Martedì 2 Luglio 2024

La casa dei talenti

Lo studio di The European House-Ambrosetti e Jointly dimostra che investire nel benessere dei dipendenti aumenta la produttività e riduce i costi per le aziende, affrontando anche il problema del turnover. Un approccio integrato al corporate wellbeing può generare benefici economici e migliorare il clima lavorativo.

La casa dei talenti

La casa dei talenti

IL BENESSERE dei dipendenti conviene alle aziende. Perché le fa crescere e anche risparmiare sui costi. Lo dimostra lo studio realizzato da The European House-Ambrosetti e Jointly, secondo cui il corporate wellbeing, ovvero l’insieme di servizi e soluzioni che le imprese utilizzano per migliorare il benessere organizzativo e personale dei collaboratori, può portare a un incremento del 20% di produttività rispetto alla media delle aziende che non li adotta, con un valore aggiunto per addetto di quasi 60mila euro. Allo stesso tempo è in grado di fornire una risposta efficace a fenomeni sempre più attuali, come il crescente malessere dei lavoratori italiani. Il 46% degli intervistati dichiara infatti di sentirsi molto stressato sul luogo di lavoro, mentre solo il 5% si sente pienamente ingaggiato dalla propria azienda (l’incidenza più bassa a livello europeo) e il 36% dichiara di volersi dimettere entro un anno. Ciò per la scarsa attenzione dell’impresa verso la salute mentale, che viene considerata inadeguata dal 98% di chi decide di andarsene, per la carenza di flessibilità e il work-life balance, considerato insoddisfacente da 9 dimissionari su 10.

Un fenomeno, quello del turnover, che comporta un salasso economico per le aziende. Tra costi diretti, di assunzione e formazione, e indiretti, dovuti a una diminuzione, seppur temporanea, della produttività, una dimissione ha un costo medio per l’azienda di oltre 11.000 euro, con picchi nell’industria e nelle grandi imprese. Agire, quindi, sulla capacità di trattenere i talenti tramite attente strategie di corporate wellbeing, potrebbe consentire alle aziende di ridurre il costo del turnover con un beneficio complessivo, secondo lo studio Teha-Jointly, di circa il 16% sul costo annuo del personale. "Trasformare l’offerta di welfare, spesso basata su benefit monetari e iniziative frammentate, in una strategia coerente e integrata per il corporate wellbeing – che supporti il benessere dei collaboratori in maniera personalizzata, dall’assistenza alla famiglia alla formazione continua, dal benessere fisico a quello psicologico, passando per il tempo libero – fa bene al benessere organizzativo. Inoltre è anche economicamente più conveniente per l’azienda" commenta Francesca Rizzi, ceo di Jointly.

Incrementare l’offerta di benefit non monetari ai dipendenti permette anche di efficientare il costo del lavoro attraverso una duplice leva: il beneficio fiscale e l’innovazione delle strategie retributive. Il primo aspetto può portare a un risparmio annuo compreso tra 5.500 euro per le pmi e 380mila euro per le grandi aziende; il secondo a un impatto positivo (+2.800 euro di valore) creato per il collaboratore, a fronte di circa 600 euro di spesa. Incremento dell’indice di produttività, abbattimento dei costi del turnover ed efficientamento del costo del lavoro diventano quindi tre elementi fondamentali del valore del corporate wellbeing e di tutte quelle iniziative che le aziende possono mettere in campo per favorire il benessere delle proprie persone.

"Oggi più che mai – conclude Pio Parma, senior consultant di The European House-Ambrosetti e curatore dello studio realizzato con Jointly – migliorare la qualità del luogo di lavoro intervenendo sulla leva del benessere aziendale consente alle imprese di rafforzare la propria attrattività e distintività sul mercato del lavoro, in un contesto di crescente difficoltà di recruiting, dimissioni e quiet quitting da parte dei dipendenti".