di Claudia Marin
Sono due i messaggi-chiave che il ministro dell’Economia lancia dal Meeting di Rimini come avvisi ai naviganti (e innanzitutto agli altri ministri) in vista della legge di Bilancio per il 2024. E tutti e due hanno il segno del monito: "La manovra è complicata e non si potrà fare tutto, puntiamo su un intervento per i redditi medio-bassi". E ancora: "Con i numeri della denatalità che abbiamo, non c’è riforma delle pensioni che tenga". Due volute puntualizzazioni che, tradotte, significano che, anche ammettendo di racimolare i 30 miliardi ipotizzati per le misure di finanza pubblica, le risorse dovranno e potranno servire al massimo per la conferma del taglio del cuneo contributivo e per la rivalutazione delle pensioni, senza che ci sia spazio per altre soluzioni di flessibilità previdenziale in uscita (come Quota 41 secca), oltre le misure già esistenti e prorogabili. Partiti e leader, dunque, sono avvertiti: dal Mef arriveranno tanti no.
IL NODO RISORSE
Lo scenario sarà più definito quando sarà varata la Nota di aggiornamento al Def entro fine settembre. Ma il responsabile di Via XX Settembre, d’accordo con Giorgia Meloni secondo un asse di realismo di politica-economica consolidato, mette le mani avanti. "Sarà una legge di bilancio complicata. Siamo chiamati – poiché facciamo politica – a decidere delle priorità: non si potrà fare tutto, certamente dovremo intervenire a favore dei redditi medio bassi, ma dovremo anche usare le risorse a disposizione per promuovere la crescita. Questo è l’indirizzo". Dunque, niente fughe in avanti con il fioccare quotidiano di "proposte più o meno corrette o strampalate".
METÀ MANOVRA
PER SALARI E PENSIONI
Il punto-chiave è che solo per confermare il taglio del cuneo come si è realizzato nel corso di quest’anno servirebbero 11 miliardi di euro. Un terzo della manovra, ma un terzo che si dovrà trovare per forza, come spiega a sua volta il ministro Adolfo Urso, se non si vorrà penalizzare i lavoratori fino a 25 e 35mila euro. In ballo sono 100 euro netto in busta paga. Che fanno la differenza in un anno elettorale. E non basteranno, perché la ministra del Lavoro, Marina Calderone, insiste anche su detassazione di tredicesime, straordinari, premi e welfare. Altri 5 o 6 miliardi (ma è una prima stima) serviranno per adeguare le pensioni all’inflazione: e anche in questo caso non si potranno usare meccanismi penalizzanti per i redditi più elevati, perché si sono usati già per quest’anno e si potranno solo confermare. Come si vede, metà o anche più dell’intervento autunnale è già ipotecato e mancano all’appello la revisione dell’operazione sugli extraprofitti delle banche, chiesta da Forza Italia, l’attuazione del primo modulo della riforma dell’Irpef, per non dire di tutto il pacchetto crescita e delle cosiddette spese obbligatorie da finanziare.
PENSIONI, RIFORMA
AL PALO
Il ministro guarda al medio periodo e alla platea del Meeting e spiega: "Il tema della natalità è un tema fondamentale: non c’è nessuna riforma previdenziale che tiene nel medio-lungo periodo con i numeri della natalità che abbiamo oggi in questo Paese". Il messaggio sottinteso di Giorgetti, però, è più a breve e riguarda innanzitutto la Lega: non puntate su Quota 41 o altre forme di anticipi pensionistici. Al massimo si potrà confermare quello che c’è.
L’ÀNCORA DEL PATTO
DI STABILITÀ
Alla fine dei conti, il ministro confida su un possibile aiuto dall’Europa. Ma, per evitare tensioni con Bruxelles, è costretto a correggere il tiro: "Spero che la clausola del Patto di stabilità Ue non riparta da gennaio 2024", fa sapere. Poi il Mef puntualizza che "il ministro non chiede la proroga della sospensione della clausola del Patto di stabilità in vigore fino al 31 dicembre, ma ha espresso l’auspicio che entro la fine dell’anno sia approvata la riforma del Patto di stabilità in modo da poter entrare in vigore al posto delle vecchie regole dal 1° gennaio 2024".