L’obiettivo di legislatura resta quello della flat tax, la cosiddetta tassa piatta, con una sola aliquota più una serie di detrazioni per assicurare la progressività del sistema. Ma, nel frattempo, il governo sta limando la legge delega sul fisco che potrebbe arrivare sul tavolo di Palazzo Chigi già la prossima settimana. Poi, naturalmente, la parola passerà al Parlamento. Secondo le ultime bozze, il piatto forte del provvedimento sarà la riduzione delle aliquote Irpef da quattro a tre. Ma quali saranno le principali novità della riforma? E, soprattutto, che effetto avranno sulle nostre tasche?
Nuove aliquote Irpef: cosa cambia e da quando con la riforma fiscale
Quanto si paga oggi
Oggi gli scaglioni dell’Irpef sono quattro: fino a 15mila euro di reddito si paga un’aliquota al 23%, fino a 28mila euro al 25%, tra 28mila euro e 50mila euro al 35% e oltre questa soglia si applica un’aliquota del 43%. Tradotto in soldoni, per un reddito di 15mila euro, l’Irpef si attesta sui 4.200 all’anno. Che sale a 4.700 euro per chi guadagna 20mila euro e a 5.950 euro per un reddito di 25mila euro.
Le due ipotesi sul tappeto
Il documento messo a punto dai tecnici del ministero dell’Economia prevede, al momento, due scenari. Il primo è sicuramente meno oneroso per le casse dello Stato e prevede, in sostanza, la conferma delle attuali aliquote nel primo scaglione, fino a 15 mila euro e in quello più alto, oltre i 50mila euro. Le due aliquote intermedie, sarebbero accorpate con una imposta che dovrebbe attestarsi sul 28% (o, del 27%). In questa ipotesi, in sostanza, chi guadagna da 15 a 28 mila euro pagherebbe il 3% di imposte in più mentre chi sta fra 28 e 50mila ne pagherebbe il 7% in meno. Nella seconda ipotesi allo studio del governo sarebbero ritoccati tutti gli scaglioni. Il primo salirebbe a 28mila euro, con aliquota ferma al 23%, mentre il secondo scaglione scatterebbe da 28mila a 50mila euro con un’aliquota del 33%. Tutto invariato, invece, oltre i 50mila euro, dove l’Irpef resterebbe al 43%.
Chi guadagna e chi perde
Tutto dipenderà dalle risorse a disposizione. Se il governo decidesse di adottare la prima ipotesi, sicuramente meno costosa, i vantaggi riguarderebbero solo i redditi oltre i 35mila euro. Al di sotto di questa soglia ci sarebbe, invece, un aggravio. Secondo le simulazioni dei Dottori Commercialisti, chi guadagna 15mila euro pagherebbe circa 90 euro in più, che salirebbero a 150 euro per un reddito di 20mila euro. La rotta si inverte a quota 35mila euro di reddito, con un taglio dell’Irpef di 100 euro. Il vero "affare" ci sarebbe per i redditi oltre i 50mila euro, che pagherebbero 1.150 euro di Irpef in meno. Per conservare il principio costituzionale della progressività delle imposte, il governo starebbe studiando un meccanismo di compensazione, attraverso lo strumento delle detrazioni. In sostanza gli sconti fiscali sarebbero strettamente collegati al reddito, e dai 60 ai 120mila euro dovrebbero progressivamente ridursi fino ad annullarsi. Nella seconda ipotesi di riforma dell’Irpef, invece, con un’aliquota intermedia del 33%, ma fino a 50mila euro, i risparmi toccherebbero toccati tutti gli scaglioni. Per un reddito di 20mila euro, il risparmio sarebbe di 100 euro, che salirebbe a circa 400 euro per chi guadagna oltre i 35mila euro. A 50mila si risparmierebbero 700 euro.
I tagli alle detrazioni
Per finanziare la riforma dell’Irpef il governo vuole però disboscare l’attuale giungla di 626 detrazioni e deduzioni che comportano, ogni anno, un minore incasso per lo Stato di circa 180 miliardi di euro. Sarebbero salve le attuali detrazioni per le spese sanitarie, la scuola e la prima casa. Per il resto, ci sarebbe una riduzione delle detrazioni mano a mano che il reddito sale, fino ad un azzeramento per chi guadagna oltre 120mila euro.