Lunedì 3 Febbraio 2025
FRANCESCO
Economia

La salute delle banche. Italia meglio della Ue

Cruciale l’azione di vigilanza svolta da Bankitalia

Fabio Panetta, 65 anni, direttore della Banca centrale d’Italia

Fabio Panetta, 65 anni, direttore della Banca centrale d’Italia

Ciampi *

Negli ultimi due decenni le prospettive di sviluppo delle imprese e dei mercati e le capacità di formulare previsioni anche di breve termine sono state fortemente condizionate da una serie di shock recessivi, che hanno impattato senza soluzione di continuità sull’andamento dell’economia globale: la grande crisi finanziaria del 2008, la crisi dei debiti sovrani del 2010, la pandemia nel 2020, l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, il conflitto Israele-Hamas del 2023-2024. Questi eventi, imprevisti e imprevedibili, hanno costretto manager, imprenditori e policy maker a prendere atto di una nuova normalità, caratterizzata da elevata instabilità, shock improvvisi, propagazione asincrona e sovrapposta degli effetti di tali shock nei diversi contesti industriali e geografici.

In questa "nuova normalità dell’incertezza" la solidità del sistema bancario italiano contribuisce in modo fondamentale alla resilienza del nostro sistema economico. Gli ultimi dati pubblicati dalla European Banking Authority evidenziano che dal 2008 al 2024 il grado di capitalizzazione delle nostre banche è più che raddoppiato: il valore medio ponderato del CET1 ratio (rapporto tra capitale proprio di qualità più elevata e attività di bilancio ponderate per il rischio) è salito dal 7,1% al 16,4%, colmando così per intero il divario rispetto alla media europea (nel 2008 il gap superava 170 punti base).

Relativamente alla qualità degli attivi, il rapporto tra crediti non-performing (sofferenze, inadempienze probabili, crediti scaduti) e totale dei prestiti alla clientela resta ancora oggi superiore alla media europea: 2,4% contro 1,9%. Tuttavia, il tasso di copertura di tali crediti (che misura la percentuale di svalutazione economica di cui i crediti non-performing sono stati oggetto) è oggi per il sistema Italia pari al 53,3%, 10 punti in più rispetto al 2008 e, soprattutto, 8 punti in più rispetto alla media europea.

Con riferimento ad un tema di rilevanza cruciale, quale quello dei crediti deteriorati, la qualità del patrimonio delle nostre banche risulta dunque marcatamente migliore rispetto alla media Ue: una maggior prudenza nelle politiche di valutazione comporta infatti una minore esigenza prospettica di effettuare ulteriori svalutazioni. Quanto, infine, alla redditività, le banche italiane fanno rilevare nei primi nove mesi del 2024 un Roe del 15,7%, 460 punti base in più rispetto alla media europea, e un cost-income (rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione) pari al 47,9%, 470 punti base al di sotto della media Ue.

L’elevato e crescente grado di solidità del nostro sistema bancario si fonda su due pilastri. Il primo è il tipo di modello di business che caratterizza i nostri istituti di credito: un modello tradizionale, centrato sulla raccolta del risparmio e sulla concessione di prestiti a famiglie ed imprese (piuttosto che sull’investimento in attività finanziarie speculative) e caratterizzato da criteri di affidamento molto prudenziali.

Il secondo pilastro, strettamente connesso al primo, è rappresentato dalla qualità della azione di vigilanza condotta da Banca d’Italia sia sugli istituti less significant (quelli con un attivo inferiore a 30 miliardi di euro) che, fino al 2014, sulle banche più grandi (oggi sottoposte alla vigilanza diretta della Bce). Tale azione ha contribuito in misura determinante alla diffusione di modelli di business non speculativi (grazie, ad esempio, alle attività ispettive e di moral suasion finalizzate a contenere gli investimenti in derivati) e di politiche di gestione prudenziali (si pensi alle numerose ispezioni effettuate da Bankit al fine di vigilare sul rispetto dei requisiti minimi di capitale e sull’adeguatezza delle politiche di valutazione dei crediti).

* professore ordinario

di Economia e gestione delle imprese, Università di Firenze