Martedì 16 Luglio 2024

La settimana corta piace ai direttori del personale

L'indagine di Aidp rivela che il 93% dei direttori del personale è favorevole alla settimana lavorativa di quattro giorni. Le ragioni principali sono la conciliazione vita-lavoro e il benessere dei dipendenti. Tuttavia, vi sono preoccupazioni riguardo all'aspetto economico e organizzativo. La sperimentazione è vista come la strada da seguire per valutare l'efficacia di questa soluzione.

La settimana corta piace ai direttori del personale

La settimana corta piace ai direttori del personale

LAVORARE quattro giorni alla settimana e dedicare gli altri tre alle proprie passioni e alla famiglia non è più una chimera. Soprattutto perché oltre ai diretti interessati, i lavoratori dipendenti, comincia a esserne convinta la controparte, ovvero i direttori del personale. E con percentuali sorprendentemente alte. Lo rivela un’indagine di Aidp – l’Associazione Italiana per la Direzione del Personale – secondo cui il 93% dei professionisti delle risorse umane è in tutto o in parte favorevole al passaggio dai canonici cinque giorni lavorativi a quattro, mentre solo il 6% si dichiara decisamente contrario. Residuale (circa l’1%) la quota di coloro che non hanno un’idea precisa in merito. Nel dettaglio, il 53% si dichiara d’accordo sull’introduzione della settimana corta, mentre il restante 40% lo è solo parzialmente. Tra le principali ragioni di coloro che sono favorevoli, il 79% indica la possibilità di migliorare la conciliazione vita-lavoro, il benessere psicofisico dei dipendenti (46%) e la motivazione al lavoro dei dipendenti (27%).

Tra coloro che non sono d’accordo, per il 50% la misura non è compatibile con la situazione economica e produttiva delle nostre imprese, per il 37% vi è una difficoltà di implementazione organizzativa e per il 20% implicherebbe 9-10 ore di impegno giornaliero. Tra coloro che hanno espresso una parziale adesione (il 40%), si sottolinea soprattutto la necessità di definire (come per lo smart working) una misura della produttività basata sulle performance, con linee guida definite dalla contrattazione nazionale (per il 41%), oltre la valutazione preliminare della sostenibilità economica (34%) e difficoltà a livello di implementazione organizzativa (25%).

Il dibattito sulla settimana corta è di stretta attualità, non solo in Italia, e ruota intorno ai due temi fondamentali presi in considerazioni dalla survey di Aidp, ovvero quali sarebbero gli impatti sull’organizzazione del lavoro e quali le conseguenze dal punto di vista retributivo. In sintesi, si tratta di una soluzione praticabile per gran parte del mondo del lavoro oppure è una possibilità confinata a poche realtà produttive e a una dimensione prevalentemente sperimentale? Per implementare la settimana corta nella propria azienda il 62% dei direttori del personale partirebbe con soluzioni sperimentali, attraverso una contrattazione a livello aziendale (33%) e riportando la questione anche a livello di contrattazione nazionale (24%). Il 26% ritiene possibile mantenere lo stesso salario ma riducendo i giorni, mentre l’8% propende per una riduzione parziale dello stipendio in proporzione alle ore lavorate. Il 20%, infine, è favorevole a mantenere lo stesso numero di ore contrattuali ma riducendo i giorni.

"Seppur culturalmente siamo favorevoli alla settimana corta – commenta Matilde Marandola (nella foto), presidente nazionale di Aidp – è sempre importante comprendere e ascoltare le situazioni delle singole aziende e delle singole persone. Una decisione standard e uguale per tutti, infatti, potrebbe avere ricadute negative sulla motivazione, sulla retention e sull’economia. Per queste ragioni la via della sperimentazione è quella maestra per verificare e testare la reale e virtuosa fattibilità dell’introduzione a regime della settimana corta. Soluzione alla quale guardiamo con equilibrio e interesse, visto il grande impatto sociale ed economico che avrebbe".