Il giorno dopo la sentenza della Consulta che mette all’indice, sotto il profilo della costituzionalità, il rinvio e la rateizzazione del pagamento delle liquidazioni ai dipendenti pubblici, torna d’attualità la recente indagine-denuncia della Uil sui costi, per i lavoratori, delle regole attuali di cui i giudici della Corte hanno sollecitato la revisione al Parlamento.
L’allarme dei sindacati
"Nel nostro Paese - accusano i leader delle principali categorie del pubblico impiego, Domenico Proietti, Giuseppe D’Aprile e Sandro Colombi - ci sono più di un milione e 600mila lavoratori pubblici il cui diritto alla liquidazione del Tfs/Tfr è stato e continua a essere leso contro ogni legittimità costituzionale. Per ottenere l’anticipo della liquidazione, la cui procedura è tra l’altro lenta e dall’esito non scontato, si arriva a pagare più di 2000 euro tra tassi di interesse e commissioni”.
"Appropriazione indebita dello Stato”
Il differimento della liquidazione del Tfs/Tfr per i dipendenti pubblici - incalzano con il j’accuse dal sindacato - è stato un’enorme operazione emergenziale per fare cassa, la cui perpetuazione risulta oggi ingiustificabile. Una vera e propria appropriazione indebita da parte dello Stato: il Tfs/Tfr ha natura di salario differito e in quanto tale è costituzionalmente tutelato. Nello studio si mette in luce la discriminazione rispetto al settore privato: il differimento determina una fattispecie discriminatoria a danno dei lavoratori pubblici rispetto a quelli privati, per i quali la liquidazione avviene immediatamente.
Attesa da 2 a 7 anni
Oggi la liquidazione arriva dopo 2 anni, se non addirittura 7 anni in caso di pensione anticipata, per di più a rate quando l’importo supera i 50.000 euro. Un differimento che non solo erode il potere d’acquisto, ma pregiudica in modo trasversale la qualità della vita delle persone e le costringe a pagare una penalizzazione qualora decidessero di avvalersi dell’anticipo offerto dall’Inps o dalle banche.
La sentenza della Consulta: per ora non cambia nulla
La sentenza della Consulta, dunque, interviene su un nodo scoperto più volte segnalato dal sindacato. Il punto è che l’intervento della Consulta non significa che le regole sono destinate a cambiare automaticamente. "Spetta al legislatore - avvisano i giudici - avuto riguardo al rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta, individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria”. Anche se, a fine maggio, il Presidente uscente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha sostenuto che l’erogazione immediata o ravvicinata del Tfs avrebbe comportato un “costo di 14-15 miliardi” che sarebbe “alla portata dell’Inps”. Un avviso che potrebbe e dovrebbe comportare un cambio di rotta fin dalla prossima manovra.