Venerdì 25 Ottobre 2024
GIOVANNI ROSSI
Economia

Il lavoro c’è, non si trova chi assumere. L’appello delle aziende: “A rischio il made in Italy”

Sos manodopera: la quota di operai introvabili è passata dal 40,3% al 47,9% nell’ultimo anno. Confartigianato: nel frattempo 1,7 milioni di giovani non studia e non cerca occupazione

Un’operaia meccanica (Ansa)

Un’operaia meccanica (Ansa)

Roma, 20 agosto 2023 – È una delle sfide più urgenti dell’Italia. Da non perdere per nessun motivo: coprire con professionalità formata tutta la domanda di lavoro che c’è. E che invece resta spesso inevasa. "Ci giochiamo il futuro del made in Italy", denuncia Luigi Granelli, presidente di Confartigianato. L’associazione più rappresentativa dell’impresa diffusa dà la sveglia al Paese tramortito dal caldo e risentito per i morsi dell’inflazione. La miriade di aziende protagoniste del rapporto annuale sul mercato del lavoro – una elaborazione di Confartigianato su dati Unioncamere-Anpal – conferma l’esistenza di un inaccettabile freno alla crescita di organici e fatturati. Per esplicita "mancanza di candidati" nel 32,4% dei casi, oppure per "inadeguata preparazione" nel 10,8% delle posizioni in palio.

Se a luglio 2022 la quota di lavoratori "di difficile reperimento" sul totale delle assunzioni previste era ferma al 40,3%, il dato di luglio 2023 segnala addirittura un peggioramento: gli introvabili sono il 47,9% (+7,6% anno su anno). In pratica, per ogni posto di lavoro assegnato ce n’è un altro che magari resta a lungo vacante. Un dramma in un Paese che lamenta tuttora una disoccupazione al 7,9% (dato Istat di giugno 2023 che tra i giovani s’impenna al 22,9%), e questo al di là delle ragioni storiche che motivano questo scenario così compresso: dalle strettoie formative alle dinamiche salariali.

La preoccupazione delle imprese investe tutti i settori, da quelli più tradizionali fino alle attività digitali e hi tech. In particolare, le maggiori difficoltà di reperimento del personale emergono tra i tecnici specializzati in carpenteria metallica (70,5% di mancate assunzioni), nelle costruzioni (69,9%), nella conduzione di impianti e macchinari (56,6%). Non basta. Non c’è una macroarea, una regione o un comparto che segnali una controtendenza. Ma nella pur complessiva stabilità del fenomeno, alcuni dati colpiscono.

Per mancanza di candidati, il tessuto produttivo del Trentino Alto Adige ha problemi a reperire 61 lavoratori ogni cento che servirebbero al suo sviluppo. La classifica dei lavoratori introvabili spinge sul podio anche Valle D’Aosta (57,1% di professionalità mancanti ogni cento necessarie) e Umbria (54,6%). Poi via via tutte le altre regioni (vedi tabella a corredo) con l’Emilia-Romagna quinta a 52,7%, il Veneto settimo (51,4%), le Marche ottave (49,7%), la Liguria nona (49,6%), la Toscana decima (49,5%), fino ad arrivare al Lazio, ultimo in graduatoria con bandiera di consolazione: qui i lavoratori difficili da reperire sono solo il 40,8%. Altro elemento critico: le differenze regionali nel raffronto con l’estate 2022 toccano in qualche caso i 10-11 punti. La progressiva scarsità di manodopera emersa negli ultimi dodici mesi affligge in particolare Abruzzo (+11,5%), Calabria (+10,9%), Liguria (+10,8%), Puglia (+10,5%), Trentino Alto Adige (+10,3% ). Il raffronto pe r macroaree conferma poi che peggio di tutti sta il Nordest (53,7%, da 47,2%). Un esito inevitabile, vista l’omogeneità del trend, a fronte del primato produttivo su base geografica.

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“La carenza di manodopera – riprende Granelli – è diventato uno dei maggiori problemi per le nostre imprese. Siamo al paradosso: il lavoro c’è, mancano i lavoratori. E, nel frattempo, 1,7 milioni di giovani tra 15 e 29 anni non studia, non si forma, non cerca occupazione. Di questo passo, ci giochiamo il futuro del made in Italy. Ecco perché il dibattito su salario minimo e lavoro povero deve allargarsi ad affrontare con urgenza il vero problema del Paese: la creazione di lavoro di qualità" . Secondo il numero uno di Confartigianato, "serve un’operazione di politica economica e culturale che avvicini la scuola al mondo del lavoro, per formare i giovani con una riforma del sistema di orientamento scolastico che rilanci gli istituti professionali e gli istituti tecnici, investa sulle competenze a cominciare da quelle digitali e punti sull’alternanza scuola lavoro e sull’apprendistato duale e professionalizzante. Bisogna insegnare ai giovani che nell’impresa ci sono opportunità, adeguatamente retribuite, per realizzare talento e ambizioni". La via più immediata "per costruirsi il futuro", insiste Granelli. Con un’offerta combinata di stipendi più alti, smart working e welfare aziendale.