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Allarme gender pay gap Ma le aziende lo ignorano
NONOSTANTE la scarsa flessibilità e il gap salariale con i colleghi maschi, le lavoratrici italiane vedono rosa. A mettere a fuoco le loro prospettive è una ricerca di Adecco Group, dalla quale emerge l’ottimismo dell’87% delle rispondenti, convinte che la situazione migliorerà nel prossimo futuro. In particolar modo, secondo il 20% aumenterà la presenza femminile in ruoli manageriali (ceo, country manager, amministratore delegato). La ricerca evidenzia che i principali ostacoli incontrati dalle donne nel loro percorso professionale sono per il 30% una scarsa flessibilità lavorativa, per il 29% il gender pay gap e per il 17% la crescita professionale lenta. Evidente anche un’attenzione sempre maggiore verso la qualità della vita, tanto che il 40% del campione considera il bilanciamento vita-lavoro un aspetto fondamentale, a fianco di stipendio (25%) e possibilità di crescita (22%). Le principali sfide che, come sistema Paese, si dovranno affrontare per migliorare la situazione sono legate sia a una questione culturale che ad azioni pratiche. L’aspetto culturale è legato al fatto che, in alcuni settori, la presenza femminile è ancora troppo debole a causa della consuetudine, ed è quindi importante aumentare la consapevolezza sulle possibilità di carriera già durante gli anni scolastici (circa il 65% dei rispondenti. Le azioni pratiche, per il 33% delle intervistate, sono invece legate all’equità salariale.
Il problema è conclamato, eppure una ricerca condotta dal Movimento delle B Corp italiane mette in luce come il 41% delle aziende non abbia in essere alcun piano o strategia per garantire uno stesso livello retributivo tra uomini e donne. Situazione solo leggermente migliore in Europa e nel resto del mondo, dove le percentuali sono rispettivamente del 38% e del 37%. La ricerca approfondisce ulteriori aspetti dell’uguaglianza di genere nel mondo del lavoro. La presenza di imprenditrici risulta ancora insufficiente, dato che solo nel 19% delle aziende vi è una componente femminile tra i soci pari almeno a un quarto (a livello globale la percentuale è del 24%). Anche a livello di management, le opportunità per le donne sono ridotte: solo nel 41% delle aziende ci sono almeno un quarto dei ruoli di responsabilità ricoperto da figure femminili (rispetto al 56% delle aziende a livello globale). Nel 30% vi è una presenza di professioniste all’interno del consiglio di amministrazione, contro il 38% delle aziende nel mondo.
La scorsa settimana il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva le nuove regole Ue che mirano a contrastare il divario retributivo tra i generi. Le norme imongono che le strutture retributive siano basate su criteri neutrali rispetto al genere, sia nel settore privato che in quello pubblico. Inoltre, dovranno essere introdotti dei sistemi di valutazione o classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere, così come dovranno esserlo gli avvisi di posto vacante e la denominazione delle posizioni lavorative. Infine, i processi di assunzione dovranno essere condotti in modo non discriminatorio. I Paesi Ue dovranno inoltre introdurre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, ad esempio ammende, per i datori di lavoro che non rispettano le regole.