È sicuramente il capitolo fiscale a fare la parte del leone nella manovra 2025. Da solo assorbe circa 18 miliardi dei 30 messi in campo dal governo, oltre il 60% dell’intera legge di Bilancio. Soldi che saranno utilizzati per rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale estendendola ai redditi fino a 40mila euro (rispetto ai 35mila di quest’anno) e per il passaggio a tre aliquote Irpef (23% per i redditi fino a 28mila euro, 35% da 28mila a 50mila euro e 43% oltre i 50mila euro). È stata poi introdotta l’Ires premiale con uno sconto del 4% dell’aliquota per le imprese che accantonano utili e reinvestono in nuove assunzioni a tempo indeterminato. Mentre la flat tax per i dipendenti aumenta da 30 a 35mila euro. Non aumenta la tassazione sulle plusvalenze da criptovalute, che resta al 26% per passare al 33% nel 2026. Il limite dei ricavi per la web tax resta invece a 750 milioni per chi opera con l’estero. Infine tutti i pos dovranno essere collegati ai registratori di cassa, con non si adegua rischia sanzioni dal 2026.
In arrivo anche un decreto del Mef per spalmare su più anni il debito con il fisco per i contribuenti e gli imprenditori che scelgono di non comprovare lo stato di difficoltà in cui versa la propria impresa, purché il debito sia inferiore ai 120mila euro. Ma in realtà, sul fronte del taglio delle tasse, il governo continua a marciare con prudenza soprattutto per rispettare le nuove regole del patto di stabilità. Lo ha fatto capire chiaramente il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, rinviando a tempi migliori la nuova riduzione delle imposte per il ceto medio che era diventata uno dei cavalli di battaglia di tutti i partiti della maggioranza. Se ne parlerà quando sarà "sostenibile" per i conti pubblici. Le speranze del governo erano infatti tutte risposte sugli incassi del concordato preventivo biennale. Avrebbe dovuto portare nei forzieri dell’erario fra i 3 e i 4 miliardi, la cifra necessaria per ridurre l’aliquota intermedia dell’Irpef di due punti e portare lo scaglione da 50 a 60mila euro. Invece, il concordato si è fermato a quota 1,6 miliardi, una cifra del tutto insufficiente per coprire la riduzione dell’Irpef. Da questo punto di vista, per i contribuenti cambierà poco.
Si allarga, invece, ad altri 3,6 milioni di lavoratori il taglio del cuneo fiscale. Ma con un nuovo meccanismo che, di fatto, porterà meno soldi in busta paga per 1,1 milioni di dipendenti e circa 305 euro in più in busta paga per 2 milioni di lavoratori. Il taglio del cuneo, infatti, non sarà più uno sconto sui contributi versati all’Inps sugli stipendi fino a 35 mila euro, ma un "bonus" per chi dichiara fino a 20 mila euro e uno sgravio fiscale dai 20 mila ai 40 mila euro, con una graduale riduzione del beneficio a partire dai 32 mila euro. Pochi i vantaggi anche per gli imprenditori. L’Ires premiale raggiungerà soltanto 18mila imprese. Ci sarà, poi, una decisa sforbiciata alle detrazioni fiscali. Per chi guadagna tra i 75 e i 100 mila euro scatta un meccanismo che consentirà ai nuclei con più di due figli di spingersi fino a un massimo di detrazioni annuali di 14 mila euro. Per i single il massimo sarà di 7 mila euro. Per i redditi oltre i 100 mila euro, il tetto con più di due figli a carico sarà di 8mila, che scende a 4mila euro senza figli a carico. Dal prossimo anno, infine, i contribuenti e gli imprenditori che scelgono di non comprovare lo stato di difficoltà in cui versa la propria impresa, avranno più tempo per rateizzare i piani di rientro del debito con il fisco, purché il debito sia inferiore ai 120mila euro. In particolare, le durate massime del piano sono: 84 rate mensili, per domande presentate negli anni 2025 e 2026; 96 rate mensili, per domande presentate negli anni 2027 e 2028; 108 rate mensili, per domande presentate dal 1° gennaio 2029. I contribuenti che invece decideranno di comprovare lo stato di difficoltà otterranno una dilazione maggiore.