi collegati. Si stima che fra qualche anno saranno 56 miliardi le persone e le cose connesse. L’innovazione è fondamentale. Per questo è sempre più importante occuparsi di ricerca e di sviluppo e di competenze. Noi lo facciamo con le nostre 350 Networking Academy. Il mercato ha bisogno di questi profili e il nostro è un investimento a lungo termine".
In questi vent’anni avete portato le Academy anche nelle carceri italiane. Perché? "Per dare una chance alle persone che devono scontare una pena e per prepararle con strumenti reali a quando torneranno alla vita civile. Per fare questi corsi occorre avere competenze di base sia di informatica, che di lingua inglese, proprio per questo in questi anni credo che abbiamo aiutato molte persone ad avere maggiori competenze e quindi chance di trovare lavoro fuori dal carcere. È una cosa di cui vado molto fiero e i dati dimostrano che le persone formate, una volta uscite, utilizzano queste competenze nelle loro attività. Inoltre, la recidiva è zero".
La sfida del futuro è l’intelligenza artificiale. Come vi ponete? "Cisco ha investito 7 miliardi di dollari in innovazione, credendo moltissimo nell’Italia, dove abbiamo due centri di ricerca e sviluppo, uno a Vimercate e uno a Pisa. Una delle cose da fare è quella di partire dalle esigenze dei nostri clienti e di capire assieme a loro come l’innovazione e in particolare l’intelligenza artificiale si possa realizzare e applicare alle loro richieste. Potrei fare molti esempi, in sanità, in farmaceutica, in diagnostica dei dati. La cosa straordinaria e che la tecnologia e l’innovazione, compresa l’intelligenza artificiale, oggi ci danno strumenti sempre più precisi e potenti. Domani questi strumenti saranno ancora più precisi e ancora più potenti. Questo è entusiasmante".
Oltre alla digitalizzazione, per voi quanto è importante la sostenibilità? "Un aspetto a cui teniamo molto è la cultura di impresa, che va ben oltre il concetto di profitto. Un’impresa deve fare profitto, naturalmente, perché ha degli obiettivi economici, ma il profitto deve essere esteso e per questo le nostre attività per sviluppare e attrarre talenti sono tante, come tante sono le azioni affinché le persone che lavorano con noi stiano bene e siano il più possibile soddisfatte. Se si lavora in un ambiente piacevole e si cresce assieme sicuramente le ricadute sia sulle persone che sul sociale sono molte. Questa è la nostra cultura aziendale".
Quante persone lavorano in Cisco Italia? "Attualmente sono 6000, con un’età media di 42 anni è un turnover molto basso".
Si dice spesso che nel settore della tecnologia informatica servirebbero più donne. Cosa ne pensa? "È indubbiamente così. Il codice e gli algoritmi non possono essere scritti solo dagli uomini. Per questo occorre aiutare le ragazze ad orientarsi verso materie scientifiche. In Cisco cerchiamo sempre nuovi talenti. Attualmente le donne in Cisco Italia sono il 21%. C’è tanto spazio per crescere".