Roma, 17 novembre 2024 - Hanno tra i 30 e i 40 anni (41%), una laurea magistrale (38%) per la maggior parte a indirizzo giuridico (43,3%) e un’aspettativa di crescita della retribuzione che, a giugno 2024, era di 3 punti percentuali inferiore a quella del settore privato. Questo è l’identikit di chi oggi si candida per lavorare nella Pubblica amministrazione secondo l’analisi di Bigda, società di consulenza che offre servizi avanzati di analisi dei dati, analytics e ricerche di mercato attraverso tecnologie di big data e intelligenza artificiale, realizzata per FPL, la federazione italiana dei lavoratori pubblici e del pubblico impiego. L’indagine, dal titolo Analisi dei concorsi pubblici, retribuzioni e smart working nella pubblica amministrazione italiana: dati e tendenze per il futuro, riguarda tre nodi centrali per la PA. I concorsi pubblici, dal 2010 fino a giugno 2022, periodo a cui gli ultimi dati ufficiali disponibili, la retribuzione nella PA, con un focus sulle variazioni salariali nel tempo e un confronto fra pubblico e privato, e lo smart working, al centro in questi giorni della contrattazione sindacale.
Concorsi pubblici: boom di bandi 2021-2022
Dal 2010 al 30 giugno 2022 sono 168 i bandi di concorso gestiti da Formez PA, per un totale di 47.448 posti messi a concorso. Dal 2021 e fino a giugno 2022, il processo selettivo ha raggiunto un'intensità senza precedenti: solo nel 2021 sono stati indetti 105 bandi per oltre 30mila posti, contro i 18 del quinquennio 2010-15 quando sono stati banditi poco più di 1600 posti e i 24 del triennio 2016-19 con meno di 6mila posti. Nel biennio 2021-22, dunque, sono state aperte 395 sessioni d’esame che hanno attirato 1,6 milioni di candidature e hanno registrato una partecipazione effettiva di 620.000 persone. Di questi, 114.000 candidati hanno superato le prove, con un significativo numero di idonei pronti a entrare nei ranghi della Pubblica Amministrazione. La maggior parte dei concorsi è stata indetta dalle amministrazioni centrali, che hanno pubblicato il 71,5% dei bandi e offerto il 76,1% dei posti disponibili. Le amministrazioni locali, invece, hanno avuto un ruolo minore, rappresentando solo il 28,5% dei bandi e il 23,9% dei posti. Ogni bando è mirato a ricercare un determinato numero di figure professionali: nel periodo 2021-22, più di un posto su due è stato destinato a profili da funzionario (il 22,9% per i funzionari tecnico specialistici, il 19,2% per gli addetti all'ufficio per il processo e il 18,5% per i funzionari giuridico-amministrativi). Solo 3mila posti per gli operatori data entry, poco più di mille per gli operatori amministrativo gestionale e altri mille per l’assistente amministrativo.
“Il reclutamento maggiore di funzionari rispetto agli operatori o assistenti è da ricercarsi nel fatto che, negli anni precedenti, le poche assunzioni registrate hanno privilegiato questi ultimi profili per una ragione meramente economica: quelle assunzioni costavano meno”, spiega Marco Carlomagno, segretario generale di FLP. Rispetto agli skill generali maggiormente ricercati nei concorsi, invece, si ha una prevalenza della lingua inglese (99,1%) e delle tecnologie informatiche (97,5%). Se guardiamo, infine, la progressione dal 2010 al 2022 della copertura dei posti per anno di pubblicazione dei bandi, notiamo che più ci avviciniamo a oggi e maggiori sono i posti rimasti scoperti: se fino al 2018 la percentuale era del 100%, dal 2019 ci attestiamo tra l’80% e il 90%.
Concorsi pubblici: identikit dei candidati
Il 41,3% dei candidati ai concorsi pubblici, sempre nel periodo 2021-22, ha tra i 30 e i 40 anni e solo il 29,2% è under 30, un dato che ancora una volta ha a che fare con la scarsa attrattività del settore e che dimostra chiaramente che per la Gen Z il posto pubblico non è la prima scelta dopo la laurea. Non solo: stando all’età media dei lavoratori nella PA (over 55), “è evidente che c’è anche un divario importante tra chi si candida e chi poi effettivamente entra in forze alla PA. Una parte, sicuramente, non supera il concorso, ma un’altra parte, altrettanto significativa, lo supera e rinuncia al posto”, spiega Carlomagno. Intorno al 20% anche la percentuale delle persone tra i 40 e i 50 anni che tentano la strada della PA, sotto al 7% i candidati over 50. L’incidenza delle donne, in ogni caso maggiore di quella degli uomini, è più importante tra i candidati delle regioni del Nord (60,2%) e del Centro (61,6%). Oltre l’80% dei candidati è laureato: il 37,7%, la maggioranza, ha la laurea magistrale, il 20,1% la triennale e il 18,1% ha solo la maturità. Netta prevalenza dei laureati in materie giuridiche (43,3%) seguiti da quelli in discipline economiche (17,3%), a fronte di una carenza per i titoli di informatica, statistica e matematica, che hanno tutti frequenze inferiori all’1%. La situazione del personale nei comparti di contrattazione della PA vede un aumento di occupati dal 2015 al 2021 per quanto riguarda sanità e istruzione e una diminuzione nelle funzioni centrali e locali (-6,38% e -8,5%).
Retribuzione: gap con i privati
Se guardiamo le retribuzioni contrattuali e le variazioni in percentuale tendenziali mensili del 2023-2024, vediamo come gli impiegati non dirigenti della PA abbiano una crescita molto inferiore della propria retribuzione contrattuale rispetto agli stessi nel settore privato: solo nel giugno 2024 c’è un +1,6% contro un +4,2%. Sono le variazioni mensili dei dirigenti della PA a risollevare un po’ il settore: a giugno 2024 registrano un +3,5% sul mese precedente dello scorso anno, quasi in linea con l’indice generale dell’economia (3,6%). “Con il Contratto collettivo delle funzioni centrali 2022/2024, siglato il 6 novembre, abbiamo parzialmente recuperato questo gap, con incrementi medi pari a circa 160 euro mensili. E con gli stanziamenti previsti nella legge di Bilancio per il 2025, che permetteranno un rapido avvio delle negoziazioni per il triennio 2025/2027, contiamo di recuperare significativamente tale differenziale” dice Carlomagno.
Retribuzione: pay gender gap
Nonostante nella PA ci siano più donne che uomini, la retribuzione media annua per le prime è di circa 10mila euro in meno rispetto a quella dei secondi (30262 euro contro 40157 euro). “Un dato che si riferisce alla differenze di retribuzione tra uomo e donna in generale e non a parità di funzioni - spiega Carlomagno - per cui probabilmente tale differenza salariale è dovuta alle minori posizioni di alto livello ricoperte dalle donne. È come se anche la PA non fosse esente da quel famoso “soffitto di cristallo” che spesso relega alcune categorie, in questo caso le donne, a lavori meno manageriali”.
Smart working: il rilancio prossimo venturo
Nella PA ci sono 500mila smart worker e si stima che nel 2025 ci sarà un aumento del 23%. Finora, l’andamento nell’uso dello smart working dal 2020 in poi ha fatto piccoli passi avanti, con qualche passo indietro: se guardiamo alla sola PA, nel 2023 erano 515mila gli smart worker, ma nel 2024 c’è stata una flessione. Movimenti, questi, che accomunano la PA al resto dei settori: anche le pmi non sono state innovatrici in questo senso, così come le microimprese. Solo le grandi imprese, dal 2021, hanno registrato segni positivi anno su anno. Eppure, i vantaggi sono evidenti: dall’analisi emerge che sono 93 le ore di viaggio che un lavoratore nella PA risparmia ogni anno grazie allo smart working, mentre è di 250 euro il risparmio annuale per ciascuna postazione lavorativa ottenibile adottando lo smart working per 2 giorni a settimana. “Proprio per superare le resistenze delle amministrazioni e implementare il lavoro agile e le altre forme di lavoro da remoto, con l’ipotesi di contratto collettivo delle Funzioni centrali 2022/2024, abbiamo ampliato le giornate e superato esplicitamente il principio della prevalenza del lavoro in presenza, dando finalmente alla contrattazione decentrata la possibilità di regolamentare la materia” conclude Carlomagno.