Sabato 31 Agosto 2024

Architettura e tecnologia. Ecco il mondo di domani

A Firenze un convegno per parlare di futuro sostenibile attraverso nuove tendenze nell’architettura, nelle nuove tecnologie, nella mobilità e nella logistica

Architettura e tecnologia. Ecco il mondo di domani

Architettura e tecnologia. Ecco il mondo di domani

Proseguono gli appuntamenti dedicati da Quotidiano Nazionale ai temi di grande attualità del nostro tempo e del mondo economico in particolare. Nel prossimo, in programma giovedì 23 novembre, l’argomento principale sarà la sostenibilità. Al convegno "Firenze Città Futura | Macrotrends for the Next Generation", che sarà seguito da una ricca tavola rotonda, si discuterà infatti delle tendenze in atto nell’architettura, nelle nuove tecnologie, nella mobilità e logistica, nel trasporto delle merci in direzione di un futuro più sostenibile.

L’evento è organizzato in collaborazione con Baumschlager Eberle Architekten, Baumschlager Eberle Firenze SRL, Toyota Material Handling Italia, FermatSolutions e Studio Bellesi Giuntoli.

Solo negli ultimi tre anni, abbiamo assistito ad alcuni cambiamenti radicali che hanno avuto un impatto sia a livello locale che globale (tra i più recenti e drammatici, ricordiamo la pandemia e i vari conflitti tuttora in atto). La grande domanda che le grandi città e gli studi di architettura si pongono, ora, è quale sarà il futuro delle superfici attualmente destinate agli uffici e come si potrà dare spazio a visioni innovative dell’abitare (ad esempio, convertendo vecchie fabbriche e spazi industriali dismessi in biblioteche o unità abitative). Esistono due possibili strategie da mettere in atto: quelle cosiddette ‘verticali’, cioè sviluppate da un organo politico che le mette in atto per ottimizzare i processi interni e amministrativi all’interno delle città, e quelle ‘orizzontali’, o meglio, partecipative, in cui i cittadini si fanno portavoce delle esigenze della città e individuano i problemi e le possibili soluzioni attraverso workshop tematici. Copenaghen, capitale della Danimarca, è un esempio perfetto di strategia partecipativa.

Il convegno di giovedì, in programma alle 15 nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio a Firenze, sarà moderato da Piero Fachin, condirettore di QN, e gode del patrocinio di Regione Toscana, Comune di Firenze, Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze, Fondazione degli Architetti di Firenze, Ordine degli Architetti di Firenze, Istituto nazionale di Architettura della Toscana. L’evento si aprirà con una Lectio magistralis del celebre architetto austriaco Dietmar Eberle, che fornirà una panoramica delle macrotendenze in atto in architettura e delle strategie di pianificazione territoriale a livello europeo. Seguirà la presentazione di Re:make city, sezione curata nel numero 67 della rivista IQD, con Paolo Posarelli e Roberta Busnelli. Nella prima sessione della tavola rotonda, Eduardo de Cillis e Stefano Zaccaria parleranno della visione di Toyota in ambito mobilità e movimentazione sostenibile. Roberta Cecchi esaminerà le soluzioni digitali a supporto della metaprogettazione e Alberto Giuntoli affronterà il tema dell’ecologia della città, intesa come sistema complesso adattivo.

La seconda parte del panel invece vedrà il dialogo con vari esperti, che rifletteranno sulle "Città del futuro" e sulle relative strategie di azione. Il professor Dietmar Eberle è il fondatore dello studio Baumschlager Eberle Architekten. Sin dall’apertura dello studio a Lochau (Austria) nel 1984, Dietmar Eberle ha incentrato il suo lavoro sulla conservazione delle risorse architettoniche e sulla valorizzazione dei processi di pianificazione urbana. Fino al 2017, l’architetto ha insegnato al Politecnico di Zurigo e ai suoi studenti ha sempre raccontato di essere nato nel 1952, nella foresta di Bregenz. Una regione che egli stesso descrive con queste parole: ‘Vengo da un territorio storicamente povero, in cui ti insegnano a trattare le cose con cura’. La stessa cura che caratterizza gli oltre 500 edifici realizzati dallo studio Baumschlager Eberle Architekten. Tra i progetti più recenti figurano la sede della banca Montagne du Parc a Bruxelles, la ristrutturazione dell’ex sede Peugeot nel cuore di Parigi e altri progetti di dimensioni minori, come il complesso turistico Alpe Furx in Austria.

In linea con il famoso principio ‘think global, act local’, il gruppo conta oggi 15 uffici, con un totale di circa 300 dipendenti, in Europa e Asia, e dal 2023 anche a Firenze. Attraverso questa diversificazione territoriale, Baumschlager Eberle Architekten intende conoscere nel dettaglio la cultura edilizia, le peculiarità amministrative e le necessità dei clienti nelle rispettive sedi e imparare a coordinarli, affidandosi alle competenze internazionali del gruppo. La conservazione delle risorse, il riconoscimento delle qualità delle tecniche edilizie del passato e l’uso lungimirante dei software di controllo hanno portato, ormai dieci anni fa, alla costruzione della Haus 2226 a Lustenau (Austria). L’edificio non necessita di alcun sistema di riscaldamento, raffreddamento o ventilazione artificiale, perché costruito con il ‘metodo 2226’, che sfrutta la massa termica e un apposito sistema operativo per influenzare i flussi energetici. Il calore necessario è fornito dalle persone che abitano l’edificio e dai dispositivi sempre presenti (lampade, stampanti, computer). Il risultato è un edificio in grado di offrire un elevato livello di comfort, con una temperatura compresa tra 22 e 26 gradi Celsius durante tutto l’anno e una buona qualità dell’aria interna. Il ‘metodo 2226’ rappresenta, dunque, una valida risposta al cambiamento climatico e agli obiettivi di decarbonizzazione fissati nell’agenda 2030, grazie alla riduzione dei costi energetici e al design semplice, longevo e duraturo che caratterizza gli edifici realizzati secondo questo innovativo protocollo.

La sfida: costruire in modo ecologico e responsabile

"In fin dei conti, l’architettura ha solamente tre modi per esprimersi: la geometria, la materialità e la luce. Deve usarli per raccontare le sue storie". Parola di Dietmar Eberle (nella foto), fondatore dello studio d’architettura Baumschlager Eberle e fra i protagonisti dell’evento di Qn Economia, giovedì a Firenze.

Il professor Eberle racconta della necessità di riorientare la comprensione dell’architettura, da intendersi non più di mero utilizzo ma come valore aggiunto per la collettività. Anche capire come come gli edifici possano invecchiare dignitosamente – attraverso l’accettazione sociale e culturale – è una sfida interessante per l’architetto. L’obiettivo è capire che l’apprezzamento, l’identità, la “bellezza” o la popolarità di un edificio oggi sono aspetti fondamentalmente più importanti della semplice impronta di carbonio, se si mira a una costruzione ecologica e responsabile. "Quindi tutti dovrebbero chiedersi: cosa cambierà se costruisco qui? Solo così si potrà aumentare il valore di un immobile, rendendolo mutabile nel corso del tempo e favorendone così il radicamento nello spazio pubblico".

Professore, come rendere l’architettura credibile in un contesto caratterizzato da restrizioni sempre maggiori?  

"Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Questo perché uno dei vincoli preponderanti è rappresentato proprio da ciò che sta accadendo nel mondo dell’architettura. Mentre in passato erano la funzione e l’utilità a determinare la forma, l’espressione e la credibilità degli edifici, lo sviluppo che ha caratterizzato le possibilità di produzione, basti pensare al Bauhaus, ha cambiato l’intero modo di pensare all’architettura. L’approccio che vede l’architettura confinata alla funzione e allo scopo dell’edificio risale al XX secolo e non ha nulla a che vedere con il pensiero del XXI secolo".  

Quali le differenze?

"Nel XX secolo gli edifici venivano costruiti in funzione di una sola generazione, senza considerare le generazioni successive, con uno stile di vita completamente diverso, che concepiscono e utilizzano gli spazi in modo altrettanto diverso. A mio avviso, la vera sostenibilità e un’identità più profonda dovrebbero caratterizzare almeno un secolo di storia. La grande domanda del XXI secolo è quale contributo possa dare un edificio allo spazio pubblico. Ma oggi nessuno prende in considerazione questo aspetto durante il processo di pianificazione pubblica".  

Con quali conseguenze?

"L’architettura odierna, analogamente agli edifici degli anni ‘60 e ’70, diventa sinonimo di basso livello di accettazione sociale. In altre parole, la questione della crescita quantitativa nel nostro sviluppo sociale sta già raggiungendo i suoi limiti su molti livelli: ovunque guardiamo, riconosciamo che le cose non possono andare avanti così. Dobbiamo cambiare radicalmente il nostro modo di pensare e iniziare a vedere nell’edificio, l’elemento in grado di definire lo spazio pubblico. Mentre i nostri centri storici sono spazi pubblici, i nuovi quartieri, nella maggior parte dei casi, non lo sono, e trovo che questa sia davvero drammatico".  

Cos’è l’"architettura autentica"?

"È quella in cui si registra un’elevata corrispondenza tra i valori trasmessi e la persona che li ha sviluppati. Un’architettura di questo tipo è quindi molto individuale e difficile da rendere spazio collettivo, perché strettamente legata all’individuo. Ai miei occhi, un’architettura seppur originale, semplice, pulita e fedele ai materiali non è ancora del tutto autentica, ma è comunque un approccio che mi sta a cuore. Possiamo analizzare i tempi passati e tradurre le conoscenze del passato nel presente. Io stesso ho studiato a fondo il tema dell’energia e sono giunto alla conclusione che tutti gli edifici costruiti precedentemente alla Prima guerra mondiale sono molto più ecologici di quelli costruiti dopo la Seconda".

Toyota accelera sulla mobilità green

Puntare al raggiungimento della Neutralità Carbonica arrivando a un reale Impatto Zero anche attraverso le strutture della propria rete di concessionari italiani, pubblicare annualmente il rapporto di sostenibilità, promuovere il riciclo di autoveicoli, implementare un sistema per l’ottimizzazione delle risorse e tagliare gli sprechi nella produzione di automobili: è a 360 gradi l’impegno di Toyota, colosso dell’automotive giapponese, per minimizzare l’impatto ambientale e raggiungere realmente l’obiettivo della mobilità sostenibile.

Un’ambizione che il gruppo ha voluto tradurre in una vera e propria sfida ambientale, lanciata nel 2015, con termine nel 2050: si chiama ‘Toyota environmental challenge 2050’ ed è articolata in sei progetti differenti, dalla realizzazione di auto a emissioni zero alla diminuzione dell’uso di acqua, fino alle opere di riforestazione e difesa della biodiversità del pianeta.

"La visione Toyota di mobilità e movimentazione sostenibile riassume lo sforzo quotidiano del gruppo verso soluzioni a zero emissioni, che rappresentano solo una tappa intermedia verso un futuro in cui spostarsi significherà davvero rendere il mondo un luogo migliore", sottolinea Eduardo De Cillis, Hydrogen business development manager di Toyota Motor Italia, tra i protagonisti dell’evento di Qn Economia di giovedì a Firenze.

"Uno dei pilastri della nostra visione è la conferma della leadership nell’elettrificazione. Una leadership basata su un approccio multi-tecnologico, studiato per offrire ai clienti un ampio ventaglio di soluzioni, con l’obiettivo di ridurre concretamente, il prima possibile, le emissioni di Co2. È necessario agire ora, nella maniera più efficace e utilizzando tutte le tecnologie a disposizione; fermi nella convinzione che non esistano una sola strada e una sola strategia per raggiungere le zero emissioni entro il 2035. La nostra idea, infatti, è affiancare, all’elettrico a batteria, le celle a combustibile, alimentate a idrogeno".

Secondo Stefano Zaccaria (anche lui all’incontro a Palazzo Vecchio), direttore marketing di Toyota Material Handling Italia, azienda del gruppo Toyota Industries Corporation specializzata in soluzioni integrate per la movimentazione e la logistica, "l’esperienza e la professionalità offerte da Toyota sono un’opportunità per le aziende che intendono adottare sistemi di mobilità green per il trasporto delle merci e implementare la sostenibilità dell’intera filiera produttiva".