Martedì 16 Luglio 2024

Tristi e stressati al lavoro. Gli italiani ‘remano contro’

L'allarme per le imprese italiane: uno su quattro dei dipendenti è attivamente disimpegnato, con conseguenze negative sull'azienda. Il report evidenzia la necessità di prioritizzare il benessere dei lavoratori per contrastare l'insoddisfazione e ridurre il turnover.

Tristi e stressati al lavoro. Gli italiani ‘remano contro’

Tristi e stressati al lavoro. Gli italiani ‘remano contro’

DIPENDENTI tristi e stressati, quando non apertamente ostili. L’allarme per le imprese italiane arriva dal report “State of the global Workplace“ dell’istituto di analisi Gallup, secondo cui uno su quattro – record dal 2018 e livello top in Europa – arriva a un punto tale di disamoramento verso la propria azienda da remarle contro. Veri e propri sabotatori, ben oltre il quiet quitting, ovvero le dimissioni silenziose che portano a non fare nulla più dello stretto necessario per onorare il proprio contratto. Lo studio divide i lavoratori in tre tipologie: ci sono quelli “impegnati”, che si possono dire entusiasti e coinvolti nel loro lavoro, capaci di guidare l’innovazione e il progresso dell’organizzazione. Poi ci sono quelli “non impegnati”, che al lavoro dedicano sì tempo, ma non energie e passione. Infine ci sono quelli “attivamente disimpegnati”, che arrivano addirittura a remare contro. Queste persone non sono solo insoddisfatte, ma anche risentite perché stanno in un posto che non risponde alle loro aspirazioni. E per questo trascinano al ribasso anche chi lavora al loro fianco. Nel focus sull’Italia emerge che il 25% dei lavoratori fa parte di quest’ultima categoria, dato che pone il nostro Paese al top in Europa per quota di “actively disengaged”, visto che la media mondiale è del 15% e quella del vecchio continente è del 16%.

Questa disillusione verso il proprio posto di lavoro è confermata anche dal rapporto 2024 del Censis, secondo cui l’87,3% degli occupati italiani ritiene sbagliato mettere il lavoro al centro della vita. In questo contesto il 67,7% vorrebbe che il tempo dedicato al lavoro fosse inferiore, mentre il 30,5% dichiara di impegnarsi nella propria attività lavorativa per il tempo strettamente necessario. Questa percentuale cresce nei giovani al 34,7%. I numeri del Censis parlano chiaro: negli ultimi anni la priorità dei dipendenti è bilanciare i tempi di vita con quelli del lavoro. In questa prospettiva diventa rilevante il sostegno alle proprie necessità tramite misure di welfare che consentano di soddisfare i bisogni non necessariamente legati a fattori economici (asili, palestre o attività sportive in genere, convenzioni mediche ecc...). Intercettare questi bisogni aiuterà a determinare la capacità dell’impresa di attrarre le migliori risorse, ma anche quella di trattenerle contrastando il fenomeno delle grandi dimissioni.

Che ce ne sia davvero bisogno emerge anche da un altro dato analizzato dal report di Gallup: In Italia “sta bene” solo il 41% dei lavoratori. Andiamo meglio che nel resto del mondo (34% è la media globale) ma peggio dei nostri competitor europei (47%). E soprattutto vuol dire che quasi sei lavoratori su dieci sono in difficoltà o addirittura in sofferenza. Tanto che, se si chiede agli italiani delle sensazioni provate nell’ultima giornata in ufficio, stress (46%) e tristezza (25%) sono ben più diffusi che nel resto del vecchio continente (rispettivamente 37% e 17%).

"Da ormai dieci anni vediamo che le emozioni negative sono in crescita, specie dopo la pandemia – commenta Federico Orlandini, consulente senior di Gallup – E i giovani sono significativamente più scontenti degli anziani. I datori di lavoro devono ripensare la gestione delle persone, dando la priorità al loro benessere per migliorarne l’esperienza e ridurre il turnover causato dall’insoddisfazione".