Giovedì 27 Marzo 2025
REDAZIONE ECONOMIA

Quando il lavoro stressa. Uno su tre a rischio burn-out

PRIGIONIERI del burn-out. Quasi un terzo dei dipendenti italiani (il 31,8%) ha provato stanchezza, sensazioni di esaurimento, di estraneità o...

PRIGIONIERI del burn-out. Quasi un terzo dei dipendenti italiani (il 31,8%) ha provato stanchezza, sensazioni di esaurimento, di estraneità o...

PRIGIONIERI del burn-out. Quasi un terzo dei dipendenti italiani (il 31,8%) ha provato stanchezza, sensazioni di esaurimento, di estraneità o...

PRIGIONIERI del burn-out. Quasi un terzo dei dipendenti italiani (il 31,8%) ha provato stanchezza, sensazioni di esaurimento, di estraneità o comunque sentimenti negativi nei confronti del proprio lavoro. Tale stato psicologico coinvolge il 47,7% dei giovani, il 28,2% degli adulti e il 23% dei più anziani. Il tutto nonostante la gran maggioranza ritenga prioritario che il lavoro contribuisca al benessere fisico e psicologico. Lo certifica il Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, secondo cui il 73% dei lavoratori vive situazioni di stress o ansia legate alla propria professione, il 76,8% non sempre è riuscito a trovare un equilibrio tra vita privata e lavoro, il 75,9% si sente spesso sopraffatto dalle responsabilità quotidiane e il 73,9% sente di avere troppa pressione addosso quando lavora. Inoltre, il 67,3% ha provato frustrazione per via del mancato supporto da parte del datore di lavoro, il 36,7% è andato da uno psicologo o ha fatto ricorso al counseling a causa del proprio lavoro. Sono 3 milioni, invece, i lavoratori affetti dalla cosiddetta “sindrome da corridoio“, cioè quel groppo di ansie e disagi tra lavoro e vita privata che riduce drasticamente il benessere soggettivo, la qualità della vita e la salute mentale. Si portano a casa i problemi lavorativi, con relativi effetti negativi, il 41% dei più giovani, il 34,9% degli adulti e il 33,7% dei più anziani.

Eppure l’83,4% dei dipendenti italiani ritiene una priorità che il lavoro contribuisca al benessere olistico, fisico e psicologico. Ne sono convinti il 76,8% dei dirigenti, l’86,1% degli impiegati e il 79,5% degli operai. Il 63,5% dei dipendenti vorrebbe supporto a svolgere attività di meditazione o yoga e aiuto nel ricorrere a uno psicologo, mentre il 38,2% ritiene che la meditazione aiuterebbe a gestire meglio lo stress. Per affrontare gli effetti delle sofferenze da lavoro è forte la richiesta di tempo libero: l’89,4% vorrebbe più tempo per sé stessi e per le cose che piacciono, l’86,2% per stare di più con amici e parenti, il 78,9% per svolgere attività fisica, il 73,9% per svolgere attività culturali, il 79% per riposare. Le dimensioni del lavoro che contano positivamente per il benessere soggettivo sono per il 94,6% dei dipendenti un buon rapporto con superiori e colleghi, cioè un buon clima aziendale, per il 93,1% la possibilità di operare con un certo grado di autonomia, per il 92,2% un riuscito bilanciamento tra vita privata e lavoro, per il 91,6% la flessibilità degli orari, per l’87,6% sentirsi valorizzati in azienda e per il 64,1% lavorare anche in smart working.

"Il desiderio di benessere è di tutti e riguarda tutte le dimensioni: fisica, mentale, sociale ed economica – spiega Alberto Perfumo, ad di Eudaimon – I tempi sono maturi per le aziende per proporsi come hub del benessere, garantendo ascolto e accompagnamento alle soluzioni, da quelle più piccole e quotidiane a quelle più articolate, private e pubbliche. Un ruolo nuovo che garantisce più attenzione alle persone e maggior coinvolgimento". Sulla falsariga il segretario generale del Censis, Giorgio De Rita, secondo cui "quando entrano in azienda, le persone non rinunciano all’obiettivo del proprio benessere olistico, cioè psicofisico e sociale. Tuttavia, sono ancora molte le situazioni di stress legate al lavoro. Attrarre e trattenere i dipendenti significa sempre più misurarsi con le loro nuove e inedite aspettative".