Bormio, (Sondrio), 8 Giugno 2024 – I “danni” causati dall’Italian Sounding nel settore agroalimentare sono pari a 63 miliardi di euro. Il fenomeno è relativo a quei prodotti che si spacciano per italiani ma nulla hanno a che fare con quelli del Made in Italy. Il dato molto preoccupante è emerso nella ricerca di The European House - Ambrosetti, realizzata in occasione dell’’8° forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” di Bormio.
Le conseguenze dell’Italian Sounding nelle regioni
La Lombardia è la regione italiana più colpita dal fenomeno dell’Italian Sounding con un impatto economico negativo pari a 10,2 miliardi di euro l’anno, seguita da Veneto (10 miliardi di euro), ed Emilia-Romagna (9,9 miliardi di euro). L’imitazione all’estero di prodotti del territorio ha precluso quasi 9 miliardi di euro di vendite oltre-confine per il Piemonte (8,7), 5,5 per la Campania, e 3,5 miliardi di euro per la Toscana che vede colpiti soprattutto i suoi olii extra vergine di oliva e vini. Anche il Trentino-Alto Adige (3,3 miliardi di euro), è esposto più della Puglia (impatto di 2,8 miliardi di euro) che soffre per l'imitazione di olio e prodotti agricoli. La Sicilia (1,7 miliardi di euro) è più colpita del Friuli Venezia Giulia (1,6 miliardi di euro) che subisce specialmente l’imitazione dei suoi prosciutti. L’impatto dell’Italian Sounding sulle altre regioni italiane si attesta complessivamente a 6,3 miliardi di euro nel 2023. “Le regioni più colpite dal fenomeno - spiega Valerio De Molli - Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti - sono quelle che concentrano la propria esportazione su prodotti ad alta intensità di Italian Sounding, come i prodotti a base di carne o i prodotti lattiero-caseari, così come verso i Paesi più sensibili al fenomeno (Giappone, Brasile e Germania)”.
“La tutela del Made in Italy – continua De Molli - è una priorità e l’implementazione di nuovi regolamenti DOP e IGP a partire dal 2024 rappresenta un passo significativo in questa direzione. Le associazioni di produttori avranno maggiori poteri per combattere pratiche ingannevoli, dare maggiore trasparenza ai consumatori e generare un valore aggiunto concreto per l’economia: nel 2023 il fenomeno dell’Italian sounding nel mondo ha superato quello dell’export agroalimentare: 63 miliardi di euro contro i 62 di esportazioni”. L'Italian Sounding – ha aggiunto Benedetta Brioschi, partner TEHA - è competitivo grazie a prezzi mediamente inferiori del 57% rispetto ai prodotti originali. Negli Stati Uniti, ad esempio, il prezzo del Parmigiano può essere ridotto fino al 38%, quello del mascarpone fino al 50% e della pasta secca fino al 54%”.
I prodotti più imitati
Ragù (61,4% Italian Sounding vs 38,6% vero prodotto italiano), parmigiano (61,0% vs 39,0%) e aceto balsamico (60,5% vs 39,5%) sono i tre prodotti più presenti in versione “imitazione” sugli scaffali della grande distribuzione all’estero. Secondo i dati The European House-Ambrosetti, seguono pesto (59,8% Italian Sounding vs 40,2% vero prodotto italiano), pizza surgelata (59,3% vs), prosciutto (59,2% vs 40,8%), pasta di grano duro (59,2% vs 40,8%), ma anche prosecco (58,9% Italian Sounding vs 41,1% vero prodotto italiano), salame (58,5% vs 41,5%), gorgonzola (57,0% vs 43,0%) e olio extra vergine di oliva (56,8% vs 43,2%).
All’estero cresce comunque la voglia per il Made in Italy originale
Mediamente sette consumatori su dieci in Giappone e Canada cercano prodotti italiani veri senza considerare gli aspetti legati al prezzo che risultano determinati per poco più del 20% degli acquirenti. Come evidenziato nel dettaglio da TEHA, anche in Germania il 72% dei consumatori per a desidera prodotti veramente italiani (il 28% ha, invece, la priorità di spendere meno), o in Australia (70%) e Brasile (69,1%). Più contenuta la quota nei Paesi Bassi (66,0% vuole il “vero italiano”), negli Stati Uniti (63,0%), in Francia (62,6%) e nel Regno Unito dove non si supera il 55% di consumatori che ricercano prodotti veramente Made in Italy anche a fronte di una maggiore spesa.
Lo stato di salute della filiera agroalimentare italiana
La filiera agroalimentare italiana si conferma un asset strategico per la competitività del Paese e in crescita rispetto al 2015. Il fatturato complessivo è pai a 251,1 miliardi di euro, il valore aggiunto è pari a 66,6 miliari mentre gli investimenti sono stati pari a 18,3 miliardi. Sono 3,3 milioni gli occupati e la quota dell’export ha raggiunto i 62,2 miliardi. La filiera agroalimentare è prima in Italia per valore aggiunto generato tra i principali settori manifatturieri.