Giovedì 3 Ottobre 2024

Hera investe nelle persone e sigla un patto del buon lavoro

HERA e sindacati firmano il Patto del Buon Lavoro, un modello innovativo per il futuro del lavoro basato su partecipazione attiva, inclusione e sostenibilità. Focus su formazione, assunzioni e valore condiviso.

Hera investe nelle persone e sigla un patto del buon lavoro

Hera investe nelle persone e sigla un patto del buon lavoro

HERA FIRMA E PRESENTA, assieme a tutte le sigle sindacali, un nuovo patto per il lavoro. Il Gruppo, infatti, disegna un modello di impresa del futuro e lo fa dopo un lungo percorso di concertazione con le organizzazioni sindacali. Il Patto del buon lavoro è un documento ampio e programmatico, inedito nel panorama del settore in Italia, firmato da Hera, dal Coordinamento Rsu del Gruppo Hera e dalle Segreterie Nazionali e Regionali di Filctem e FP Cgil, Femca, Fit e Flaei Cisl, Uiltec e Uiltrasporti Uil, Fiadel e Cisal Federenergia. Ma il Gruppo Hera, dove lavorano oggi 10mila persone, sul fronte del lavoro e delle politiche di sostenibilità ha molto da dire, come spiega il suo presidente esecutivo, Cristian Fabbri (nella foto sopra).

Presidente, perché il Patto del Buon Lavoro è importante per il futuro delle relazioni industriali e cosa vi ha spinto a siglarlo?

"In un contesto sfidante come quello attuale, in cui i valori fondamentali del lavoro rischiano di essere messi in secondo piano, abbiamo deciso di ripartire dalle basi solide di quanto già sviluppato dal Gruppo Hera nel corso degli anni per far evolvere ulteriormente i nostri standard di riferimento e costruire nel tempo un nuovo modello di partecipazione insieme alle organizzazioni sindacali. Il Patto è la sintesi di questo progetto comune dell’azienda e dei sindacati, aperto al coinvolgimento di tutti gli stakeholder di riferimento, e nasce dall’ampio confronto, sviluppato tra la fine del 2023 e i primi mesi di quest’anno, sulle nuove sfide del mercato del lavoro e le relative strategie aziendali".

Quali sono le novità introdotte dal Patto?

"Il documento rilancia, nel segno dell’innovazione, un modello di relazioni industriali fondato sulla partecipazione attiva dei lavoratori e delle lavoratrici alla vita dell’impresa. Il Patto si fonda su cinque pilastri, che riguardano l’intera sfera lavorativa: salute e sicurezza; filiere integrate e appalti; equità e inclusione; benessere, sviluppo professionale e produttività; sostenibilità e valore condiviso. All’interno di questi ambiti ci assumiamo, coi sindacati, impegni concreti, mantenendo al centro, con forza, le persone del Gruppo. Tra le novità, vorrei ricordare le azioni di supporto alla genitorialità, alle persone fragili e ai caregiver, la valorizzazione delle diverse abilità, l’investimento per la crescita e il benessere delle persone del Gruppo, il contrasto alla violenza di genere, con l’istituzione della Commissione Bilaterale per le Pari Opportunità, e la promozione del linguaggio inclusivo".

Oggi lavorano con voi oltre 10mila persone, ma è previsto un piano di nuove assunzioni: il Patto del Buon Lavoro è, quindi, anche uno strumento attrattivo?

"Sì. Firmare un Patto che mette al centro le persone e le rende protagoniste del cambiamento e del futuro dell’azienda è un elemento di attrattività, perché presuppone impegni condivisi e azioni concrete all’interno di un sistema di valori nel quale tutte e tutti ci sentiamo tutelati. Le 2.600 assunzioni previste tra il 2024 e il 2027, comprensive delle internalizzazioni, sono accompagnate da investimenti crescenti sulla formazione e da azioni di sviluppo delle persone in termini di evoluzione delle modalità di lavoro, accelerazione della digitalizzazione dei processi, valorizzazione in ottica di sostenibilità e circolarità".

Quali saranno le nuove opportunità di formazione e apprendimento continuo?

"Gran parte delle azioni contenute nel Patto del Buon Lavoro riguarda la cultura e la formazione, ambiti sui quali gli standard quali-quantitativi del Gruppo sono già particolarmente elevati. Procediamo sulla strada già tracciata e, ad esempio sul tema della sicurezza, che consideriamo da sempre prioritario, ci impegniamo a realizzare nel periodo 2024-2027 oltre 400 mila ore di formazione e a investire in questo ambito circa 20 milioni di euro, pari a un terzo dei 60 milioni di euro complessivi destinati alla formazione. Prevediamo infatti anche di consolidare le collaborazioni con il sistema educativo e incentivare l’apprendimento continuo delle persone. Inoltre, estenderemo le 150 ore annuali di permesso studio a tutte le persone del Gruppo, anche per master e corsi di alta formazione non riconosciuti dal Miur".

Si può declinare il futuro del lavoro anche in termini di sostenibilità?

"Certo, la sostenibilità è imprescindibile: il Gruppo Hera vuole sviluppare un modello di impresa capace di innovazione e di forte radicamento territoriale, nel rispetto dell’ambiente, e questo approccio è legato a doppio filo alle strategie aziendali. Abbiamo previsto che al 2030 il 70% del nostro Margine Operativo Lordo (MOL) sarà a valore condiviso, ovvero riconducibile a progetti che rispondono agli obiettivi dell’Agenda ONU. Di conseguenza, vogliamo rendere i meccanismi incentivanti collettivi sempre più coerenti con questi target. La novità assoluta prevista nel Patto riguarda il premio di risultato che sarà calcolato anche in base alla nostra capacità di generare valore condiviso, a conferma di un impegno ancora più stringente per garantire uno sviluppo sostenibile e una transizione giusta".

Il Patto del Buon Lavoro è uno strumento esportabile ad altre aziende del settore?

"Si tratta di un modello inedito che può essere replicato. L’impresa deve rappresentare un motore di cambiamento positivo e costruire un futuro più inclusivo, sostenibile e sicuro. È fondamentale, infatti, rispondere efficacemente alle evoluzioni in corso sul mercato del lavoro favorendo una transizione giusta, che vede tutti gli stakeholder partecipare alla creazione di sviluppo sostenibile e trarre beneficio da questa crescita".