ENTRO il 2028 dovranno essere sostituiti 29 milioni di lavoratori in uscita, ma il 70% delle Pmi italiane fatica a trovare i candidati idonei. Il tema della “people scarcity”, ossia la difficoltà nel reperire personale qualificato, emerge come un problema cruciale per le piccole e medie imprese, che rappresentano il 98% del tessuto imprenditoriale del nostro Paese. Un’indagine dell’I-AER (Institute of Applied Economic Research) rileva che tra il 2024 e il 2028 il fabbisogno di forza lavoro in Italia si attesterà tra i 31 e i 36 milioni di persone, a seconda degli scenari futuri. Questo dato include la sostituzione di circa 29 milioni di lavoratori in uscita. Lombardia, Lazio, Campania, Emilia-Romagna e Veneto guideranno la domanda di nuovi occupati. Tuttavia, nonostante la digitalizzazione abbia trasformato i processi di ricerca e selezione del personale, le imprese continuano a incontrare difficoltà nel reclutare figure qualificate in vari settori, dagli sviluppatori software agli specialisti in cybersecurity, dai tecnici di manutenzione ai camerieri.
Secondo Eca Italia, leader nella consulenza per la gestione dei lavoratori espatriati con una rete di partner presente in più di 50 Paesi, una delle leve da utilizzare per colmare questo gap è la Blu Card, ossia la possibilità d’ingresso di personale qualificato extra Ue. Si tratta di uno strumento introdotto nel 2023 che permette l’accesso di lavoratori al di fuori delle quote di ingresso, quindi fuori dallo schema del decreto flussi. La forte discontinuità portata dal decreto 153/2023 è stata quella di abbassare la soglia qualitativa che connota la specializzazione del candidato extracomunitario. Se fino all’emanazione del decreto la qualifica era strettamente connessa al possesso di una laurea, il nuovo scenario consente l’ingresso a lavoratori specializzati non necessariamente laureati. Per dimostrare una specializzazione professionale combinata con le esigenze della nuova Blu Card è necessaria una qualifica attestata da almeno 5 anni di esperienza di livello paragonabile ai titoli di istruzione superiori di livello terziario pertinenti al settore specificato nel contratto di lavoro. Inoltre occorre documentare la presenza di precedenti contratti, buste paga o altre circostanze che dimostrino il livello di qualificazione.
"La people scarcity rappresenta una sfida significativa per le Pmi italiane, minacciando la loro competitività e la sostenibilità nel lungo termine – commenta Andrea Benigni (nella foto), ceo di Eca Italia – Il disallineamento tra domanda e offerta di competenze, l’invecchiamento demografico e le rigidità normative costituiscono ostacoli rilevanti, ma non insormontabili. Interventi mirati in ambito formativo, incentivi fiscali e, non ultimo, uno sguardo sereno alla leva migratoria devono diventare dei target a cui riferirsi. Queste misure non solo possono affrontare l’attuale carenza di personale qualificato, ma anche rafforzare la loro posizione nel panorama economico italiano e internazionale. Se molte competenze specialistiche non sono acquisibili in Italia – conclude Benigni – è altrettanto vero che alcune aree, come il Sud America, il Maghreb e il Sud Est Asiatico, sono in grado di offrire un combinato tra qualità e quantità di offerta di lavoro verso cui le Pmi in particolare, ma anche le grandi aziende, mostrano sensibilità".