Domenica 22 Dicembre 2024
ELENA COMELLI
Economia

Litio, guerre e affari nel nome del petrolio bianco

Il litio è il più leggero degli elementi solidi e costituisce la base per le batterie di cellulari e auto elettriche

Un giacimento di litio in Argentina (Reuters)

Milano, 7 agosto 2017 - Nell'industria mineraria lo chiamano «petrolio bianco» e tutto lascia pensare che a differenza del vero petrolio avrà un futuro davvero brillante. Il litio, leggero e soffice, è la materia prima del momento: il suo prezzo – mentre quello del barile crollava – è aumentato del 60% l’anno scorso, stando ai dati del Benchmark Mineral Intelligence Index, arrivando nel caso del carbonato di litio a superare i 20mila dollari per tonnellata. E la corsa non accenna a fermarsi: le azioni di Albemarle, il maggior produttore mondiale, dopo aver messo a segno un balzo del 56% nel 2016 hanno registrato un bel +30% quest’anno, contro l’8,8% dell’indice di riferimento S&P 500. Colossi del risparmio gestito del calibro di BlackRock e Capital Group hanno acquisito robuste fette azionarie di aziende estrattive minori. E non sono i soli a guardare alle miniere con interesse.

La speculazione in questo caso non c’entra: con grande disappunto degli investitori, il litio non è quotato in Borsa, né ha un prezzo spot. Il motivo di tanto successo è l’effetto Tesla. Il metallo più leggero nella tavola periodica degli elementi serve infatti a costruire le batterie delle auto elettriche, con cui la società americana promette d’invadere le strade del mondo. Il ceo Elon Musk – presentando la nuova Tesla 3, che costerà 35mila dollari, la metà di una Model S – ha detto di puntare a vendere 500mila auto l’anno entro il 2018 e un milione entro il 2020.   «Per produrre mezzo milione di auto elettriche – stima lo stesso Musk – dovremo in pratica assorbire l’intera produzione mondiale di batterie a ioni di litio». Ovviamente non c’è solo Tesla. Tra cinque anni la Cina pianifica di avere oltre 5 milioni di veicoli elettrici in circolazione, di cui 200mila autobus. E poi ci sono gli smartphone, i tablet e quant’altro, anch’essi dotati di batterie al litio. Il metallo è inoltre impiegato nell’industria della ceramica e nella farmaceutica. La domanda, prevede Goldman Sachs, potrebbe triplicare nel giro di dieci anni, raggiungendo le 570mila tonnellate all’anno. Morningstar si attende addirittura un aumento a quota 775mila tonnellate, con una conseguente corsa dei prezzi. Il litio, pur essendo molto diffuso sulla crosta terrestre, è difficile da estrarre. Spesso si trova in luoghi remoti. Oggi ci sono solo una mezza dozzina di miniere, soprattutto in Cile, ma anche in Argentina e in Australia, dove sembra ci siano grandi risorse ancora da sfruttare. Fiutato l’affare, decine di piccole società si sono lanciate a caccia di nuovi siti, in una nuova corsa all’oro che in Europa sta prendendo di mira soprattutto i Balcani: sia nella Croazia centrale che in Serbia sono stati scoperti corposi giacimenti, che stanno per essere sfruttati. I big minerari, però, restano cauti.    «Teniamo d’occhio il litio, ma anche nello scenario più ottimista si tratta comunque di un mercato di dimensioni relativamente ridotte», ha detto Andrew Mackenzie, ceo di Bhp Billiton. Proprio qui sta la grande incognita su cui si interrogano gli esperti: di quanto crescerà la domanda di litio nei prossimi anni? Molto dipende dalla corsa all’auto elettrica, che molti prevedono dietro l’angolo, perché la parità di costi con i veicoli tradizionali è imminente. Gli analisti di Ubs hanno recentemente alzato le loro stime sul tasso di penetrazione dei veicoli elettrici, prevedendo che arriveranno al 14% del mercato globale e al 30% in Europa entro il 2025.