Martedì 16 Luglio 2024
ANTONIO PATUELLI*
Economia

Le sfide dell’economia, non basta alzare i tassi. Ora l’Europa pensi alla crescita

Il Pil italiano va meglio di Francia e Germania, ma calano produzione industriale ed export. In corso i negoziati sul nuovo Patto: bisogna invertire la rotta rispetto all’esigenza della stabilità.

Roma, 18 giugno 2023 –  Luci e ombre caratterizzano la situazione e le prospettive economiche italiane ed europee.

Certamente è positivo che il prodotto interno lordo italiano, pur con un incremento attorno solo all’uno per cento, sia più elevato di quelli della Francia e persino della Germania che si dibatte in una iniziale recessione che porta conseguenze negative anche all’economia italiana. Ma negli scorsi mesi sono calate la produzione industriale e le esportazioni italiane.

Christine Lagarde, presidente della Bce dal 2019 (ImagoE)
Christine Lagarde, presidente della Bce dal 2019 (ImagoE)

Lo spread (differenziale fra i tassi dei debiti pubblici italiano e tedesco a dieci anni) si è ridotto: alla chiusura dei mercati venerdì scorso lo spread era di 157 punti base (o centesimi), e questo dato appare positivo. Ma bisogna analizzare attentamente da che cosa derivi questa riduzione dello spread. Infatti, sempre venerdì scorso, il rendimento dei titoli di Stato tedeschi a dieci anni era del 2,46%, e del 4,03% di quelli italiani. Quindi occorre constatare che le difficoltà economiche della Germania hanno fatto crescere i costi per i loro Bund, mentre gli omologhi titoli di Stato italiani hanno rendimenti superiori perfino a quelli della Grecia, quotati al 3,77%, del Portogallo (3,11%), e degli altri principali Paesi dell’Europa dell’euro: Belgio (3,09%), Francia (2,97%), Irlanda (2,81%), Olanda (2,78) e Spagna (3,38%), mentre la Gran Bretagna, fuori dall’euro e dall’Unione europea, con il suo 4,40%, supera tutti questi Stati per costi degli interessi sui loro omologhi titoli pubblici.

Contemporaneamente si è interrotta la discesa del prezzo del gas sul mercato europeo di Amsterdam che ai primi di giugno si era ridotto attorno ai 23 euro, lontanissimo dai picchi dello scorso anno, ma che nei giorni successivi ha toccato anche i 40 euro e venerdì scorso era quotato 33,3 euro. Mentre il petrolio è quotato ancora abbastanza alto, a 75,8 dollari.

Anche l’inflazione in Europa e in Italia non è sconfitta, al punto che la Bce, proprio negli scorsi giorni, ha aumentato il tasso principale al 4%, con una crescita graduale, ma cospicua in soli undici mesi, dai tassi a zero del luglio scorso.

La crescita dei tassi europei è accompagnata anche da rilevanti misure della Bce di riduzione della liquidità, quando a fine di questo mese di giugno scade il principale prestito di liquidità della Bce alle banche commerciali che da novembre ha costi molto accresciuti. Insomma, alcuni dei più rilevanti fattori economici e finanziari non sono molto rassicuranti e da sola non appare sufficiente la strategia di innalzare crescentemente i tassi e ridurre la liquidità: la stretta monetaria non basta (occorrono anche misure di riduzione dei deficit e dei debiti pubblici e a favore degli investimenti) e al tempo stesso rischia di rallentare l’economia e di favorire una nuova fase di crisi di imprese, con i conseguenti problemi anche per l’occupazione e per il deterioramento dei crediti bancari. Decisivi sono strategicamente i negoziati in corso nell’Unione europea sul nuovo molto importante Patto di stabilità e crescita.

Per dare respiro prospettico alla crescita economica e sociale dell’economia europea e garantire una nuova maggiore stabilità delle economie nazionali, occorre che il nuovo patto anteponga le necessità di favorire la crescita alle pur indispensabili esigenze di stabilità finanziaria, perché l’esperienza di questi ultimi trent’anni in Europa ha insegnato che la stabilità anteposta alla crescita non riesce a raggiungere nessuno dei due obiettivi strategici.

*Presidente Associazione Bancaria Italiana