Roma, 27 maggio 2019 - Archiviate le elezioni europee 2019 (e, soprattutto, la campagna elettorale) il governo si trova ad affrontare una nuova partita. Che inizierà di qui a venerdì, termine entro cui dovrebbe arrivare la lettera Ue all'Italia per chiedere chiarimenti sul debito pubblico. Il discorso potrebbe concludersi già mercoledì 5 giugno, quando la Commissione farà conoscere valutazione e decisioni sul caso. Secondo Bloomberg, Roma rischia una sanzione da 3,5 miliardi di euro. Lo avrebbe rivelato un funzionario familiare con l'argomento, riferisce l'agenzia, che avrebbe anticipato l'intenzione di Bruxelle di aprire una procedure d'infrazione sul nostro Paese, legata all'andamento dei conti.
Una bocciatura secca che già oggi ha gelato Borsa Italiana, con l'Ftse Mib che ha invertito la rotta dopo una mattinata di rialzi, chiudendo in lieve calo, e lo spread protagonista di una fiammata finale che lo ha portato sopra i 280 punti. Una 'pagella' da dimenticare dopo l'accordo raggiunto in dicembre - al termine di mesi di trattativa - sulla legge di bilancio.
SALVINI - "Aspetto di leggere la lettera dell'Ue ma credo che la Commissione europea debba e possa prendere atto che i popoli ieri hanno votato per il cambio e la crescita - commenta il vicepremier Matteo Salvini -: quello che è chiaro che non si alzano le tasse, che l'aumento dell'Iva non esiste".
Una linea netta e dura, come di consueto. "Risponderemo in maniera garbata ed educata per dire che l'Europa della precarietà si è conclusa ieri e si apre un'altra stagione", dice ancora Salvini.
IL PUNTO - Si rischia una multa salata, quindi. Che non è però scontata. Ci si aspetta che la Commissione faccia il possibile per evitare la procedura. Se da un lato deve fronteggiare un 'sentimento' negativo verso le politiche di bilancio italiane alquanto generalizzato nell'Eurogruppo, l'esecutivo Ue è in scadenza e di qui la sua inevitabile debolezza politica. Più facile, in condizioni simili, perseguire la strategia del dialogo evitando scelte di rottura con un governo che rientra nel fronte sovranista.
Una rottura che potrebbe avere conseguenze rischiose per tutti sui mercati visto il peso del debito pubblico italiano. Inoltre, sebbene nel 2018 l'economia non fosse in stagnazione (la crescita è stata dello 0,9%), la metodologia per calcolare le manovre di bilancio in termini strutturali è da anni contestata non solo dall'Italia e un nuovo accordo che la sostituisca non c'è. Il governo italiano punta sulla nuova Commissione, che però si insedierà solo a novembre. E che potrebbe avere più commissari inviati da governi nazionalpopulisti: almeno tre e cioè Italia, Ungheria e Polonia con queste ultime due che però non fanno parte della zona euro.
Nella moneta unica ci sono Slovacchia, Olanda, Finlandia, Belgio, e poi la Germania naturalmente: nessuno di questi vuole tollerare derive sui conti pubblici italiana. E così la Francia, particolarmente esposta verso le banche italiane. Quanto ai partiti nazionalisti e populisti che sostengono vari altri governi, nessuno di questi vuole rischiare di 'pagare i conti dell'Italia' secondo la terminologia da loro stessi adottata. Quanto all'asserita volontà di Lega e M5S di cambiare le regole fiscali europee, si tratta di un'illusione: semmai, il rafforzamento dell'unione monetaria che i governi stanno ancora negoziando con l'obiettivo di chiudere la partita il prossimo mese, va in direzione contraria.